LEZIONI DI CINEMA 4

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LEZIONI DI CINEMA 4

 

 

 

Cosa significa “lezioni” nel titolo di questa raccolta di momenti diversi che in questi anni si sono susseguiti davanti a me e che hanno contribuito a farmi essere quello che sono, con tutti i limiti che posseggo e che spesso caratterizzano il mio lavoro più di quanto non lo riescano a fare i pregi?
Con il termine “lezioni” ho voluto asserire il mio ruolo di acquisitore più che quello di venditore di cultura; le “lezioni” di cui parlerò sono infatti quelle che mi hanno formato nel corso degli anni anche quando ero io a proporre, ad organizzare momenti diversi nella società, nella cultura, nella politica, nel sindacato. Le “lezioni” dunque non sono quelle che ho impartito nel corso di questi anni ai miei allievi oppure ai cittadini, quando ho dovuto svolgere il ruolo, con grande fatica, di relatore o di professore, ma sono quelle che mi hanno regalato i grandi autori del cinema attraverso i loro capolavori oppure i grandi esperti e critici dell’arte cinematografica oppure gli artisti, i grandi interpreti del cinema, oppure ancora alcuni giovani che appassionandosi al cinema mi stimolavano ad operare insieme a loro su alcuni argomenti, oppure ancora altri giovani che mi hanno insegnato a realizzare cinema pensando di poterlo imparare da me.

merlato

Non ho conosciuto in verità in modo consapevole mio nonno materno, ma ricordo nitidamente di essere (potrei sbagliarmi e potrebbe essere esclusivamente una sensazione) stato preso in collo in una stanzetta piccolissima appena al di sotto del “mezzanino” (una porzione di mansarda dove nel corso degli anni ho poi costruito il mio “covo”) nella casa colonica. Bellissimo il panorama dall’alto di questa: Ischia, Cuma, Monte di Procida, Capo Miseno, Pozzuoli, Napoli, il Vesuvio.
Mia madre mi raccontava della guerra vista da quel luogo appartato e abbastanza lontano dagli scenari bellici: Capo Miseno era la parte più vicina ma distava almeno dieci miglia; su di esso erano predisposte le batterie antiaeree ed erano stati ricavati, utilizzando le cavità naturali, molti bunker e molte gallerie erano sfruttate per rifugiarsi dai frequenti raid aerei. La guerra nell’isola era un elemento che condizionava indirettamente la sua popolazione: mia madre ad esempio forse anche per leggerezza, per una diffusa immaturità che l’ha caratterizzata per tutta la vita, l’ha vissuta come se fossero i fuochi artificiali di una festa patronale; per altri motivi mia madre è stata condizionata dalla guerra: spesso di notte arrivavano abitanti delle città vicine con barche a motore o a remi per rifornirsi a buon mercato di materie prime commestibili, soprattutto fagioli e patate; e fu in una di queste occasioni che mia madre conobbe mio padre, che come tanti di quelli che abitavano a Pozzuoli o a Napoli ha sofferto la “fame” in quel periodo. Un altro racconto di mia madre che mi è rimasto impresso e che conferma la sua fragile sensibilità è quello legato alla eruzione del Vesuvio del 1943-44: da Procida si vedeva benissimo ed era indubbiamente un grande spettacolo. Ben diversa era la sensazione della popolazione napoletana in quei giorni in preda ad una comprensibile confusione, fra truppe alleate e gli “ultimi fuochi” dei nazifascisti e la distruzione ulteriore di una parte del territorio non addebitabile solo ai bombardamenti. Su questo tema, oltre a documentazioni dirette a livello visuale, sono stati realizzati anche dei film: uno per tutti, “La pelle” di Liliana Cavani, tratto dall’omonimo romanzo di Curzio Malaparte.
Per andare a Procida, da Pozzuoli, si passava, uscendo dal Porto, davanti al Faro, ultimo avamposto del cosiddetto Molo Caligoliano ovvero di quel che delle vestigia antiche ancora rimaneva. Nel porto, come si vede in alcuni film dell’epoca, molti bambini si esibivano tuffandosi nell’acqua dal molo o da alcune barche, a volte dagli stessi vaporetti, chiedendo ai turisti di gettare nel mare qualche monetina che poi avrebbero cercato di raccogliere scendendo verso il fondo. Su quel Faro dal 15 dicembre del 1949 viveva una persona a me molto cara, della quale parlerò in seguito.

 

 

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