UNA RIFLESSIONE ED UNA SERIE DI PRECISAZIONI “DOVUTE” per andare avanti nella costruzione di un’ALTERNATIVA di SINISTRA

UNA RIFLESSIONE ED UNA SERIE DI PRECISAZIONI “DOVUTE” per andare avanti nella costruzione di un’ALTERNATIVA di SINISTRA

Quando scrivo della mia appartenenza al Partito Democratico da “fondatore” (ed il termine non è “casuale e generico” in quanto ero coordinatore del Comitato – l’unico presente e costituito a Prato) ed esprimo contestualmente critiche verso la progressiva deriva cui è stato sospinto dall’avvento “renziano” con quelle modalità insolite utilizzate nella scelta del Segretario (Primarie aperte a 360° anche ad elementi che con il Centrosinistra avessero minimi elementi in comune), intendo sottolineare che non condivido del tutto per la sua lentezza la resipiscenza di alcuni “leader” come D’Alema, D’Attorre, Speranza, Bersani ed ora Grasso (e non so se sia o meno un caso che tutti abbiano contribuito – a parte l’ultimo che non si sa ancora dove andrà – a fondare Art.1 – MDP, da cui mi aspetto ancora molta più chiarezza negli esiti) mentre apprezzo la scelta di Civati e di coloro che “onestamente” lo hanno seguito, dimostrando di volerlo sostenere realmente.

Personalmente ho scelto di non aderire ad alcun partito o movimento ma di collocarmi – senza nulla pretendere – tra coloro che guideranno le scelte per un soggetto ALTERNATIVO della Sinistra nel Paese e sul territorio, un soggetto pienamente ALTERNATIVO al PD nel Paese e sul territorio, che evidenzi l’inadeguatezza dell’interpretazione di una rappresentanza delle esigenze e dei bisogni della parte maggiormente indifesa cui dare risposte certe e possibilmente immediate. Un soggetto che si proponga di denunciare anche i “falsi ideologici” espressi da coloro che affermano “di essere sempre stati di Sinistra” ma che intendano continuare a permanere all’interno di quel contenitore che corrisponde al PD, a parte il fatto che, come ho rilevato sopra, è sempre più tardi per uscirne senza generare sospetti.

28 marzo 2014 – il video è riferito al Circolo Sezione Nuova San Paolo come era una volta – non ha alcun riferimento a quel che è ora – i responsabili di allora – compreso il sottoscritto – non sono nella stragrande maggioranza più iscritti al Partito Democratico

Joshua Madalon

RIEMPIRE IL VUOTO – ALTRE RIFLESSIONI SU QUEL CHE E’ NECESSARIO OGGI PROPORRE ALLA SINISTRA DEL PAESE

RIEMPIRE IL VUOTO – ALTRE RIFLESSIONI SU QUEL CHE E’ NECESSARIO OGGI PROPORRE ALLA SINISTRA DEL PAESE

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Forse quando si preparano le “rivoluzioni” non tutti sono contenti di farsi da parte per l’irrompere di quel “nuovo” che avanza e costringe all’improvviso a doversi confrontare con schemi diversi da quelli cui ci si era abituati. Bisogna mettere in conto che non si era del tutto pronti anche se da più parti veniva forte la richiesta di un cambiamento di metodi e di pratiche. Ma – qualcuno obietterà – è anadata quasi sempre così: dopo il nuovo – o quello che appare tale perché così si annuncia – subentra l’abitudine inveterata al reintegro delle vecchie abitudini. Non è un caso che anche nel rinnovo di esecutivi si vada parlando di “100 giorni”, di “luna di miele” con un chiaro riferimento a quanto accade nei matrimoni quando tutto è più bello e sereno rispetto a quando la vita di coppia riserva poi sorprese inattese non del tutto positive. In Italia nella pratica politica si scoprono gli “altarini” con maggiore lentezza ed a volte occorre un ventennio, che è un’eternità soprattutto quando si è giovani ed inesperti e pieni di sano idealismo ed entusiasmo. E’ accaduto nel ventennio sciagurato del “fascismo” ed è accaduto in quello “berlusconiano” che rischia per l’insensatezza che ci ha caratterizzato negli ultimi anni “renziani” di ritornare in auge ancora per qualche tempo. Eh già! Renzi e quel che chiamiamo “renzismo” finisce per essere un piccolo intervallo, caratterizzato da diffusi egoismi nella Sinistra che non sono stati però temperati a causa di altrettante forme di egoismo in quella parte di Centrosinistra riformista e moderata che si è catalizzata nel Partito Democratico sempre più rivolto ad imbarcare figure e metodi tipicamente di Destra.

