100 anni fa – una data importante – GRAMSCI scrive “Odio gli indifferenti”
100 anni fa – 11 febbraio
Riporto dal saggio “1917 L’Anno della Rivoluzione” di Angelo d’Orsi – Editore Laterza
Pag.26
“Non è un leader Antonio Gramsci, giunto al socialismo soltanto qualche anno prima, il quale si dedica, mentre è ancora studente nell’Università di Torino, alla militanza giornalistica. L’ 11 febbraio fa uscire un foglietto a stampa, intitolato “La città futura”: viene presentato come “Numero unico a cura della Federazione giovanile socialista”. Lo ha compilato tutto da solo, inserendo testi di pensatori contemporanei, Croce in testa, e riempendo il resto con testi propri. L’editoriale si intitola Indifferenti, e comincia con un vero e proprio annuncio di guerra: “Odio gli indifferenti”, incipit di un articolo divenuto, negli ultimi anni, il più celebre tra le molte centinaia di quelli scritti, e quasi mai firmati, dal giovane sardo che aveva scelto Torino.
“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”.
11 febbraio 1917
Riprendo il testo di Angelo d’Orsi
Nello stesso giorno sia sul quotidiano socialista “Avanti!” sia sul settimanale piemontese del partito “Il Grido del Popolo”, esce un annuncio (sempre opera di Gramsci) in cui si legge……..”
Un numero unico dei giovani
Con questo titolo uscirà fra qualche giorno un numero unico, pubblicato a cura della Federazione giovanile piemontese dedicato appunto ai giovani.
Vorrebbe essere un invito e un incitamento.
L’avvenire è dei giovani. La storia è dei giovani.
Ma dei giovani che, pensosi del compito che la vita impone a ciascuno, si preoccupano di armarsi adeguatamente per risolverlo nel modo che più si confà alle loro intime convinzioni, si preoccupano di crearsi quell’ambiente in cui la loro energia, la loro intelligenza, la loro attività trovino il massimo svolgimento, la più perfetta e fruttuosa affermazione.
La guerra ha falciato i giovani, ha specialmente tolto alle loro fatiche, alle loro battaglie, ai loro sogni splendidi di utopia, che non era poi tale perché diventata stimolo di azione e di realizzazione, i giovani. Ma l’organizzazione giovanile socialista non ne ha in verità troppo sofferto in sé e per sé. Le migliaia di giovani strappati alle sue lotte, sono stati sostituiti subito.
Il fatto della guerra ha scosso come una ventata gli indifferenti, i giovani che fino a ieri si infischiavano di tutto ciò che era solidarietà e disciplina politica. Ma non basta, non basterà mai. Occorre ingrossare sempre più le file e serrarle.
L’organizzazione ha specialmente fine educativo e formativo. E’ la preparazione alla vita più intensa e piena di responsabilità del partito. Ma ne è anche l’avanguardia, l’audacia piena di ardore. I giovani sono come i veliti leggeri e animosi dell’armata proletaria che muove all’assalto della vecchia città infracidita e traballante per far sorgere dalle sue rovine la propria città.
Incontreremo il prof. D’Orsi sabato 18 alle ore 19 al CPA in via Villamagna 27/A a Firenze