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SONO NATO CON LA COSTITUZIONE ITALIANA – un mio intervento nei primi giorni del 2008

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SONO NATO CON LA COSTITUZIONE ITALIANA

Nei primi giorni del 2008 festeggiando i sessanta anni della Costituzione italiana promulgata il 27 dicembre del 1947 fui invitato da un caro amico di Campi Bisenzio a tenere un intervento pubblico sulla nostra Carta. Quel che segue è il testo di quel mio contributo.

Come sempre mi accade in occasioni come queste, nel preparare – anche se breve – un intervento su un argomento così importante come quello di stasera sulla nostra Carta Costituzionale, ho messo insieme le poche conoscenze accumulate nei miei 61 anni con la rilettura di qualche pagina di “testimonianze eccellenti di prima mano” e cioè dei “costituenti” stessi e la lettura di qualche testo “giovane” uscito perlopiù nella stessa circostanza che ci spinge a discutere stasera, e cioè il 60° della Costituzione italiana.

La nostra Costituzione, dobbiamo dire, ha sessanta anni ma – come vorrei fosse per me – davvero non li dimostra. In questi anni spesso abbiamo sentito alzarsi voci che la ritenevano “vecchia” e superata dai tempi; ma a coloro che la considerano tale vorrei solo ricordare che una delle più belle e grandi Costituzioni, quella degli Stati Uniti d’America, ha già duecento e più anni, essendo stata promulgata nel settembre 1788, e dunque quasi 22° anni fa.

Quando gli amici mi hanno interpellato ho fatto presente che non sono un “costituzionalista” e che, oltre che essere un modesto docente di italiano e storia con la passione smodata per il Cinema, ritenevo e ritengo di poter essere ascritto più chiaramente alla categoria di “cittadino impegnato all’interno delle Istituzioni”, essendo infatti in questo periodo Presidente della Commissione Cultura e Formazione della Circoscrizione Est del Comune di Prato.
Voglio anche poter credere di essere stato invitato come tale, dunque; e come umile espressione di quella parte dei cittadini che hanno rappresentato in questo nostro Paese la “sinistra democratica e riformista” che sta contribuendo negli ultimi anni a cambiare decisamente e profondamente le regole, pur avendo il massimo rispetto verso quella prima parte della nostra Costituzione che sono i primi 54 articoli ( i primi 12 dei Principi fondamentali più tutti quelli sui Diritti e Doveri ).

Mi è parso di capire che mi si chieda di rappresentare in un “giuoco delle parti” le posizioni della Sinistra in quegli anni.

Gli eventi storici che sono stati rappresentati sono di certo alla base dei comportamenti diversi tenuti dalle diverse “parti in giuoco” ma la comune tragica esperienza dei Fascismi europei e di riflesso della Seconda Guerra Mondiale li aveva stemperati negli animi di chi, studioso di Storia, di Economia e di Politica, aveva potuto cogliere la genesi della tragedia nazionalistica e populistica nelle profonde divisioni proprio in quella parte più liberista e democratica che avrebbe dovuto raccogliere “insieme” i consensi:

Questa atmosfera è ben presente nel discorso pronunciato da Umberto Terracini, presidente dell’Assemblea Costituente, l’ 8 febbraio 1947 dopo le dimissioni di Giuseppe Saragat.
Egli auspica che “dopo dibattiti lunghi ed anche appassionati, la Costituzione abbia il suggello – se non dell’unanimità dell’Assemblea – per lo meno di un tale numero di voti da dare garanzia anche ai più sospettosi e malvolenti che la nostra legge fondamentale, somma di libertà già raggiunte ed avviamento ad altre, maggiori, di sociale contenuto che essa appena delinea, non sarà frutto d’una vittoria di parte”.

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breve post – Chi è causa del suo mal pianga se stesso

Danza

Chi è causa del suo mal pianga se stesso

La distanza tra gli apparati (grandi, medi e piccoli) politici della Sinistra (nessuno escluso, in quanto tutti sodali a difesa dei propri parchi, giardini, giardinetti, orti ed orticelli) ed il sentire della gente non può essere colmata dal pannicello delle “sardine”. Anche se affollate quelle piazze sono la dimostrazione evidente della sconfitta e della debacle futura. Anche se ci si aggrappa a valori fondativi dell’antifascismo, tutti condivisibilissimi, non rimane altro ed emerge tutta l’incapacità a riprendere un cammino che sia di rinascita. Per mantenere i loro posti, ci si accorda con le lobbies, bypassando totalmente i bisogni primari della gente (in ordine alfabetico quelli che mi vengono in mente sono Ambiente, Casa, Istruzione, Lavoro, Salute). Tutti ormai capiscono che per fare Politica occorrono gli “schei” ma questo impedisce nei fatti di privilegiare gli interessi comuni, a partire da quelli minimi riferiti alla parte più debole. Invece si opera attraverso meccanismi diabolici condizionanti che finiscono per allontanare sempre più le persone dalla Politica: i più deboli, poi, verranno condizionati da ricatti vergognosi in nome di un antifascismo farlocco, che in defintiva serve a coprire le nefandezze politiche alle quali stiamo assistendo.