Quando si preparano le rivoluzioni troppe volte non si va molto per il sottile e si prevaricano anche le migliori energie; e così accade che dopo gli sconquassi si debbano governare le macerie con tutte le difficoltà connesse. Sembrava a tanti che quello renziano fosse un movimento rinnovatore e rivoluzionario, ma già all’alba di quel percorso alcuni di noi compresero che gli sforzi che si erano prodotti per avere il nuovo davvero lavorando sui metodi nel renderli più aperti e democratici non avrebbero potuto trovare una buona accoglienza in tutti coloro che, nelle pieghe del rinnovamento, volevano inserire i propri destini e non gradivano protagonismi disinteressati, o perlomeno sedicenti tali (perché in Politica ci si fida sempre poco di ciascun altro e spesso si sente dire “ma come mai costui si dà tanto da fare, cosa nasconde, quali sono i suoi obiettivi?”). La politica “renziana” in quel Partito che ha continuato a mantenere l’attribuzione di “Democratico” è stata tutt’altra che “tale”; e non è un mistero che i Circoli si siano desertificati, in mancanza di una vera e propria sede di confronto, ed il numero di aderenti – ivi compreso tutte quelle persone alle quali piaceva partecipare pur senza iscriversi – è man mano scemato.
Occorre ricostituire questo “tessuto”: queste sono le “macerie” della pseudorivoluzione renziana.
C’è tanta gente disillusa e mortificata, che potrebbe essere rimotivata sulla base di proposte concrete e realisticamente realizzabili: non libro dei sogni, dunque! Il PD non è più in grado di dare queste risposte: la Sinistra si prepari!

Joshua Madalon

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UN NUOVO INVITO ALLA SINISTRA A FAR PRESTO!

UN NUOVO INVITO ALLA SINISTRA A FAR PRESTO!

Segnali diffusi di profondo malessere come quello emerso anche ieri con le dimissioni dal Partito Democratico da parte del Presidente del Senato (costituzionalmente seconda carica per importanza del nostro Paese, dopo quella del Presidente della Repubblica, vedi art.86 comma 1 “Le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente del Senato”) non possono passare sotto silenzio. Molti di noi nel corso di questi ultimi mesi – per quanto mi riguarda, “anni” – hanno vieppiù segnalato la “deriva populistica e demagogica” del PD “renziano”; pochi alla volta alcuni “pezzi” del PD sono venuti via: ne attendiamo degli altri (Emiliano ad esempio sta in questi minuti facendo un suo “pianto da coccodrillo” continuando a pensare – almeno così dice – di poter riportare su una via più retta quel Partito! Si dia una mossa ed esca con la schiena dritta da quella fanghiglia!), anche perché – proprio se si vuole fare un’operazione di profonda chiarezza – bisogna che il RE sia del tutto denudato e vengano a galla completamente tutte le falsità. Certamente stanno contribuendo a questa “operazione” le ultime mosse che mostrano come vi sia un profondo disprezzo per la Democrazia da parte di quel Partito: non solo la legge elettorale approvata senza discussioni parlamentari (si può anche comprendere la necessità di andare ad elezioni con “una” legge elettorale ma non si può accettare che essa non venga discussa, in quanto questo – a mio parere – nega in toto il ruolo e la funzione del Parlamento), ma anche quella mozione PD che puntava a non rinnovare l’incarico del governatore di Bankitalia Ignazio Visco, presentata senza una preventiva discussione nel Partito ed in barba allo stesso Presidente del Consiglio.
Ritornando alla legge elettorale non può certamente sorprendere che, con quelle modalità attuate dal PD renziano, abbia raccolto i voti di Ala (in primis quello di Denis Verdini), oltre che quelli annunciati da AP, Lega e Forza Italia, modificando così nei fatti la maggioranza di Governo, connotandola finalmente per quella che è stata finora con un colore di Centrodestra, dove il Centro è rappresentato con un certo sforzo dal PD. Le dichiarazioni di Verdini non contestate da alcuno dei sedicenti “Democratici” sono la cartina di tornasole di quel che è accaduto in questi anni, mesi, settimane: egli ieri ha detto tra l’altro

“….oggi si dice che si è realizzata una maggioranza con l’uscita di Articolo 1 – MDP e con il nostro ingresso. Non è vero. Non è vero, perché noi c’eravamo, ci siamo stati e ci saremo fino all’ultimo giorno della legislatura …La nostra scomoda presenza ha sterilizzato i massimalismi post-comunisti e gli integralismi cattolici, che vivono ancora con la testa nel passato e i piedi nel trapassato, condizionando la vita interna dei loro partiti…..”.

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Se è così, mi chiedo cosa ancora ci facciano alcuni “compagni” nel Partito Democratico ed allo stesso tempo chiedo a coloro che “non sono mai stati e non lo hanno mai votato” ed a coloro che non lo dicono ma lo hanno fatto che cosa aspettano a darsi una mossa ed a costituire in questo Paese una forza di Sinistra di Governo unica e riconoscibile che mettendo da parte gli inutili massimalismi riesca a costruire un Progetto che sia utile per i milioni di cittadine e cittadini che sono stati progressivamente marginalizzati a favore dei pochi. A costruire questo Progetto dovranno essere chiamate le forze progressiste, democratiche, laiche e non, disponibili a confrontarsi per unirsi contro la barbarie di Destra.

