17 agosto – un mio post del 28 Agosto 2017

RICOMINCIA UN ANNO SCOLASTICO : riflessioni e proposte

“Io li invidio…non credano che li sottovaluti nella loro abilità!”

Mi sono ritrovato a confessare questa mia “in-abilità” molte volte negli ultimi anni della mia “carriera” scolastica a tal punto da rinunciare a presentare progetti, pur poi realizzandoli “gratuitamente”; e nel corso dei quattro anni di “pensione” che mi separano dalla cessata attività ho continuato a stimare “diversamente” i colleghi docenti che hanno resistito e cor-risposto positivamente alla burocratizzazione del lavoro scolastico. Devo confessare che non ho mai apprezzato personalmente quell’approccio, resistendo a non praticarlo del tutto, ma non ho mai allo stesso tempo espresso disistima verso coloro che – invece – in quell’ambito esprimevano potenzialità di buon ed alto livello.
L’insegnamento però è ben altro che le scartoffie troppo spesso ripiene di ipocrisia che il Ministero impone ai “docenti”, allorquando, solo per portare un esempio, si utilizzano circonlocuzioni per dire ma “non dire” intorno a questioni che attengono a capacità che, pur non emergendo del tutto, possono però apparire all’improvviso (in pratica si scrive ciò che “non è” per non esprimere ciò che “è”!). E poi cosa aggiungere sull’utilizzo del formato elettronico così strombazzato e super valutato, che però non ha mai fatto abbandonare l’uso della carta!?

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Ritornando, però, a quell’ “invidia” positiva che ho avuto ed ho nei confronti dei colleghi che tanto abilmente utilizzano gli aspetti burocratici, anche a vantaggio dell’istituzione specifica per cui svolgono quell’attività (i progetti vari, quelli europei e quelli locali, sono costruiti per ottenere contributi) ed a sostegno delle proprie orgogliose capacità, mi sono spesso chiesto, proprio per non disperdere e per valorizzare quelle competenze, perché non creare un ruolo specifico per loro, consentendo peraltro a coloro che vogliono impegnarsi meglio ed in modo più diretto al lavoro di trasmissione delle passioni culturali e professionali di potersi meglio esprimere.
Ho faticato, io, a sopportare incombenze che mi allontanavano dal rapporto diretto con i giovani che mi venivano affidati ed ho molto spesso anche negli anni di pensionamento – ancor oggi – dovuto ascoltare i “lai” di quanti – tanti – denunciano la deriva burocratica dell’insegnamento. Proprio perché già da tempo mi rendevo conto sulla mia pelle del tempo prezioso che quell’aspetto richiedeva a tutti noi mi sembrerebbe logico intervenire strutturalmente sulle “carriere” per migliorare i risultati altalenanti della nostra Scuola.
Più cultura più trasmissione di passione e saperi che pratiche burocratiche come registri elettronici da compilare, Programmi Operativi Nazionali ed Europei, schede personali, verbali verbali verbali e piani di lavoro circostanziati preventivi redatti senza una benchè minima conoscenza della materia viva con cui ci si confronterà. Non è davvero questo che potrà contribuire a far crescere la nostra società, a migliorarne i livelli culturali. Occorrerebbe davvero una Riforma, ma non come quelle proposte negli ultimi venti anni: una Riforma dei livelli minimi e di quelli però successivi della qualità dell’insegnamento.
Quell’accapigliarsi recente intorno ai quattro anni invece che cinque con un carico di lavoro soprattutto per gli studenti invariato e con orari di presenza a scuola complessivamente invariati è assurdo laddove invece di mirare all’essenzialità con un metodo completamente ribaltato rispetto a quello precedente che si è basato su scuola e casa (compiti a scuola e compiti a casa) non dà alcun segnale di rinnovamento.
Quelle affermazioni a vantaggio di uno studio della storia e della letteratura più recente tradiscono l’impianto umanistico della Scuola e non spiegano a dovere che, per avvicinare i giovani alla lettura, non si può proporre che si occupino prevalentemente di “lingue morte” ( non solo il latino ed il greco ma soprattutto la lingua italiana dei secoli precedenti che troppo spesso avrebbe avuto bisogno di essere accompagnata da traduzioni moderne). Non escludo peraltro lo studio né del latino né della letteratura del Duecento e Trecento fino a tutto l’Ottocento, ma lo riserverei a moduli specifici riservati a particolari studenti che abbiano obiettivi esclusivamente umanistici cui dedicare supplementi di approfondimento. E poi affrontare l’annosa questione dell’analfabetismo scientifico che relega la media dei nostri studenti al di sotto di realtà di bassissimo livello qualitativo civile (o che perlomeno così ci vengono descritte).
E ancora, cosa dire della Storia? L’analfabetismo sui fatti del Novecento ha creato un disastro civile, uno iato colossale; ed in pratica per scelta ministeriale degli ultimi venti anni si assiste al capovolgimento di quella che sarebbe la mia proposta: alle questioni collegate agli eventi novecenteschi ed in misura maggiore per “mancanza di tempo” (i programmi ahi ahi i programmi!)ora vengono dedicate delle attività collaterali spesso riservate a pochi; io invece propongo che avvenga il contrario, come ho scritto sopra.

Joshua Madalon