Joshua Madalon

GLI ESSERI UMANI sono tutti uguali

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GLI ESSERI UMANI sono tutti uguali
di Joshua Madalon

Un essere umano è parte di un tutto che chiamiamo ‘universo’, una parte limitata nel tempo e nello spazio.
Sperimenta se stesso, i pensieri e le sensazioni come qualcosa di separato dal resto, in quella che è una specie di illusione ottica della coscienza.
Questa illusione è una sorte di prigione che ci limita ai nostri desideri personali e all’affetto per le poche persone che ci sono più vicine.
Il nostro compito è quello di liberarci da questa prigione, allargando in centri concentrici la nostra compassione per abbracciare tutte le creature viventi e tutta la natura nella sua bellezza.

(Albert Einstein)

Quando si può, se non piove a dirotto o se fa tanto freddo o c’è un vento forte Gil e Mary escono a piedi anche solo per comprare un pezzo di pane. Non amano i piccoli supermercati vicini e quindi si allungano verso via Pistoiese fino alla Pam.
La giornata di sabato ha già l’aria di festa. Dopo alcune giornate di pioggia incessante c’è un’arietta freschina ma pulita; e non c’è vento. La palazzina dove abitano è impacchettata con impalcature ferrose ricoperte da drappi fatti di plastica tipo canapa per sacchi. Gli operai pur in una giornata semifestiva stanno lavorando a rifinire la base di alcuni balconi prima di procedere con la posa delle piastrelle.
Davanti al bar di fronte alcuni avventori osservano i lavori con il solito interesse dei nullafacenti, mentre sgranocchiano patatine e noccioline per il consueto rito dell’aperitivo. Da un balcone di fronte una giovane signora gentile accenna un saluto, al quale Gil e Mary cordialmente rispondono. Con un sorrisino beffardo rilevano come in modo ben diverso altri, nascondendo la loro maleducazione dietro una presunta timidezza, anche se salutati, sembrano non avvedersi della loro esistenza. Ma la sorpresa è in arrivo lungo il marciapiede che Mary e Gil percorrono.
Prato – quando si andava in giro per il Paese negli anni passati – era nota per il “tessile”, per il “panno”; da qualche anno invece, allorché da pratesi si rivela la loro dimora, “ci sono i cinesi?!” dicono esprimendo l’incapacità ad approfondire altre caratteristiche, come la presenza di luoghi d’arte magnifici, di un Museo dedicato al tessuto, di un Teatro che ha vissuto grandi successi, di un Centro per l’Arte contemporanea unico al mondo per la sua “mission”.
Quando cammini, particolarmente nelle vie di San Paolo, ne incontri di cinesi! Ci sono anche due famiglie nel condominio di Gil e Mary, gente operosa e molto aperta all’Occidente, e non importa se tale ampiezza di vedute sia strumentale nella forma tipica dei “mercanti”.
Non è stato semplice avviare una convivenza condominiale, ma non lo è a prescindere dalle diverse nazionalità: ad esempio, nel contesto di cui si tratta, è più difficile il rapporto tra la gran parte degli altri, autoctoni o comunque immigrati interni come Gil e Mary. Diverse questioni, a partire dal corretto conferimento dei rifiuti, per il quale tuttavia non vi è stata cura da parte dell’ente preposto a tali controlli.
Un raggio di sole illumina lo stretto marciapiede attraverso il sorriso di una piccola bimba, tenuta per mano dalla mamma, che già da qualche metro agitava la manina per mostrarsi a Gil che in realtà era stato distratto da alcuni suoi pensieri e vagava con la mente. Gil infatti se la ritrova direttamente abbarbicata ad una delle sue gambone. Vuole essere sollevata, ricorda Gil di averlo fatto con i propri figli che ora sono molto grandi e, anche se non obesi, pesanti. La solleva e la bimba lo abbraccia come se fosse pratica consueta, quella con un nonno o con uno zio. Sprizza energia attraverso gorgheggi come un uccellino…..