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CAPORETTO 1917 – 2017 – Gabriele D’Annunzio

CAPORETTO 1917 – 2017 – Gabriele D’Annunzio

Alle origini della “ritirata” da Caporetto vi furono moltissimi episodi che caratterizzeranno la vita militare nella sua crudezza, acuita dalla profonda insensibilità oltre che impreparazione da parte delle alte gerarchie politiche e militari di quel tempo.
A dire il vero, troppe volte quella impreparazione ed insensibilità, scarsa “cultura”, è stato aspetto costante in quegli ambienti; è la “violenza” in sè e per sè che genera simili aberrazioni.

Nel ricordare ancora una volta “Caporetto” a cento anni da quell’evento ecco la testimonianza eccellente di Gabriele D’Annunzio.

Tra il 15 ed il 16 luglio 1917 c’è uno dei fatti più gravi relativi alla repressione di alcuni ammutinamenti, che precedono la ritirata di Caporetto.

Joshua Madalon

Gabriele D’Annunzio scrisse in proposito:
Dissanguata da troppi combattimenti, consunta in troppe trincee, stremata di forze, non restaurata dal troppo breve riposo, costretta a ritornare nella linea del fuoco, già sovversa dai sobillatori come quel battaglione della Quota 28 che aveva gridato di non voler più essere spinto al macello, l’eroica Brigata “Catanzaro” una notte, a Santa Maria la Longa, presso il mio campo d’aviazione si ammutinò. (…) La sedizione fu doma con le bocche delle armi corazzate. Il fragore sinistro dei carri d’acciaio nella notte e nel mattino lacerava il cuore del Friuli carico di presagi. Una parola spaventevole correva coi mulinelli di polvere, arrossava la carrareccia, per la via battuta: “La decimazione! La decimazione!”. L’imminenza del castigo incrudeliva l’arsura (…) Di schiena al muro grigio furono messi i fanti condannati alla fucilazione, tratti a sorte nel mucchio dei sediziosi. Ce n’erano della Campania e della Puglia, di Calabria e di Sicilia: quasi tutti di bassa statura, scarni, bruni, adusti come i mietitori delle belle messi ov’erano nati. Il resto dei corpi nei poveri panni grigi pareva confondersi con la calcina, quasi intridersi con la calcina come i ciottoli. E da quello scoloramento e agguagliamento dei corpi mi pareva l’umanità dei volti farsi più espressiva, quasi più avvicinarmisi, per non so qual rilievo terribile che quasi mi ferisse con gli spigoli dell’osso. I fucilieri del drappello allineati attendevano il comando, tenendo gli occhi bassi, fissando i piedi degli infelici, fissando le grosse scarpe deformi che s’appigliavano al terreno come radici maestre. Io traversavo il muro col mio penoso occhio di linee; e scoprivo i seppellitori anch’essi allineati dall’altra parte con le vanghe e con le zappe pronti a scavare la fossa vasta e profonda. Non mi facevano male come gli sguardi dei condannati alla fossa. I morituri mi guardavano. I loro sguardi smarriti non più erravano ma si fermavano su me che dovevo essere pallido come se la vita mi avesse abbandonato prima di abbandonarli. Gli orecchi mi sibilavano come nell’inizio della vertigine, ma era il ronzio delle mosche immonde.
Siete innocenti?
Forse trasognavo. Forse la voce non passò la chiostra de’ miei denti. Ma perché allora il silenzio divenne più spaventoso, e tutte le facce umane apparvero più esangui? E perché l’afa del mattino d’estate s’approssimò e s’appesantì come se il cielo della Campania e il cielo della Puglia e il cielo della Calabria e il cielo di Sicilia precipitassero in quell’ardore fermo e bianco?
Siete innocenti? Siete traditi dalla sorte della decimazione? Si, vedo. La figura eroica del vostro reggimento è riscolpita nella vostra angoscia muta, nell‘osso delle vostre facce che hanno il colore del vostro grano, di quel grano grosso che si chiama grano del miracolo, o contadini. Siete contadini. Vi conosco alle mani. Vi conosco al modo di tenere i piedi in terra. Non voglio sapere se siete innocenti, se siete colpevoli. So che foste prodi, che foste costanti. La legione tebana, la sacra legione tebana, fu decimata due volte. Espiate voi la colpa? O espiate la Patria contaminata, la stessa vostra gloria contaminata? Ci fu una volta un re che non decimava i suoi secondo il costume romano ma faceva uccidere tutti quelli che nella statura non arrivassero all’elsa della sua grande spada. Di mezza statura voi siete, uomini di aratro, uomini di falce. Ma che importa? Tutti non dobbiamo oggi arrivare con l’animo all’elsa della spada d’Italia? Il Dio d’Italia vi riarma, e vi guarda. I fanti avevano discostato dal muro le schiene. Tenevano tuttora i piedi piantati nella zolla ma le ginocchia flesse come sul punto di entrare nelle impronte delle calcagna. E, con una passione che curvava anche me verso terra, vidi le loro labbra muoversi, vidi nelle loro labbra smorte formarsi la preghiera: la preghiera del tugurio lontano, la preghiera dell’oratorio lontano, del santuario lontano, della lontana madre, dei lontani vecchi. (…) Le armi brillarono. (…) M’appressai. Attonito riconobbi le foglie dell’acanto (…). Recisi i gambi col mio pugnale. Raccolsi il fascio. Tornai verso gli uomini morti che con le bocche prone affidavano al cuor della terra il sospiro interrotto dagli uomini vivi. E tolsi le frasche ignobili di sul frantume sanguinoso. Chino, lo ricopersi con l’acanto.
Gabriele D’Annunzio

