CINEMA –una storia minima – seconda parte degli Anni venti prima del sonoro (vedi 15 giugno)

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CINEMA –una storia minima – seconda parte degli Anni venti prima del sonoro (vedi 15 giugno)

Ritornando ai grandi autori tedeschi, Murnau in quell’anno (1926) realizza “Faust”, utilizzando varie edizioni (Goethe e Marlowe in primo luogo) della leggenda medievale dello scienziato che vende la sua anima al diavolo. In questo ruolo Emil Jannings dà il meglio di sè.

Già affermato da più di un decennio, aveva interpretato ruoli fondamentali in altri film dello stesso Murnau, come “Tartufo”(1925) tratto dalla celebre opera di Moliere e in quella stessa “L’ultima risata”(sempre del 1925) di cui abbiamo dato notizia sopra.

Nel 1926 dobbiamo ricordare anche una riedizione de “Lo studente di Praga”. Nel 1913 era già stato realizzato il film di Stellan Rye, che aveva aperto la strada al Cinema espressionista, utilizzando il tema del “doppio” ed anticipando atmosfere faustiane. La riedizione è opera di Henrik Galeen ed è dotata di scelte tecniche certamente migliori rispetto all’opera originaria.

Affacciandoci sul resto del panorama internazionale, ma rimanendo in Europa, sempre nel 1926 troviamo la prima grande opera di Jean Renoir, figlio del già celebre Pierre Auguste, uno dei massimi esponenti dell’Impressionismo. Aveva esordito due anni prima con “Catherine” seguito da “La Fille de l’eau” nel 1925, entrambi interpretati da Catherine Hessling, vera e propria musa artistica e punta di riferimento costante del regista nonchè modella preferita del grande autore impressionista, che la immortalerà in varie opere, tra le quali l’ultima, “Le bagnanti”. Anche in “Nanà”, versione del celebre romanzo di Emile Zola, la protagonista sarà sempre lei, Catherine Hessling, che diventerà poi moglie del regista.

Dopo il successo di “Nanook l’esquimese” nel 1926 Robert Flaherty realizza un altro dei suoi capolavori di documentazione, “Moana”. La casa produttrice gli aveva commissionato un film vero e proprio, un dramma di maniera ambientato nei mari del Sud, ma Flaherty scelse l’impianto che più lo coinvolgeva, quello di tipo socio antropologico con il quale si è poi distinto definitivamente.

Riprendendo poi il filo della cinematografia sovietica nel 1926, Vsevolod Illarionovič Pudovkin, che fu uno dei principali punti di riferimento delle basi teoriche della cinematografia russa, quella che fa capo a Kulesov, e che dà molta importanza alla tecnica del montaggio, realizza il primo film di una trilogia che appartiene di diritto alla Storia del Cinema mondiale.

Si tratta de “La madre” (1926) cui poi faranno seguito “La fine di San Pietroburgo” (1927) e “Tempeste sull’Asia” (1928), di cui accenneremo in seguito. “La madre” è basata su un romanzo di Gorkij e narra la storia di una presa di coscienza rivoluzionaria, anticipatamente “femminista”.

In Italia continua la passione per il cinema di impianto storico mitologico. Sempre nel 1926 esce una nuova edizione de “Gli ultimi giorni di Pompei” di Carmine Gallone. Il film, costato una vera fortuna per l’epoca (circa sette milioni) fu un insuccesso dal punto di vista commerciale ma attirò in ogni caso l’attenzione ed il compiacimento del regime fascista, che era in piena ascesa. Non mancano incursioni in territori “misti”, epico mitologico e comico: Guido Brignone, un autentico specialista del genere, gira “Maciste all’Inferno”, mostrando grandi capacità nell’utilizzo di effetti speciali e contando sull’uso di inventive scenografiche di sicuro impatto artistico e puntando su un personaggio che infonde sicurezza e vigoria, elementi fondamentali dell’ideologia in auge.

J.M.