Anche la madre, una giovane ragazza probabilmente abituata ad un contatto non ostile, è sorpresa. Chissà quali siano i suoi pensieri e quali quelli della bimba, si chiede Gil. E’ solo un attimo: sempre sorridente, dopo l’abbraccio si sporge verso la mamma e passa tra le sue braccia. Rivolge il sorriso a Gil dal comodo nido conquistato. Chissà, pensa Gil, che non lo abbia fatto proprio per quel transito furbesco. Ma è proprio bella e gli ricorda la sua bambina. A dire il vero, a Gil ricorda in quello stesso momento un cagnolino che aveva incontrato, condotto dal suo padrone al guinzaglio: non voleva camminare e continuava a piccoli passi con lo sguardo innalzato supplichevole verso il ragazzo, rifiutandosi di procedere. Lo disse a Mary, alla quale tornò in mente subito un altro episodio con un cane di grossa taglia che praticamente si stendeva spiaccicato in un corridoio di un discount. Sorrisero e proseguirono verso il supermercato. La dolcezza degli esseri viventi ha espressioni che li rendono molto simili tra loro. Anche lo sguardo truce di un uomo o quello sprezzante di una donna può assomigliare al ringhio di un doberman.
Camminare a piedi permette di osservare il mondo gli oggetti i condomìni; meglio farlo lentamente senza avere fretta. Mary e Gil passarono attraverso i giardini di via dell’Alberaccio e si diressero verso quelli di via Vivaldi, in fondo. Mary riferendosi agli stranieri che da alcuni anni hanno cominciato ad abitare quei caseggiati si rammentò di una querelle nella quale due famiglie di un contesto complesso di ben dodici condòmini avevano portato in tribunale le altre dieci perché non avevano accettato che in due occasioni all’anno lo spazio comune venisse impegnato in incontri multiculturali coinvolgenti tutto il caseggiato compreso alcune delle famiglie formate da persone di altre nazionalità. Per fortuna, dice Mary, che hanno trovato un buon giudice, un giudice giusto che ha dato loro torto, riconoscendo la funzione civile di un contesto condominiale.
Parlando parlando arrivano al supermercato. E’ uno di quelli frequentato quasi esclusivamente da stranieri, in massima parte cinesi. La spesa è anche l’occasione in uno spazio non tanto affollato di guardare le merci come si fa al mercato generale. Non c’è molta scelta, ma ciascuno si ferma a particolari banchi. Mary al pane, Gil alle verdure; Gil ai formaggi, Mary alle carni e via via poi ci si guarda intorno e si va verso le casse. Accanto ad esse ci sono prodotti vari, dai rasoi ai chicchi dolci, dalle ricariche telefoniche alle batterie di diversa forma e potenza. C’è anche lì in fila una giovane mamma cinese con una bimbina che frigna e allunga la mano verso una mini confezione di cioccolatini. La madre la dissuade ma pur se con dignità la bimba continua a mugolare. C’è dietro Gil e Mary un signore di età avanzata che mostra visivamente di non sopportare l’espressione della bambina e con voce alta avvia ad affermare che non se ne può più di questa gente, che se ne tornassero a casa loro. Mary non può tacere e sottolinea come i bambini siano molto simili tra loro qualsiasi sia la provenienza geografica delle loro famiglie. Si avvia una controversia intorno alla educazione da impartire ai propri figli. I miei, dice quel signore là, non hanno mai piagnucolato. E lo afferma con sguardo truce. Saranno stati repressi e cresciuti nella rabbia e nel rancore, aggiunge Mary, che si becca un “cattolica di merda” dall’aggressivo signore. Mary, che peraltro “cattolica” non è, soggiunge “meglio cattolica che infelice come lei”. Il commesso ha seguito ma, professionalmente, non interviene. La bimba ha smesso di frignare, mentre gioca con i corti capelli della madre, ignara di avere scatenato un empito cieco razzistico. Gil e Mary pensano ai figli del signore, infelici e repressi. Saranno, ora, grandi e da genitori forse saranno diversi, pensano. Lo si spera, ma forse, quel signore là, non ha mai avuto figli; o perlomeno non ha mai avuto bambini come tutti quelli che noi conosciamo. E si avviano verso casa.