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LA CRISI DELLE POLITICHE DEL PARTITO DEMOCRATICO “RENZIANO” E IL FUTURO DELLA SINISTRA NEL NOSTRO PAESE

LA CRISI DELLE POLITICHE DEL PARTITO DEMOCRATICO “RENZIANO” E IL FUTURO DELLA SINISTRA NEL NOSTRO PAESE

Non sono mica pochi circa 329.000 elettori in meno o in più nell’arco di una sola settimana. Si parla dello 0,7% in meno o in più in sette giorni “di ordinaria follia”. Ed è una sequenza di errori a favore della Destra e del movimentismo incolto dei grillini. Fossi rimasto nel Partito Democratico ne sarei di certo uscito nel corso di questi ultimi mesi, settimane, giorni. L’arroganza e la presunzione supponente del leader e dei suoi “fedeli” sudditi stanno lasciando il posto alla diperazione. Da un lato la proposta di una legge elettorale che va alla ricerca di una via d’uscita dai numerosi “impasse” progettuali (riforme che mortificano l’intelligenza costruite per valorizzare le plutocrazie) dall’altra il maldestro attacco al vertice della Banca d’Italia che non risolve i problemi ma tende a strizzare l’occhio all’opinione pubblica che ormai è avvezza a simili stratagemmi populistici e demagogici più tipici dell’opposizione che dell’area governativa. I segnali di difficoltà da parte del Partito Democratico si rilevano anche nella fase congressuale in corso: a Prato, i votanti non hanno superato il 40% degli aventi diritto e nemmeno il dato sugli iscritti su tutta la Provincia è confortante (sono di poco superiori ai 1000 e solo poco meno del 64% di questi hanno partecipato al voto). Sarà anche perché la scelta di non candidare una figura alternativa al Segretario uscente, che è così rientrato a pieno senza colpo ferire nelle sue mansioni, non ha creato alcun segno di possibile rinnovamento della classe dirigente: ciò non significa di certo che tutto sia andato per il verso giusto in questi anni. Il Partito che rappresenta in toto l’Amministrazione comunale in tutta la Provincia con pochissime eccezioni non è riuscito a costruire un Progetto credibile per la città e per il suo territorio vasto, facendosi condizionare da scelte esterne. Negli ultimi quattro anni l’Amministrazione ha progressivamente perduto il credito che nel 2014 l’elettorato le aveva assegnato, con l’elezione al primo turno dell’attuale Sindaco Matteo Biffoni, che, per accondiscendere a Renzi, abbandonò il suo posto di parlamentare alla Camera. Nella campagna elettorale del 2014 riuscì a costruire un accordo anche con parte della società civile orientata più verso il Centro e la Destra, creando però “in quel momento” fratture a Sinistra e scontentando poi nel corso degli anni sia gli uni che gli altri.
I più “vecchi” ricorderanno quel che accadde nel 2008-2009 quando “qualcuno” promosse un sondaggio segreto che poi fu ad arte svelato per screditare gli Amministratori di allora: il risultato finale fu che si aprirono le porte alla Destra. E non fu certo colpa di chi guardava a Sinistra!
Ecco, oggi il rischio di avere nuovamente la Destra tra poco più di un anno (ma, attenzione, non è mica detto che non sia “poco meno” di un anno) a governare la città di Prato (sorrido amaramente a quella battuta che mi fece un carissimo amico tempo fa: “Prato non è Pistoia!”).
La Sinistra, quella vera, può oggi avere l’occasione buona per compattarsi. Ci si provi, abbandonando schematismi obsoleti, rinunciando a protagonismi improduttivi, e si costruisca un soggetto unico alternativo al Partito Democratico.

