L’IRRESPONSABILITA’ AL POTERE
Forse, ripeto “forse” virgolettandolo, dalla fine di giugno potremo festeggiare un periodo di Liberazione. Non si tratta di rievocare momenti epici delle nostre “storie”, ma di portare a conclusione un periodo troppo prolungato di campagna elettorale nel nostro Paese. Dopo il 4 marzo abbiamo avuto una serie di appuntamenti elettorali qua e là nel Paese che si concluderanno tra il 10 ed il 24 giugno con le elzioni amministrative – ed eventuali ballottaggi – in 762 comuni tra i quali quelli di Ancona, Siracusa, Catania, Messina, Vicenza e Brescia.
Analizzando quel che è accaduto in questi tre mesi, al di là di ogni possibile previsione, emerge la profonda irresponsabilità dei nuovi protagonisti che, non diversamente da quelli che li hanno preceduti, hanno fatto precedere agli interessi del Paese quelli personali. Non è giustificazione alcuna esporre la inesperienza dei nuovi politici, la qual cosa risulta elemento ancor più discutibile. Un inesperto, al di là dell’entusiasmo personale, mette a repentaglio l’ordine ed accosta la gestione della cosa pubblica ad una forma di anarchia, ponendosi inevitabilmente nelle mani di funzionari “esperti” la cui fedeltà al nuovo progetto non è immediatamente riconoscibile (il nuovo Ministro del Lavoro etc etc etc ha peraltro annunciato in apertura di uno dei comizi elettorali che procederà a valorizzare alcuni dirigenti e spostarne altri: su quale base ciò si verificherà?).
E’ un fatto concreto che per tre mesi si è voluto giocare una “partita” che aveva come obiettivo l’ottenimento del miglior risultato possibile nelle diverse contese elettorali. Un Governo poteva benissimo essere composto entro poco più di un mese, ma si è strumentalmente tirata la corda per giungere a giugno. Lo si è fatto sulla testa degli elettori, che in gran parte sono inconsapevoli in attesa che si affrontino “anche e soprattutto” i loro problemi.
Si è giocata una partita vergognosa; dopo aver stretto un accordo con lo stesso “diavolo odiato” dall’incoerente M5S a poco meno di un mese dal voto si è detto che “un accordo di Governo con la Destra sì ma non con Berlusconi” dimenticando che a quell’indagato afferiva la Presidente del Senato, eletta con i voti del M5S. Alla faccia della coerenza!
Si è continuato a giocare la “partita” truccata con il PD, ben sapendo che non avrebbe potuto produrre alcun effetto positivo.
Poi siamo arrivati alle “comiche” più o meno “finali” con la stesura di un “contratto” nel quale apparivano elementi pericolosi per la tenuta finanziaria del Paese e contraddizioni immense tra le promesse da inserire e da difendere. Movimento 5 Stelle e Lega hanno stravolto il percorso istituzionale indicato dalla Costituzione e dalla prassi, nominando un loro “amministratore di fiducia”, un non-eletto che contraddiceva una delle fondamentali affermazioni politiche dei pentastellati: “mai più un Presidente del Consiglio non eletto”, riferita a Monti e Renzi. Il braccio di ferro che si è poi prodotto intorno alla figura del professor Paolo Savona ha dato il via ad una sconcertante richiesta di “impeachment” da parte del leader del M5S, alla quale ha risposto con risoluta pacatezza il Capo dello Stato, annunciando che di fronte alla rinuncia dei proponenti avrebbe assunto “un’iniziativa”!
Personalmente credo che il progetto di Mattarella fosse quello di mettere alle strette i due Partiti che, irresponsabilmente, stavano meditando di poter lucrare sulle macerie e riportarli alla realtà. L’elemento che ha fatto scattare il cambio di strategia da parte di Di Maio e Salvini è stato dunque l’aver ventilato l’ipotesi che, dopo lo scioglimento delle Camere, si andasse a votare a fine luglio, in una situazione resa ancor più precaria dall’attacco della finanza internazionale ed il discredito generale e dovendo altresì fronteggiare gli attacchi realistici delle opposizioni sulla incapacità di assumersi delle responsabilità concrete che dessero risposta ai bisogni.
Joshua Madalon