Joshua Madalon

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GLI ESSERI UMANI sono tutti uguali

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GLI ESSERI UMANI sono tutti uguali seconda parte

Anche la madre, una giovane ragazza probabilmente abituata ad un contatto non ostile, è sorpresa. Chissà quali siano i suoi pensieri e quali quelli della bimba, si chiede Gil. E’ solo un attimo: sempre sorridente, dopo l’abbraccio si sporge verso la mamma e passa tra le sue braccia. Rivolge il sorriso a Gil dal comodo nido conquistato. Chissà, pensa Gil, che non lo abbia fatto proprio per quel transito furbesco. Ma è proprio bella e gli ricorda la sua bambina. A dire il vero, a Gil ricorda in quello stesso momento un cagnolino che aveva incontrato, condotto dal suo padrone al guinzaglio: non voleva camminare e continuava a piccoli passi con lo sguardo innalzato supplichevole verso il ragazzo, rifiutandosi di procedere. Lo disse a Mary, alla quale tornò in mente un altro episodio con un cane di grossa taglia che praticamente si stendeva spiaccicato in un corridoio di un discount. Sorrisero e proseguirono verso il supermercato. La dolcezza degli esseri viventi ha espressioni che li rendono molto simili tra loro. Anche lo sguardo truce di un uomo o quello sprezzante di una donna può assomigliare al ringhio di un doberman.
Camminare a piedi permette di osservare il mondo gli oggetti i condomini; meglio farlo lentamente senza avere la fretta. Mary e Gil passarono attraverso i giardini di via dell’Alberaccio e si diressero verso quelli di via Vivaldi, in fondo. Mary riferendosi agli stranieri che da alcuni anni hanno cominciato ad abitare quei caseggiati si rammentò di una querelle nella quale due famiglie di un contesto complesso di ben dodici condòmini avevano portato in tribunale le altre dieci perché non avevano accettato che in due occasioni all’anno lo spazio comune venisse dedicato ad incontri multiculturali coinvolgenti alcune delle famiglie formate da persone di altre nazionalità. Per fortuna, dice Mary, che hanno trovato un buon giudice, un giudice giusto che ha dato loro torto, riconoscendo la funzione civile di un contesto condominiale.
Parlando parlando arrivano al supermercato. E’ uno di quelli frequentato quasi esclusivamente da stranieri, in massima parte cinesi. La spesa è anche l’occasione in uno spazio non tanto affollato di guardare le merci come si fa al mercato generale. Non c’è molta scelta, ma ciascuno si ferma a particolari banchi. Mary al pane, Gil alle verdure; Gil ai formaggi, Mary alle carni e via via poi ci si guarda intorno e si va verso le casse. Accanto ad esse ci sono prodotti vari, dai rasoi ai chicchi dolci, dalle ricariche telefoniche alle batterie di diversa forma e potenza. C’è anche lì in fila una giovane mamma cinese con una bimbina che frigna e allunga la mano verso una mini confezione di cioccolatini. La madre la dissuade ma con dignità la bimba continua a mugolare. C’è dietro Gil e Mary un signore di età avanzata che mostra visivamente di non sopportare l’espressione della bambina e con voce alta avvia ad affermare che non se ne può più di questa gente, che se ne andassero a casa loro. Mary non può tacere e sottolinea come i bambini siano molto simili tra loro qualsiasi sia la provenienza geografica delle loro famiglie. Si avvia una controversia intorno alla educazione da impartire ai propri figli. I miei, dice quel signore là, non hanno mai piagnucolato. E lo afferma con sguardo truce. Saranno stati repressi e cresciuti nella rabbia e nel rancore, aggiunge Mary, che si becca un “cattolica di merda” dall’aggressivo signore. Mary, che peraltro “cattolica” non è, soggiunge “meglio cattolica che infelice come lei”.
Il commesso ha seguito ma, professionalmente, non interviene. La bimba ha smesso di frignare, mentre gioca con i corti capelli della madre, ignara di avere scatenato un empito cieco razzistico.
Gil e Mary pensano ai figli del signore, infelici e repressi. Saranno, ora, grandi e da genitori forse saranno diversi, pensano. Lo si spera, ma forse, quel signore là, non ha mai avuto figli; o perlomeno non ha mai avuto bambini come tutti quelli che noi conosciamo. E si avviano verso casa.

Joshua Madalon

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Due euro l’ora e altri film

Due euro l’ora e altri film

Poche volte il “caso” bussa alla porta in perfetto orario. E’ accaduto ieri sera. Come molte altre volte, trascorro la prima parte del riposo collegandomi con il mio smartphone a RaiPlay (in tempi di Fiorello, tuttavia, non ho ancora visto una sola delle puntate del suo “VivaRaiPlay”: sarà che il titolo non mi convince!). Guardo film, documentari (molto belli quelli sul Cinema non solo quelli della RAI ma anche e soprattutto le “sintesi” di “Blow Up, l’actualité du cinéma (ou presque) – ARTE” di cui allegherò una clip per consentirvi di accedere (l’app è gratuita). Vado sulla “banda” delle opzioni e digito “On demand” e scorro le offerte.

Ieri sera, però, ho cliccato su “La mia lista”, casualmente. E mi è apparso un titolo di cui non sapevo nulla (di solito i film si scelgono e, poi, non avendo il tempo di guardarlo, lo si accantona in una “lista”. In questo caso, no. Non riesco a comprendere come mai ci fosse “quel” titolo. Forse il “sistema operativo” ha interpretato le mie sensibilità, i miei gusti, così come la “mia” propensione politica ideologica.

“Due euro l’ora”. Il titolo suggerisce immediatamente problematiche lavorative di sfruttamento della manodopera e mette a nudo questa pratica diffusa sui nostri territori capillarmente (non c’è luogo immune da essa ed è ancor più presente nelle realtà periferiche) e non esclusiva di una nazionalità (uno dei protagonisti, il perfido padrone della ditta di confezioni, è “italiano”). Le operaie subiscono trattamenti violenti, vessazioni, angherie senza avere neanche il supporto delle forze dell’ordine e questo mette in luce una delle tante questioni che non sono state affrontate con vigore per poter essere risolte (diciamo che il “buonismo” va male da una parte e va bene dall’altro).
Ovviamente, il film è molto più altro nella narrazione complessa del tema “emigrazione” che ci coinvolge: c’è chi è andata e chi ritorna, c’è chi è andato e chi vuole partire. Le terre meridionali (il film si basa su una vicenda realmente accaduta a Montesano sulla Marcellana, un piccolo comune in provincia di Salerno ai confini con la Lucania) sono sempre state povere, ma la globalizzazione ha spinto più rapidamente alla loro desertificazione.
Tutto il film è costruito in maniera egregia. Un piccolo capolavoro di cui sentiremo ancora parlare: una menzione speciale voglio tuttavia dedicare alla colonna sonora di Fausto Mesolella, straordinaria figura di musicista autore, componente degli Avion Travel (a proposito il perfido è interpretato da uno straordinario Peppe Servillo, anima del complesso), scomparso a fine marzo del 2017.