Joshua Madalon

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CAPORETTO 1917 – 2017 ANNIVERSARI a Montemurlo – 6 – 13 e 20 novembre (vedi programma)

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CAPORETTO 1917 – 2017
ANNIVERSARI a Montemurlo – 6 – 13 e 20 novembre (vedi programma)

Già in precedenti post ho ricordato questo evento – di esso parleremo in modo più diffuso a Montemurlo il 6 – 13 e 20 novembre
J.M.

Fu nella notte tra il 23 ed il 24 ottobre del 1917 che l’esercito austriaco e tedesco sferrò l’attacco decisivo contro quello italiano nella XII battaglia dell’Isonzo, meglio nota come quella della disfatta di Caporetto. Se si guarda la cartina geografica si può notare oggi che quella piccola cittadina è al di là del confine italiano in terra slovena. La battaglia fu durissima e l’esercito italiano fu costretto a ritirarsi dopo poche ore nell’arco di due giornate durante le quali fu evidente l’incapacità degli ufficiali ed in primo luogo di Luigi Cadorna che, dopo aver dato l’ordine di ritirata generale, di fronte alle difficoltà oggettive collegate alle condizioni precarie della maggior parte dei soldati sia dal punto di vista psicologico sia da quello più propriamente legato alle loro funzioni (gran parte dei soldati era mal equipaggiato, senza armi quasi preparato a produrre attacchi suicidi giusto per fare massa), ebbe un ripensamento ed ordinò di resistere ancora, smentito dall’altro generale Montuori, capo della seconda Armata. In questa immensa confusione si verificò lo sfondamento e gli austriaci occuparono Cividale del Friuli il 27 ottobre e Udine il 28, facendo molti prigionieri (circa 60.000) lasciandone sul terreno altrettanti, mentre tutti gli altri diedero corso al ripiegamento generale attestandosi poi sulle rive del Piave, quel fiume che “mormorò” poi nel giugno 1918 a contrassegnare la rivincita italiana.
“Caporetto” fu possibile anche per la condizione favorevole che si venne a creare dopo la rinuncia, non ancora però formalizzata ma comunque concreta da parte della Russia, a proseguire la guerra. In quei giorni si andava delineando con grande chiarezza l’esito della Rivoluzione in quel paese, ad opera dei bolscevichi, il cui capo, Lenin, già da qualche mese era rientrato (uscendone però poi brevemente per poter evitare di essere arrestato dal Governo borghese che aveva preso il posto dello zar Nicola II), grazie ad un sostegno proprio da parte dei tedeschi che vedevano in lui il possibile paladino della pace sul fronte orientale. Anche l’esercito russo tra l’altro versava in condizioni precarie e tutti anelavano di ottenere un trattato di pace che interrompesse finalmente quel tremendo supplizio. La stessa Rivoluzione fu possibile a causa delle sofferenze imposte ai russi da parte di gerarchie militari incapaci di gestire e dirigere gli eserciti, più disponibili a pretendere disciplina ed infliggere punizioni incomprensibili ed assurde. Dappertutto d’altronde fu così; anche sull’altro fronte, quello occidentale francese, si contarono in definitiva più morti di quanti ne ebbero gli altri eserciti. L’insensatezza era materia comune. Caporetto ne fu l’emblema perenne, diventando proverbialmente sinonimo di “disfatta”

Joshua Madalon

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PESSIMISMO DELL’INTELLIGENZA E OTTIMISMO DELLA RAGIONE (su un articolo di Giuliano Da Empoli)

