L’UOMO NEL FOSSO

 

L’UOMO NEL FOSSO

 

Oggi voglio dedicarvi due lettere di Antonio Gramsci collegate tra loro ed all’interno delle quali troverete un apologo: provate ad interpretarne il senso e incoraggiate voi stessi ed i vostri vicini (amiche ed amici, compagne e compagni) ad avere più fiducia nell’Intelligenza e nella Cultura contro i falsi “profeti”.

 
1° agosto 1932

Carissima Iulca,
ho ricevuto la tua lettera del 15 luglio. Ti ringrazio per il tuo scrivere frequente. Ho ricevuto le fotografie dei bambini e tua ed esse mi aiutano ad immaginare un po’ piú concretamente la vostra vita e a fantasticare meno. La tua ultima lettera mi ha dato anche una prova che le tue condizioni di salute sono migliorate; ho voluto rileggerla proprio come «referto»… medico e ho constatato che non c’è neanche un errore di ortografia e di lingua in generale. Ciò vuol dire che il tuo italiano è ancora solido e che il tuo processo di ideazione è ridiventato limpido e chiaro, senza dubbi, pentimenti, irrisolutezze, come non appariva essere precedentemente, almeno qualche volta. – Ricordi ancora quando ti ho raccontato la storiella dei rospi che si posano sul cuore degli addormentati in campagna? Sono appunto circa 10 anni: quante fanfaluche ti ho raccontato in quel mese trascorso al sanatorio! Nello scrivere la novellina dell’uomo nel fosso mi è ritornato alla memoria improvvisamente, e mi sono ricordato che allora ti era rimasto impresso con un accompagnamento di sensazioni comiche. – Anche ciò che scrivi di Delio e Giuliano e delle loro inclinazioni, mi ha fatto ricordare che qualche anno fa credevi che Delio avesse molta inclinazione per l’ingegneria costruttiva mentre pare che oggi questa sia l’inclinazione di Giulianoe Delio invece sia piuttosto portato alla letteratura e alla costruzione.

 

 

43bbe23868902043e2660941f5e60894_XL

 

 

 

 

Lettera del 27 giugno 1932, a Iulca

Carissima Iulca,

ho ricevuto i tuoi foglietti, datati mesi e giorni diversi. Le tue lettere mi hanno fatto ricordare una novellina di uno scrittore francese poco noto, Lucien Jean, credo, che era un piccolo impiegato in una amministrazione municipale di Parigi. La novella si intitolava In uomo in un fosso. Cerco di ricordarmela.

Un uomo fortemente vissuto, una sera: forse aveva bevuto troppo, forse la vista continua di belle donne lo aveva un po’ allucinato. Uscito dal ritrovo, dopo aver camminato un po’ a zig-zag per la strada, cadde in un fosso. Era molto buio, il corpo gli si incastrò tra rupi e cespugli; era un po’ spaventato e non si mosse, per timore di precipitare ancora più in fondo. I cespugli si ricomposero su di lui, i lumaconi gli strisciarono addosso inargentandolo (forse un rospo gli si posò sul cuore, per sentirne il palpito, e in realtà perché lo considerava ancor vivo). Passarono le ore; si avvicinò il mattino e i primi bagliori dell’alba, incominciò a passare gente.

L’uomo si mise a gridare aiuto. Si avvicinò un signore occhialuto; era uno scienziato che ritornava a casa, dopo aver lavorato nel suo gabinetto sperimentale. Che c’è? Domandò. – Vorrei uscire dal fosso, rispose l’uomo. – Ah, ah! Vorresti uscire dal fosso! E che ne sai tu della volontà, del libero arbitrio, del servo arbitrio! Vorresti, vorresti! Sempre così l’ignoranza. Tu sai una cosa sola: che stavi in piedi per le leggi della statica, e sei caduto per le leggi della cinematica. Che ignoranza, che ignoranza! – E si allontanò scrollando la testa tutto sdegnato.

Si sentono altri passi. Nuove invocazioni dell’uomo. Si avvicina un contadino, che portava al guinzaglio un maiale da vendere, e fumava la pipa: ah, ah! Sei caduto nel fosso, eh! Ti sei ubriacato, ti sei divertito e sei caduto nel fosso. E perché non sei andato a dormire come ho fatto io? – E si allontanò, col passo ritmato dal grugnito del maiale.

E poi passò un artista, che gemette perché l’uomo voleva uscire dal fosso: era così bello, tutto argentato dai lumaconi, con un nimbo di erbe e fiori selvatici sotto il capo, era così patetico! E passò un ministro di Dio, che si mise a imprecare contro la depravazione della città che si divertiva o dormiva mentre un fratello era caduto nel fosso, si esaltò e corse via per fare una terribile predica alla prossima messa.

Così l’uomo rimaneva nel fosso, finché non si guardò intorno, vide con esattezza dove era caduto, si divincolò, si inarcò, fece leva con le braccia e le gambe, si rizzò in piedi, e uscì dal fosso con le sole sue forze. – Non so se ti ho dato il gusto della novella, e se essa sia molto appropriata. Ma almeno in parte credo di sì: tu stessa mi scrivi che non dai ragione a nessuno dei due medici che hai consultato recentemente, e che se finora lasciavi decidere agli altri ora vuoi essere più forte.

Non credo che ci sia neanche un po’ di disperazione in questi sentimenti: credo che siano molto assennati. Occorre bruciare tutto il passato, e ricostruire tutta una vita nuova: non bisogna lasciarci schiacciare dalla vita vissuta finora, o almeno bisogna conservarne solo ciò che fu costruttivo e anche bello. Bisogna uscire dal fosso e buttar via il rospo dal cuore.

Cara Iulca, ti abbraccio teneramente.

gramsci-klOD--835x437@IlSole24Ore-Web

…a cura di Joshua Madalon

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *