PERCHE’ GIRAI UN DOCUMENTARIO SUL FILM “GIOVANNA” DI GILLO PONTECORVO – tredicesima parte – si conclude l’intervista ad ANNA FONDI

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PERCHE’ GIRAI UN DOCUMENTARIO SUL FILM “GIOVANNA” DI GILLO PONTECORVO – tredicesima parte – si conclude l’intervista ad ANNA FONDI

Per quanto mi riguarda, sono stata nominata assessore nel dicembre 1960. A quell’epoca non si poteva fare l’assessore vivendo alla giornata, c’era una forte pressione della gente.
Io devo dire che pur essendomi trovata donna sola in giunta tanti anni ho dovuto fare delle battaglie, ma sempre solo delle battaglie per fare accettare certe linee- per i compagni era più difficile capire e poter condividere. Ma non ho mai dovuto combattere perché ero una donna.
Ecco, devo dirle con tutta franchezza, questa difficoltà non l’ho mai avuta. Ho trovato grosse difficoltà nel lavoro, ma non perché fossi una donna.
Ho sempre vissuto tra gli uomini. Ho sempre lavorato con gli uomini., compagni socialisti ed altre persone di tutte le estrazioni politiche: non ho mai avvertito grosse difficoltà per il fatto che fossi una donna. Il periodo mio, io sono entrata prima della Liliana, la Liliana è entrata dopo, è stato, non voglio peccare di immodestia, dicendo che è stato uno dei più belli dell’amministrazione comunale perché da pochissime cose che c’erano abbiamo messo in piedi tanti servizi, ed abbiamo fatto nel 63 i campi solari.
I bambini tutta l’estate stanno a casa, le mamme lavorano, quindi stano per strada. Quindi si pensò di organizzare un campo solare in Galceti. Cioè i bambini venivano presi la mattina con i pulmann, stavano in questo bosco, questo inizio do collina, facevano merenda, colazione, refezione, erano assistite dalle signorine. C’erano insegnanti di educazione fisica e venivano riportati la sera alle 6, alle 6 e mezzo a casa. Per la mia esperienza fu una delle cose più entusiasmanti, perché tante mamme ci furono veramente riconoscenti, da togliere i ragazzi dalla strada..
Come ho detto prima, quando sono diventata assessore, la refezione era fatto soltanto dal patronato scolastico e davano soltanto la minestrina. E anche questa era una spesa facoltativa e i comuni non dovevano fare, doveva fare il patronato scolastico. Io con altri compagni della giunta siamo andati in prefettura. Ripeto, era la prefettura che dava il giudizio – se diceva di no non si faceva.

Come detto, quando sono diventata assessore, la refezione era fatta soltanto dal patronato scolastico e consisteva solo in una minestrina. E anche questa era una spesa facoltativa che i comuni non dovevano fare, in quanto doveva era di competenza del patronato scolastico. Con altri compagni della giunta andati in prefettura. Ripeto, era la prefettura che dava il giudizio – se diceva di no non si faceva Siamo andati in prefettura a fare una grossa battaglia e con un compromesso, accettando un maestro del patronato scolastico, siamo riusciti a fare la refezione completa (i bambini avevano la pasta, il secondo, la frutta) e quindi grosse battaglie, grossi movimenti, ma sempre sorrette dalle mamme, dalle famiglie, che avevano questo bisogno. Poi c’erano i doposcuola e quindi le donne potevano lavorare tranquille e lasciare i ragazzi nella scuola con questi servizi. Durante il periodo del mio assessorato è cominciata l’assistenza domiciliare, è una cosa in Italia è nata intorno al ’70 e quindi Prato nel 69 si incominciò. Io devo dire che sono grata al Comune di Bologna perché tutte le cose le ho imparate dal Comune di Bologna. Si incominciò nel centro storico a fare l’assistenza domiciliare con il primo centro società di incontro per anziani in viale Piave. Per me sono state esperienze meravigliose. Gli anziani buon volevano uscire di casa e non accettavano estranei in casa. Pian piano diventarono dei bersaglieri. Non c’era più posto per poterli accogliere. Riconquistarono dignità, volontà, voglia di vivere, è stata per me un’esperienza meravigliosa, insieme a tante altre.
C’era una grande volontà di partenza, il movimento delle donne aveva maturato in noi donne che andavamo a rappresentarle nelle istituzioni, aveva fatto maturare anche in noi anche la coscienza che i servizi erano importanti quanto il salario, quanto il lavoro, perché senza questi le donne non avrebbero potuto né lavorare restare tranquille a casa.
Poi c’erano i servizi per gli anziani, si incominciò, io ricordo, fatemelo ricordare, che quando io sono diventato assessore c’erano a Prato 350 bambini negli istituti. C’erano 6 istituti più i 200 bambini dei celestini. Con una politica, con un servizio società io quando sono diventata assessore, non c’era un assistente sociale nel Comune di Prato, si face l’assunzione di tre assistenti sociali e si incominciò a capire che l’istituto era sempre negativo (anzi tanti ragazzi li trovo ancora in carcere , drogati, quando leggo i loro nomi mi viene una stretta al cuore) e si incominciò a fare la politica della (bruttissima parola) della deistituzionalizzazione, studiando il modo di da re sussidi alle famiglie, di fare seguire i bambini dal servizio sociale, di comprare addirittura divani e poltrone letto, letti a castello, perché i bambini potessero tornare in casa, perché si mettevano i ragazzi in istituto perché c’era la fame, non c’era possibilità di dargli da mangiare in casa. Allora venivano le famiglie di immigrati – come faccio, ci ho due stanza, non so dove tenere questo bambino, lavora solo il mio marito, e la politica di allora, la migliore strada era l’istituzione. Quando sono andata via, ho smesso di fare l’assessore, tanti di questi istituti non c’erano più, c’era rimasto solo il santa Rita con le case famiglia, credo che si sia fato anche questo anche questo credo siamo stati un po’ di scuola a tutti gli altri comuni e tante altro cose che poi sono proseguite con le altre compagne, la Donatella gatteschi, che mi piace ricordare, l’Eliana Monarca, la Rosanna Minozzi, le compagne che sono venute dopo ed hanno proseguito su questa strada.

fine intervista ad ANNA FONDI

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