PESSIMISMO DELL’INTELLIGENZA E OTTIMISMO DELLA RAGIONE

In una lunga riflessione (“Ottimisti contro pessimisti”) sull’ultimo numero del Magazine “IL” de “Il Sole 24ore” Giuliano Da Empoli utilizza il motto gramsciano, ripreso da Romain Rolland ( su “L’Ordine Nuovo” dell’aprile 1920, Gramsci glielo attribuisce: « La concezione socialista del processo rivoluzionario è caratterizzata da due note fondamentali, che Romain Rolland ha riassunto nel suo motto d’ordine: – Pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della volontà ».)
Il panegirico pseudofilosofico del Da Empoli viene strumentalmente utilizzato a sostegno di Matteo Renzi, per il quale fu Assessore alla Cultura al Comune di Firenze. Egli sostiene che “L’avvento di Matteo Renzi alla guida del Partito Democratico ha orientato quel partito, storicamente piuttosto incline al pessimismo della ragione, nella direzione di un marcato ottimismo della volontà, al punto da provocare una scissione della componente pessimista.” Dimostrando con questo accostamento di non aver compreso (o di storcere volutamente – come io credo avendo fiducia nella sua intelligenza – “ad usum delphini” quella illustre e illuminante riflessione di Gramsci) quanto di straordinario vi sia nella necessità di utilizzare entrambi i parametri del “pessimismo della ragione” e dell’ “ottimismo della volontà”. L’uno senza l’altro e l’altra senza l’una non sortirebbero alcun effetto positivo. D’altronde lo stesso Gramsci in diverse occasioni lo evidenza: su “L’Ordine Nuovo” del 10 luglio 1920 il filosofo sardo precisa il suo pensiero, utilizzando quel motto: “ Uno sforzo immane deve essere compiuto dai gruppi comunisti del Partito Socialista, che è quello che è, in ultima analisi, perché l’Italia è nel suo complesso un paese economicamente arretrato. La parola d’ordine: – Pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della volontà, deve essere la parola d’ordine di ogni comunista consapevole degli sforzi e dei sacrifici che sono domandati a chi volontariamente si è assunto un posto di militante nelle file della classe operaia.”
Si potrà obiettare che non esistono più i comunisti, aggiungendo che sono trascorsi quasi cento anni ma “mutatis mutandis” i punti di riferimento sostanziali della vita e dell’esistenza umana, fatta di passione e razionalità, non sono cambiati.
Trovo una storpiatura insopportabile, meschina e anticulturale voler portare a proprio (o ad altrui “vicino e sodale”) vantaggio lo scorporo strumentale di ottimismo e pessimismo, ponendoli in contrapposizione, senza riflettere (e far pensare agli interlocutori “intelligenti”) sul fatto che solo contemperando “pessimismo della ragione” con “ottimismo della volontà” la società potrà procedere verso quel profondo e radicale rinnovamento che, a parole, da troppo tempo ormai, è annunciato e non realizzato.
Tutto quel che argomenta, il buon Giuliano Da Empoli, non ha alcun riferimento a Gramsci. Egli si avvale di un sondaggio secondo il quale gli italiani sono più ottimisti oggi rispetto al 2016: egli nota un salto di 7 punti a vantaggio dei più felici. Ma non dice quale parte della società italiana lo sia. Ad osservarlo meglio, questo nostro mondo è sempre più profondamente diviso soprattutto per il reddito e non penso proprio che la felicità sia insita negli 80 euro elargiti dalla bontà dei signori. Sempre più giovani (e meno giovani, negli ultimi tempi) decidono di allontanarsi, l’occupazione è sempre più precaria, non continuativa, “flessibile” a vantaggio dell’impresa; c’è ancora una parvenza di ricchezza, grazie all’utilizzo di fondi provenienti da chi ha lavorato ed accumulato nei decenni passati. Nulla di più.
Osservando la realtà, ci occorre il pessimismo della ragione per poter progettare il futuro con l’altro elemento indispensabile che è l’ottimismo della volontà. Solo così renderemo omaggio al grande Antonio Gramsci.

Joshua Madalon

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A ruota delle dichiarazioni di Renzi dall’Annunziata (Rai 3) ed in risposta a quell’amico che mi ha inviato l’intervista che Roberto Speranza di Art.1 –MDP ha rilasciato a “Repubblica” oggi

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A ruota delle dichiarazioni di Renzi dall’Annunziata (Rai 3) ed in risposta a quell’amico che mi ha inviato l’intervista che Roberto Speranza di Art.1 –MDP ha rilasciato a “Repubblica” oggi

– Avevo già preparato questo post ma ho atteso che ci fosse una risposta da parte di Renzi: non mi aspettavo di più. Ha pienamente confermato quel che pensavo! –

Non è certo in discussione che il Partito Democratico abbia avuto nella sua “mission” iniziale la volontà di aggregare una parte dei “moderati illuminati” della società italiana! Voglio qui ricordare ancora una volta due questioni: intanto la seconda legata al fatto che sono un “fondatore” di quel Partito; la prima invece ed è la più importante è che ho contribuito a fondarlo “in prima linea” essendo, insieme alla compianta amica Tina Santini, coordinatore del Comitato – l’unico presente a Prato – per il Partito Democratico quando tanti non lo volevano perché temevano di perdere posizioni. Ed eravamo già scomodi, perchè credevamo “ingenuamente (?)” a quel che dicevamo e facevamo.
Trovo fuori luogo le affermazioni continue “non sono mai stato del PD; non l’ho mai votato!” che vengono da parte soprattutto di membri “autorevoli” a livello locale di quella molecola di Sinistra che è Campo Progressista.
Non essere stati fondatori nè esserne stati elettori non convince nessuno soprattutto in relazione alle prospettive: non esserlo stati non significa volerlo essere stati o volerlo essere in futuro.