Negli ultimi tempi il cinema ha prodotto dei veri piccoli “capolavori” a basso costo che parlano del nostro Sud. Uno di questi è “Lucania – Terra Sangue e Magia” di Gigi Roccati, giovane documentarista alle prese con un vero e proprio film; è uscito nella prima parte di quest’anno. L’altro che è invece uscito da qualche giorno è “Aspromonte – La terra degli ultimi” di Mimmo Calopresti, regista di successo che ha alternato nel tempo la realizzazione di documentari e di film. Nel primo, quello sulla Lucania, troviamo Pippo Delbono che interpreta un malvivente ecologico; nel secondo troviamo Marcello Fonte. “Gli ultimi” mi richiama alla mente quel film dimenticato di padre David Maria Turoldo: siamo lontani dal Sud ma in terre altrettanto povere.

Andiamo avanti – Il peso del coraggio (e non è solo una “canzonetta”)

Andiamo avanti – Il peso del coraggio (e non è solo una “canzonetta”)

Molte cose sono accadute in questi ultimi giorni da quando non ho scritto più alcun post su questo Blog. Ma non c’è davvero nulla di sorprendente: nè la grande confusione che permane tra le file dei Partiti (tutti) dell’attuale Governo sia le incertezze intorno ai grandi (e piccoli) luoghi di lavoro sia in quel fenomeno da baraccone travestito da “espressione democratica” che sono le “sardine”. Su quest’ultimo devo rilevare che non sono molto diverse se non nel senso peggiorativo rispetto a rassemblement parademocratici ma molto snob come “i girotondi” o “le ribellioni” interne ai Partiti (ricordate la “giovane” Serracchiani?) che poi si allineano oppure si eclissano nel breve spazio di un mattino. E non sono molto diverse da quei raggruppamenti di cui noi “anziani” veniamo saltuariamente a conoscenza e che vedono protagonisti “fenomeni” mediatici (direi quasi “epifenomeni”) banali nella sostanza e pretenziosi nelle forme, sbarbatelli e sbarbatelle che pretenderebbero di passare alla “storia” ed illudono masse ingenue ma rese schiave dai luccichii. Non mi ha mai convinto nemmeno la più quotata Greta, anche se trovo sgradevoli le critiche, in quanto i contenuti che ella esprime sono condivisibili. Le “sardine” no, non hanno un progetto. Lo hanno anche espresso con chiarezza: sono “contro” la Destra (e qui ci siamo!) ma non più di questo. Non è che il Partito Democratico post-renziano sia in una condizione migliore. L’uscita del bullo (o via, volevo dire “bello”!) di Rignano non ha avuto un seguito sostanzioso per poter dare la via libera a coloro che hanno sconfitto nelle Primarie i suoi epigoni; tanto che costoro vivono nel Limbo e non riescono ad affrancarsi da un ruolo che appare ancora di eterna opposizione (una visione diversa? No?) rispetto alla minoranza che continua a fare la maggioranza: da cartina di tornasole ha fatto “la scelta di aprire al M5S” voluta da Renzi già pronto con le valigie e mal sopportata da Zingaretti, segretario sbiadito ben prima di avere indossato i galloni. Con la solita solfa del “non è il momento” anche a Prato i rappresentanti della mozione Zingaretti che dalle Primarie “aperte” hanno ottenuto il 58,9% sono stati bloccati nelle loro legittime richieste prima con l’imminenza delle elezioni europee e soprattutto quelle amministrative comunali e poi, complici i mesi estivi (dove la Politica ancora oggi viene fatta essenzialmente “fuori” dalle stanze), si sta arrivando a ridosso delle Regionali, senza peraltro discutere di temi ma fermandosi ai nomi, scelti in strimiziti elitari “caminetti”, sempre più naturalmente lontani dal sentire comune. Va aggiunto tuttavia che non appare che vi sia una vera e propria strategia organizzativa, nè all’interno del Partito intero (zingarettiani, postrenziani, giachettiani, martiniani e franceschiniani) nè in quella parte di esso cui la Sinistra potrebbe avere maggiore attenzione.
Abbiamo bisogno di “coraggio”. Andiamo avanti!

Joshua Madalon

GLI ESSERI UMANI sono tutti uguali

GLI ESSERI UMANI sono tutti uguali
di Joshua Madalon
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Un essere umano è parte di un tutto che chiamiamo ‘universo’, una parte limitata nel tempo e nello spazio.
Sperimenta se stesso, i pensieri e le sensazioni come qualcosa di separato dal resto, in quella che è una specie di illusione ottica della coscienza.
Questa illusione è una sorte di prigione che ci limita ai nostri desideri personali e all’affetto per le poche persone che ci sono più vicine.
Il nostro compito è quello di liberarci da questa prigione, allargando in centri concentrici la nostra compassione per abbracciare tutte le creature viventi e tutta la natura nella sua bellezza.

