reloaded CASE – 4 del 12 ottobre 2015

carbone

CASE – 4
Quell’autunno del 1955 fu molto piovoso. Mio padre, che lavorava da anni costruendo case per altri (in verità aveva anche costruito la Funicolare che collega il paesino di Mercogliano al Santuario di Monte Vergine), aveva impegnato il suo tempo libero per tirar su una casa tutta per noi. Non era proprio pronta, quell’inverno del ’55. Aveva comprato un pezzo di terra quasi a ridosso della Ferrovia Metropolitana ed alle spalle dell’Anfiteatro Flavio: vi si accedeva percorrendo un’erta salita a quel tempo ancora in terra battuta e scollinando davanti ad un manufatto archeologico di “opus reticulatum” che emergeva lasciando immaginare antiche costruzioni quasi certamente ad uso dei protagonisti dei giochi gladiatori e altre attività per l’intrattenimento degli antichi abitatori di quei territori. Sopra quelle solide vestigia si ergeva già allora una palazzina alla cui base c’era una “stalla” con mucche che fornivano latte fresco; se ne occupava Peppino, che ancor oggi quando ritorno in quei luoghi mi riconosce festosamente e rievoca gli anni della mia infanzia. Ricordo che da quella stalla buia promanava un odore intenso di stallatico ritenuto allora buono e terapeutico per malattie respiratorie ma cattivo per noi che – sani e forti – eravamo costretti a passarci accanto almeno un paio di volte alla giornata. Mio padre aveva fatto preparare un progetto molto preciso nei dettagli da un ingegnere con cui aveva lavorato in quegli ultimi anni. Era un “villino”: la piccola palazzina che mio padre andava costruendo non era proprio pronta in quell’autunno. Per poterla tirar su aveva coinvolto parenti ed amici, pagandoli regolarmente nei giorni liberi dal lavoro (anche allora l’edilizia conosceva “tempi morti”: il lavoro a cottimo faceva guadagnare bene ma non era costante), soprattutto in quelli festivi. Il progetto prevedeva anche un primo piano ma non era pronto del tutto nemmeno il pianterreno fronte strada. La quale “strada” era un pochino ristretta dalle altre costruzioni che in quello stesso periodo altri come mio padre stavano tirando su di fronte.
Intanto l’autunno piovoso ed umido aveva acuito alcuni difetti strutturali della “casa” di via Campana. Mio padre più volte aveva chiesto alla “padrona di casa” di intervenire per riparare alcune parti del tetto dal quale alla minima pioggerellina primaverile o estiva venivano giù alcune gocce. La proprietaria aveva nicchiato e non aveva neanche accolto l’ipotesi che mio padre aveva avanzato di poter utilizzare manodopera a basso costo, e cioè qualche suo collaboratore tra quelli più fedeli. E così fu che, con le piogge copiose di quell’autunno la vita in quella “casa” divenne difficoltosa ed impossibile. Le uniche soluzioni affollarono, in modo provvisorio ma invasivo, le varie stanze di recipienti ma l’umido si diffondeva ed il freddo incipiente non era facile da sopportare in una casa che a quel tempo di norma era priva di un impianto di riscaldamento: a quel tempo si utilizzavano ancora bracieri con carbonella che regolarmente si andava a comprare dal carbonaio, uno dei quali era proprio a cento metri sulla Piazza dell’Annunziata.

Case 4 …. continua

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E, di nuovo, dico che LA CULTURA – solo essa – CI SALVERA’

2487,0,1,0,354,256,356,1,3,24,32,0,1,122,0,1977,1968,2177,246387
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E, di nuovo, dico che LA CULTURA – solo essa – CI SALVERA’
Sì, certo. Contrappongo alla Cultura la politica, non quella collegabile ad una gestione dei beni comuni tesa all’ottenimento di obiettivi positivi ma quella che privilegia personalissimi interessi individuali e quelli di lobbies e gruppi di Potere visibili ed invisibili all’interno della complessa melassa finanziaria internazionale.
Quella politica aborre la Cultura, se ne serve però finchè contribuisce a far crescere il consenso e poi la allontana da sé quando i suoi sacerdoti, gli intellettuali, fanno il loro mestiere in autonomia.
Ho conosciuto la Politica, dopo aver praticato essenzialmente la Cultura, senza però mai lasciarla ma utilizzandola all’interno della pratica politica come strumento indispensabile: i miei interventi pubblici e quelli in Consiglio comunale, i miei progetti in Circoscrizione, la mia attività nel PD prima durante e dopo la sua costituzione hanno avuto come elemento fondamentale di riferimento costante la pratica della Cultura e del Pensiero, aggiungerei “libera/libero” se questo però non inducesse in errore di valutazione, facendo di me una figura di tipo anarchico. Non mi sento tale, avendo sempre inserito nei miei progetti la massima condivisione, quell’”insieme” che è una delle basi che pongo e propongo a chi incontro per lavorare.
Oggi, e da alcuni mesi, rifuggo dalla Politica praticata da personale inadeguato culturalmente ed umanamente, professionalmente sospinto, più che da un desiderio di essere “al servizio”, dalla volontà di corrispondere ad ambizioni personali non sempre oneste; perché “quantunque” fossero oneste ciò non basterebbe a superare quel “gap” qualitativo che emerge dappertutto nelle generazioni nuove e in quelle “rinnovate ad arte” sedicenti “rivoluzionarie copernicane”, alle quali invece manca proprio il “quid” necessario a farsi accreditare come tali.
E’ un quadro abbastanza desolante, molto diffuso; anche se qualche eccezione non manca, riusciamo ad intravederla e ci viene da dire con quella che è un augurio di speranza disperata “se son rose fioriranno” ricordando però di fare attenzione sempre alle “spine”!

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