PASSEGGIATE FLEGREE giugno 2018 – parte 5

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PASSEGGIATE FLEGREE giugno 2018 – parte 5

Staccarono il gancio che limitava il ristretto passaggio alle persone e tutti insieme da una parte e dall’altra fluimmo. Avevamo pensato di fare una puntatina al “mercato generale al dettaglio” più per godere della vista della molteplicità dei colori e dei prodotti agricoli ed ittici. Superato il passaggio a livello c’è il Tempio di Serapide, una sorta di centro commerciale archeologico risalete al periodo tra il I° ed il II° secolo dopo Cristo. In realtà era un mercato con vari spazi e piani; il nome è legato alla statuina dedicata alla divinità egizia Serapis di cui nel 1750 fu rinvenuta una traccia. Pozzuoli era una base fondamentale del commercio romano: fu il porto principale romano, sia commerciale che militare prima di essere sostituito in modo innaturale, artificiale, da quello di Ostia, che indubbiamente aveva altri vantaggi, essendo a pochi chilometri da Roma. Non è affatto strano che possedesse due anfiteatri e strutture commerciali a livello internazionale; e dunque non sorprende che vi fossero culti diversi all’interno di un sincretismo religioso invidiabile ai nostri giorni.
Andammo oltre verso la riva del porto dove avevamo intravisto una sfilza di banchi; vi ci dirigemmo, io con accondiscendenza passiva e disinteressata, Marietta con il desiderio femminile di acquistare oggetti e vestiario a prezzi oltremodo convenienti. Ne venimmo via senza acquisti: il sole cominciava a picchiare e ci inoltrammo attraverso il parcheggio del Mercato ittico generale verso il Mercato al dettaglio.
“Peppino!” una voce mi ricordò che mi chiamavo Giuseppe. Una voce femminile con l’accento puteolano. Una signora piccolina che non aveva rinunciato a chiamarmi con vigore pur essendo impegnata in una conversazione telefonica. “T’he fatte ‘e solde?” una modalità idiomatica per sottolineare la mia lunghissima assenza nei rapporti umani con lei. “Saie cu cchi sto parlanno? Peppino, ‘o figlie ‘e Rafele, ‘o cuggine nuosto” intuii che stesse parlando con il fratello Salvatore che da più lungo tempo non avevo incontrato. Baci ed abbracci e promesse di rivederci presto, scambio di telefono (forse già fatto in precedenza ma ripetuto a scanso di equivoci). Saluti con il desiderio sincero di rivedersi, ma…
Il mercato è sempre attrattivo ed alcuni banchi sono affollatissimi. A noi sono sempre piaciuti quelli solitari, appartati, dove puoi meglio scegliere i prodotti. E facemmo così anche quella volta con il risultato che avevamo acquistato quattro cinque chili di roba e dovevamo salire su da dove eravamo scesi. Ed il caldo era ormai asfissiante.
A pochi metri dal mercato c’è una sorta di “Terminal” degli autobus locali. Decidemmo di andarci. Ci fermammo a fare i biglietti e chiedemmo dove avremmo potuto prendere il mezzo per salire verso la Solfatara: una signora gentile bucò il muro con il suo dito per mostraci la direzione.

Pochi metri oltre alcuni autobus sostavano sonnolenti, in una controra certamente anomala, insieme ai loro conducenti. Nessuno di loro sapeva, e non intendevano sforzarsi troppo al di là di un cenno negativo. Decisi di rincorrere un autobus che stava miracolosamente spostandosi e mi rivolsi al conducente che emise il responso: “Signo’ avite aspittà quaranta minute”.

Marietta ed io ci guardammo scoraggiati e ci dicemmo che “forse” a quell’ora potevamo anche essere già a casa.

…fine parte 5…continua

Joshua Madalon

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