(Albert Einstein)

Quando si può, se non piove a dirotto o se fa tanto freddo o c’è un vento forte Gil e Mary escono a piedi anche solo per comprare un pezzo di pane. Non amano i piccoli supermercati vicini e quindi si allungano verso via Pistoiese fino alla Pam.
La giornata di sabato ha già l’aria di festa. Dopo alcune giornate di pioggia incessante c’è un’arietta freschina ma pulita; e non c’è vento. La palazzina dove abitano è impacchettata con impalcature ferrose ricoperte da drappi fatti di plastica tipo canapa per sacchi. Gli operai pur in una giornata semifestiva stanno lavorando a rifinire la base di alcuni balconi prima di procedere con la posa delle piastrelle.
Davanti al bar di fronte alcuni avventori osservano i lavori con il solito interesse dei nullafacenti, mentre sgranocchiano patatine e noccioline per il consueto rito dell’aperitivo. Da un balcone di fronte una giovane signora gentile accenna un saluto, al quale Gil e Mary cordialmente rispondono. Con un sorrisino beffardo rilevano come in modo ben diverso altri, nascondendo la loro maleducazione dietro una presunta timidezza, anche se salutat, sembrano non avvedersi della nostra esistenza. Ma la sorpresa è in arrivo lungo il marciapiede che Mary e Gil percorrono.
Prato – quando si andava in giro per il Paese negli anni passati – era nota per il “tessile”, per il “panno”; da qualche anno invece, allorché riveliamo la nostra dimora, “ci sono i cinesi?!” ci dicono rivelando l’incapacità ad approfondire altre caratteristiche, come la presenza di luoghi d’arte magnifici, di un Museo dedicato al tessuto, di un Teatro che ha vissuto grandi successi, di un Centro per l’Arte contemporanea unico al mondo per la sua “mission”.
Quando cammini, particolarmente nelle vie di San Paolo, ne incontri di cinesi! Ci sono anche due famiglie nel condominio di Gil e Mary, gente operosa e molto aperta all’Occidente, e non importa se tale ampiezza di vedute sia strumentale nella forma tipica dei “mercanti”.
Non è stato semplice avviare una convivenza condominiale, ma non lo è a prescindere dalle diverse nazionalità: ad esempio, nel contesto di cui si tratta, è più difficile il rapporto tra la gran parte degli altri, autoctoni o comunque immigrati interni come Gil e Mary. Diverse questioni, a partire dal corretto conferimento dei rifiuti, per il quale tuttavia non vi è stata cura da parte dell’ente preposto a tali controlli.
Un raggio di sole illumina lo stretto marciapiede attraverso il sorriso di una piccola bimba, tenuta per mano dalla mamma, che già da qualche metro agitava la manina per mostrarsi a Gil che in realtà era stato distratto da alcuni suoi pensieri e vagava con la mente. Gil infatti se la ritrova direttamente abbarbicata ad una delle sue gambone. Vuole essere sollevata, ricorda Gil di averlo fatto con i propri figli che ora sono molto grandi e, anche se non obesi, pesanti. La solleva e la bimba lo abbraccia come se fosse pratica consueta, quella con un nonno o con uno zio. Sprizza energia attraverso gorgheggi come un uccellino…..

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ALTRE STORIE 2 (un impegno per la PACE e per la Conoscenza contro la violenza e le guerre)

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ALTRE STORIE 2 (un impegno per la PACE e per la Conoscenza contro la violenza e le guerre)

C’è un modo sublime, straordinario, di impegnarsi per costruire la Pace, e non è quella di andare armati in luoghi di “guerra” e di “violenza” anche se nominalmente a difesa di popoli oppressi, come tante volte hanno fatto tanti giovani, alcuni dei quali impropriamente sono stati descritti come “eroi” dopo aver perso la vita. Grande pena per parenti ed amici, ma non riesco a riconoscere come paladini della pace e delle libertà simili personaggi. Ben diversa è la scelta di quelle persone che hanno deciso di dedicare la loro vita, anche se in luoghi di guerra e di violenze, alle popolazioni che hanno bisogno di Tecnologie e di Culture per poter costruire il loro futuro.
Nabila Breir è stata una di queste.