Ed è questo che ci distingue: quelli di noi che lo hanno votato ieri, oggi non lo voterebbero più.
Soprattutto, e questo è certo, non voterebbero mai il PD a trazione “renziana” che a tutta evidenza poi non dispiace molto ai nostri interlocutori di cui sopra. Perché il PD a trazione “renziana” interpreta in modo molto lontano quell’assioma iniziale guardando non alla parte “illuminata” del Centro ma accordando credito proprio a quella parte più retriva e reazionaria della società italiana che, non trovando più sponda verso la Destra berlusconiana, proproneva e propone i suoi servigi per ottenerne vantaggi personali e per le proprie categorie.

Venendo ad oggi, e rispondendo a chi provocatoriamente posta sul mio whatsapp l’articolo di “Repubblica” di questa mattina, ritengo che faccia molto bene Speranza dell’MPD a stuzzicare Renzi ed il PD sui rischi che una divisione nel corpo della Sinistra (una parte minima della quale è nel PD; la stragrande maggioranza è nel “mare magnum” dell’astensione) possa comportare a vantaggio delle Destre. Fa molto bene a chiedere un confronto a 360° che comporti il riconoscimento che le Riforme tanto strombazzate sul Lavoro e sulla Scuola siano state contrassegnate da valori squilibratamente vantaggiosi per l’imprenditoria e per la Burocrazia e non hanno prodotto significativi pur minimi passi in avanti per i lavoratori e i maggiori fruitori della Scuola, cioè gli studenti, abbassando i livelli di Conoscenza a valori da Terzo o Quarto mondo.

Se, dunque, da parte di Renzi e del “suo” PD vi fossero segnali importanti positivi in tale direzione, ottimo l’intervento di oggi. Ma temo che non vi sia altra soluzione se non quella di mettere in piedi una solida ALTERNATIVA secca al PD che faccia da punto di riferimento di quelle migliaia e migliaia di cittadini “orfani” e “senza casa”. Se invece si vuole proseguire nell’ambiguità e nell’ipocrisia illudendo anche i propri elettori, lo si faccia pure; ma non ci si sorprenda troppo se ai commensali limitrofi venga riservato un pugno sul grugno, alla fine della corsa: nè più nè meno di quanto è già accaduto nel 2014.

Joshua Madalon

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A MONTEMURLO IL CENTENARIO DELLA RIVOLUZIONE RUSSA – 6 – 13 E 20 NOVEMBRE 2017

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A MONTEMURLO IL CENTENARIO DELLA RIVOLUZIONE RUSSA – 6 – 13 E 20 NOVEMBRE 2017

Nelle prime due serate del 6 e del 13 novembre (ore 21.00 presso Auditorium Centro Giovani – Piazza don Milani) si attuerà un percorso propedeutico per la terza serata – 20 novembre stessa ora stesso luogo – allorchè verrà presentato il libro “1917 L’Anno della Rivoluzione” con il suo autore il prof. Angelo d’Orsi.

Le vicende del 1917 saranno scandite dai mesi di quell’anno, quasi ad accompagnare l’esito finale che si verificherà tra il novembre ed il dicembre di quell’anno. Eventi tragici connessi soprattutto allo svolgersi della prima Grande Guerra e che per l’Italia si caratterizzerà in particolare nella disfatta di Caporetto (fine ottobre 1917) verranno accompagnati da momenti “mistici e miracolosi” come l’apparizione della Vergine Maria ai tre pastorelli di Fatima e da personaggi che sono diventati leggende come Mata Hari; e seguiremo la parabola ascendente di Lenin che, in quell’aprile farà ritorno dal suo esilio svizzero per preparare con il suo carismo intellettuale la presa del potere in Russia, facendo leva soprattutto sugli esiti nefasti della guerra, che aveva diffuso lo scontento nella popolazione di Pietroburgo e nelle campagne, dopo la delusione del primo – quello forse più coerente con il termine “rivoluzione” – momento di ribellione che, nel febbraio, aveva deposto lo zar Nicola II e decretato l’abolizione del loro potere, sostituito tuttavia da gruppi borghesi ed aristocratici, che non avevano dato risposte alla richiesta di “pace” che veniva dal basso.

