27 marzo – In questi ultimi giorni sempre più acceso è diventato il dibattito intorno ai criteri scelti dalle diverse Regioni per la campagna di vaccinazione.

In questi ultimi giorni sempre più acceso è diventato il dibattito intorno ai criteri scelti dalle diverse Regioni per la campagna di vaccinazione.

In primo luogo mi viene da ridere, pensando alle critiche feroci rivolte dalle forze di Opposizione e da una gran parte della stampa quotidiana e dei vari network al Governo Conte 2  intorno alla assenza presunta di un Piano vaccinale valido. Se non  ci fosse da incavolarsi, per l’appunto si potrebbe anche ridere, visto che abbiamo di fronte a noi la visione chiarissima di una grande confusione, assimilabile a quel fantasioso invito “facite ammuina” di borbonica goliardica memoria. Peccato però che a pagarne le conseguenze siano persone inermi ed incolpevoli. Siamo nel marasma completo, ogni Regione interpreta a suo piacimento la distribuzione dei vaccini e allorché il Premier Draghi, che si è impegnato a fondo nella elaborazione di un Piano vaccinale nazionale (onde evitare iniquità di tipo sociale), partendo con una forma di correttezza istituzionale dal riconoscimento dell’egregio lavoro svolto dal precedente Governo, ha formalmente bacchettato questa “anarchia istituzionale” non uno dei Presidenti di Regione ha pensato di essere sul banco d’accusa. Anzi, ciascuno ha proseguito per la sua strada riconoscendo di aver fatto sempre il giusto ed il meglio. Così non va. Che siano di Destra o di Sinistra, poco importa. Ognuno ha prodotto sforzi connessi a propri parcellizzati interessi.

La Lombardia – il cui sistema “sanitario” fondato soprattutto sulle grandi professionalità a livello mondiale appariva fiore all’occhiello dell’intero Paese – sta mettendo in evidenza tutti i suoi limiti progressivamente sin dalle prime avvisaglie della “pandemia” che è scoppiata proprio in quelle “lande” operose perché non sono state più sufficienti le normali correnti azioni preventive contro un morbo che si era già fortemente annunciato in Oriente. C’è un caos accompagnato da un diffuso nervosismo collegabile alla presunzione di essere in possesso di super capacità manageriali ed imprenditoriali. Quasi certamente parleremo ancora di questa disastrosa gestione, i cui esiti per ora stanno facendo semplicemente crescere il numero dei contagi, dei ricoveri in terapia intensiva e, purtroppo, dei decessi.

Al di là di ogni possibile riferimento ideologico e non per dare un colpo al cerchio ed uno alla botte non va meglio nella Regione in cui vivo, la Toscana. In modo progressivo nella ex “rossa” cuore del Paese la Sanità è stata svenduta ai settori privati con accorpamenti assurdi che hanno reso difficili molte gestioni territoriali (basti solo sapere – è un piccolo esempio – che per avere una informazione o prenotare una visita o delle analisi è necessario contattare telefonicamente un numero unico, con attese infinite, dopo di che l’impiegato vi chiederà in quale città desiderate essere deviati e vi costringerà ad attendere altrettanti minuti prima di poter essere ascoltati e soddisfatti, la qual cosa non è mai certa); anche qui vi sono poi disservizi per le informazioni ed il corrispondente servizio di prenotazioni per la vaccinazione contro il Covid e si è proceduto a vaccinare categorie che di certo non hanno la stessa urgenza di altre, come impiegati amministrativi e avvocati. Allo stesso tempo, c’è poco da ribattere – come fanno alcuni difensori dell’indifendibile gestione di questa fase così delicata – alla critica sulla gestione delle vaccinazioni dei più anziani affidata ai medici di famiglia con l’erogazione per loro, alcuni dei quali hanno fino a più di 1500 assistiti, di due-sei fiale a settimana.

Su questi temi, di sicuro approfondiremo l’analisi. Per ora, questo è “quanto”.