Proseguo il trattamento del tema delle tecnologie a servizio dei progetti educativi, così come le interpretavo negli anni Ottanta a Prato. Questo fu il mio intervento svolto tra il 18 ed il 22 maggio 1988:

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NUOVE TECNOLOGIE…. VERSO IL 2000

Introduzione

La dizione “nuove tecnologie” è così ampiamente generica da richiedere in apertura una precisazione: il mio intervento è riferito alle nuove tecnologie elettroniche cineaudiovisuali nell’ambito della riproduzione e fruizione delle immagini in movimento e l’ambito di riferimento cui è diretto è quello dei progetti didattico-educativi, nel senso più ampio. Nel passaggio dagli Anni Settanta agli Anni Ottanta si è verificato un cambiamento di tendenza estremamente importante nella socieà italiana: si è cioè passati da una politica sociale e culturale rivolta all’esaltazione dell’ “effimero” ad un diverso tipo di intervento che puntasse maggiormente sull’impegno e sulla concretezza, contrapposto ad un’astrattezza e ad una passività (nell’ambito della fruizione) che avevano contraddistinto fortemente il precedente periodo. Il riflusso che è alla base di questo mutamento di direzione culturale fu innescato da circostanze non proprio felici fra le quali vanno annoverate la crisi economica, la crisi politica e sociale, il terrorismo, la liberalizzazione delle emittenze radiotelevisive. Infatti, soprattutto nelle grandi città è apparso sempre più difficile portare fuori la gente dalle loro abitazioni particoralmente di sera e la spesa culturale è andata sempre più ridimensionandosi: da qui è derivato che occorreva spendere meno ma spendere meglio, realizzando interventi che non fossero fini a se stessi. Parlare di nuove tecnologie in maniera generica finisce con il creare quasi sempre una grande confusione; gli stessi addetti ai lavori potenziali hanno difficoltà semplicemente a riferire di cosa si tratti e, quando pure una minoranza ne sappia fare l’elenco, è una successiva molta ridotta percentuale di essa a saper descrivere l’uso pratico e soprattutto didattico di questi strumenti. Eppure, all’interno dell’ordinamento scolastico italiano, non è previsto l’adeguamento ufficiale del personale, sia quello docente sia quello di supporto tecnico, e tale “aggiornamento” è riservato in modo esclusivo alle capacità individuali, alla buona volontà e particolare sensibilità, alla disponibilità di tempo e di denaro personale del docente: appare chiaro che nelle rivendicazioni categoriali questo aspetto (che non va certamente riferito in modo stretto all’ambito della nostra discussione) assume una forte rilevanza; il docente avverte la necessità, per mettersi in linea con i tempi, che gli venga riconosciuta in modo specifico una valenza educativa più complessa e più ampia, se non diversa tout court, che vada al di là del rapporto diretto con i suoi allievi, pur rimanendo questo compito altamente prioritario.

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ALTRE STORIE 1

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ALTRE STORIE 1

Come annunciavo nel post del 7 novembre nell’impostare un discorso intorno alla necessità di strutturare un nuovo Progetto di Educazione degli Adulti farò riferimento agli Atti del Seminario “Strategie per uno sviluppo generale dell’educazione degli adulti. Verso un 2000 educativo” svoltosi a Prato nel maggio del 1988. Pubblicherò poi il mio intervento e vi farò seguire un’idea sui bisogni consapevoli e/o inconsapevoli dei cittadini, sia quelli che da generazioni vivono questi territori sia quelli che invece vi sono da pochi anni, sia appartenenti alla nazionalità italiana sia a quelle non italiane, ma che comunque abbiano bisogno di approfondire la conoscenza della lingua e delle storie, offrendo innanzitutto in cambio le loro specifiche conoscenze mettendole insieme nello stesso comune crogiolo inter-multiculturale.

Dalla presentazione del prof. Federighi:

“…..A partire dal 1986, a Prato si è dato vita ad un controllato processo di costruzione di un sistema urbano di educazione degli adulti che, oggi, ha oramai superato il primo quinquennio di attuazioni. La ricerca, impostata da De Sanctis assieme ai suoi collaboratori ed a Massimo Bellandi e Doriano Cirri, prospetta obiettivi e tappe di attuazione che giungono fino all’anno 2000. Oggi, a sei anni dal suo inizio, dopo aver percorso le prime fasi del suo processo di attuazione alcune risposte alle principali questioni fondanti la ricerca sono state date.
Realizzando attività educative organizzate per oltre mille cittadini ogni anno – per la maggior parte nel campo dell’educazione formale – sono state messe a fuoco le ragioni che finora hanno impedito o non hanno lasciato emergere le aspirazioni dei cittadini verso uno sviluppo intellettuale generale.
A partire dal ruolo di programmazione e di diretto rapporto con i problemi della gente, di gestione di servizi comuni ai diversi agenti educativi locali, si è definito, sia sul piano teorico che pratico, il ruolo di un Comune rispetto alle aspirazioni educative dei propri abitanti. Si è precisato come sia possibile dare inizio ad un processo formativo nel campo dell’educazione degli adulti a partire dal Comune. Ciò sia nella prospettiva di una ripartizione di competenze con le amministrazioni pubbliche sovraordinate, che nella possibile loro latitanza. Nello stesso tempo, praticando il superamento della contrapposizione tra accentramento e decentramento, tendendo a far assumere a ciascuno le proprie competenze – dai consigli di circoscrizione agli organismi nazionali ed internazionali – si è riusciti a raggiungere obiettivi sociali più avanzati……Il seminario – progettato e organizzato con Filippo M. De Sanctis, Doriano Cirri e Manuela Borchi – fu dedicato, come ricorda De Sanctis nell’Introduzione qui pubblicata, a Nabila Breir, educatrice degli adulti, che con noi aveva cooperato per la creazione dell’Associazione Mediterranea di Educazione degli Adulti, uccisa a Beirut.”