Lenin
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Come si svolgeranno le due serate dedicate alla Rivoluzione russa (nel centenario della Rivoluzione d’Ottobre – 7/8 novembre 1917) organizzate dal Comune di Montemurlo Biblioteca Comunale “Bartolomeo Della Fonte” nei giorni 6 – 13 novembre?
Preparate e condotte dal prof. Giuseppe Maddaluno con la collaborazione di Altroteatro Firenze del prof. Antonello Nave vedranno la presenza di quattro giovani (in ordine alfabetico: Serena Di Mauro, Davide Finizio, Serena Mannucci e Bianca Nesi) che si alterneranno nel ruolo di “tessitori” e “lettori”. I primi saranno impegnati nella narrazione degli eventi mentre i secondi utilizzeranno letture e testimonianze collegate ad essi. La scelta dei materiali è del prof. Maddaluno mentre quella delle immagini è di Chiara Gori, che ha enucleato alcuni passi tratti da documentari e film sul tema.
La prima serata è quella di lunedì 6 novembre ore 21.00 presso il Centro giovani in Piazza don Milani 3 a Montemurlo e seguirà le vicende nell’Impero russo dal 1861 (abolizione della servitù della gleba) al 1905 (prima rivoluzione russa); la seconda serata è prevista pe ril 13 novembre, sempre ore 21.00 e stesso luogo, riguarderà la partecipazione della Russia alla prima guerra mondiale e analizzando le vicende che condurranno alle due rivoluzioni del 1917, quella di febbraio con la caduta dello zar e quella di Ottobre ( per il calendario giuliano – Novembre per quello gregoriano).
Verranno proiettati, tra gli altri, alcuni brani da “REDS” di Warren Beatty che nel 1982 ottenne tre premi Oscar e segue la storia del giornalista statunitense John Reed, l’unico americano ad essere sepolto sotto le mura del Cremlino; da “Lenin in Ottobre” che è un film di propaganda sovietico del 1937, diretto da Mikhail Romm e Dmitriy Vasilev. Il film narra l’attività politica di Lenin seguendolo dal suo ritorno dall’esilio svizzero nell’aprile del 1917 fino alla presa del potere nel Palazzo d’inverno di Pietrogrado; da “La corazzata Potemkin” di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn. Si tratta di una delle più note e influenti opere della storia del cinema, ingiustamente maltrattata dalla comicità di Paolo Villaggio e anche per questo poco conosciuta dalle giovani generazioni.

E’ poi prevista una terza serata il 20 novembre –ore 21.00 stesso luogo – con la presentazione del libro “1917 L’Anno della Rivoluzione” del prof. Angelo d’Orsi, che sarà presente. In quella occasione Altroteatro con i suoi attori/lettori leggerà dei brani dal libro.

Joshua Madalon

VIAGGIATORI (in)URBANI – 2

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VIAGGIATORI (in)URBANI – 2

“Ma cosa sta a guardare quel signore? La giostra?”. Accade spesso che sull’ingresso alle rotonde vi sia un traffico intenso. Ed è così che il più timido, il più lento degli autisti si blocchi ad osservare il giro come fosse uno spettacolo, memori delle giostre infantili quando ci si fermava a prenotare con la mente e con gli occhi la macchinina, il cocchio, il cavalluccio ed altre attrazioni giostresche. Dietro di loro però, maestri e maestrine della guida sportiva brontolano e fanno squillare i loro clacson, infrangendo come ho già detto ieri il Codice della strada (“Ma no, quell’articolo – il 156 – recita “Il dispositivo di segnalazione acustica deve essere usato con la massima moderazione e solamente ai fini della sicurezza stradale. La segnalazione deve essere la più breve possibile.” E quindi lo si può usare in quella situazione; quei guidatori attentano alla sicurezza stradale e, poi, basta fare solo “pè” e non necessariamente “pè – pè –pè…..””).
Come ben si vede, ciascuno trarrebbe conclusioni che davvero diventano amene.
Ma sulle rotonde accade anche che vi sia un deficit nel segnalare il cambiamento di direzione. Per precisione si tratterebbe dell’Art. 154 del Codice della strada che recita “1. I conducenti che intendono eseguire una manovra per immettersi nel flusso della circolazione, per cambiare direzione o corsia, per invertire il senso di marcia, per fare retromarcia, per voltare a destra o a sinistra, per impegnare un’altra strada, o per immettersi in un luogo non soggetto a pubblico passaggio, ovvero per fermarsi, devono:

a) assicurarsi di poter effettuare la manovra senza creare pericolo o intralcio agli altri utenti della strada, tenendo conto della posizione, distanza, direzione di essi;

b) segnalare con sufficiente anticipo la loro intenzione”….e via dicendo.

Ebbene, capita che sulle rotonde (ma non solo…) l’auto che sta procedendo nella direzione opposta entri sulla rotonda e poi invece che procedere linearmente si sposti rapidamente sulla sua sinistra senza alcuna segnalazione. Occorre a quel punto essere buoni piloti per sventare il crash, essere piloti provetti ed alla pari con i concorrenti occasionali.
Certamente l’uso dei segnalatori di direzione laterali non è molto diffuso e sembra che lo sia con la giustificazione che così si risparmierebbe l’usura delle lampadine.
Ci sono però dei casi limite come quello che conosco molto bene, meglio di tutti voi, e cioè “il mio”: infatti sono un maniaco delle segnalazioni. Non me ne dimentico mai: anche quando da uno dei due lati c’è un muro o un marciapiede alto e non vi si accede, insisto ad accendere le luci per svoltare, ovviamente dall’unica parte verso la quale la strada prosegue.

Joshua Madalon