In relazione a questa dedica riporto il paragrafo conclusivo dell’Introduzione del prof. De Sanctis qui sopra richiamata. Il suo titolo assume un profondo ed inequivocabile significato: non c’è Cultura senza la Pace. E la Pace ha inizio e completamento all’interno delle Conoscenze e delle Culture.

E’ il paragrafo cinque, quello conclusivo dal titolo “A dedication for peace“

In the name of the Mediterranean Adult Education Association, I wish to ask participants to dedicate this seminar to the name of Nabila Breir. Nabila was an Arabian colleague who on the 18th of December, 1986, in Beirut, on his way to work, was barbarously assassinated. I met Nabila in Paris during the last assembly of UNESCO. On that occasion he worked towards establishing on behalf of the Association relations between Arabs and Israelis. Together we thought that neither yesterday’s or today’s conflicts should prevent us from working towards peace for tomorrow. The International Council for Adult Education has created a prize dedicated to the memory pf Nabila Breir. We invite you to join us in this enterprise.

…ALTRE STORIE…… 1

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DA GIOVANE: LA SENSIBILITÀ AMBIENTALISTA, STORICA E CULTURALE – OTTAVA PARTE – 7

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DA GIOVANE: LA SENSIBILITÀ AMBIENTALISTA, STORICA E CULTURALE – OTTAVA PARTE – 7

…Questa iniziativa, che peraltro partiva da precise richieste da parte dei giovani di queste località, ha trovato delle resistenza inaccettabili, fra le quali vogliamo ricordare gli anatemi del parroco di Villapaiera, don Mares, al quale va perlomeno contestata l’incapacità di avanzare proposte alternative culturali adeguate nei confronti dei giovani e dei meno giovani, che avevano preferito, pur essendo credenti e praticanti, rivolgersi ad altri forse meno manichei del loro pastore. Ed è proprio un altro episodio, legato alla medesima iniziativa, che ci conferma nel nostro giudizio negativo espresso pocanzi: a Mugnai, subito dopo la conclusione del “Cine-giro”, un gruppo di giovani cattolici ha proposto un ciclo di film, mostrando in questo modo di aver colto lo stimolo insito nel nostro Statuto, in cui si legge che “il Circolo di Cultura Cinematografica ha per fine essenziale lo sviluppo e la diffusione della cultura cinematografica…”. Noi, infatti, crediamo che la pluralità di interventi offra maggiori garanzie di qualità e di democrazia, per cui siamo sinceramente contenti, allorquando altri organismi, o gruppi, avanzano delle proposte o realizzano progetti formativi interessanti e coinvolgenti, soprattutto per quel che concerne il settore cinematografico e degli audiovisivi in generale. Occorre anche ricordare che, accanto a proposte ben seguite, che ci hanno dato molta soddisfazione, ve ne sono state altre, che il pubblico ha disertato: intorno a queste abbiamo avviato tra di noi una lunga e dialettica discussione.

Per concludere questo primo intervento vorremmo già dire delle nostre iniziative future, ad esempio quella che interesserà particolarmente il mondo della scuola e l’uso corretto didattico dei mezzi audiovisivi, che in dettaglio presenteremo al Provveditore agli Studi di Belluno, all’ IRRSAE, al Consiglio Scolastico Distrettuale n.4, ai Direttori Didattici ed ai Presidi. La necessità di un approfondimento di studio su questi temi è tanta ed è comprovata da una parte dall’importanza che hanno assunto, e vanno assumendo sempre di più, i mezzi audiovisivi, dall’altra dall’imperizia della maggior parte degli operatori scolastici nell’essere in grado di adoperare correttamente tutta la più o meno complessa serie di attrezzature che, pur acquisite dai singoli Istituti, giacciono molto spesso inutilizzate negli sgabuzzini e nei sottoscala delle varie scuole.
Un’altra iniziativa, già preannunciata ufficialmente durante gli incontri di studio su Jean Vigo, riguarderà l’Avanguardia degli anni Trenta. Anche se la nostra particolare struttura associativa dovrebbe indurci a restringere il discorso su questi temi al solo ambito cinematografico, non potremo fare a meno di rivolgere la nostra attenzione a quei fenomeni artistici, musicali, letterari e filosofici che hanno contribuito notevolmente alla formazione di un’arte cinematografica, sempre più perfezionata tecnicamente, la cui piena comprensione oggi risulterebbe impossibile, senza la conoscenza di questi diversi apporti.
I lettori di “AREANORD” verranno informati con tempestività sulle prossime iniziative in calendario, che copriranno l’arco del prossimo anno della nostra attività.

=====giuseppe======maddaluno======feltre========28.06.1982

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nda: Nei mesi successivi mia moglie ebbe il trasferimento a Prato ed io la seguii con un’assegnazione provvisoria a Empoli. E tra Prato ed Empoli iniziarono altre storie.