PACE E DIRITTI UMANI – 23 (per la 22 vedi 31 agosto)

XXIII – 23
PACE E DIRITTI UMANI

…Prosegue l’intervento della Signora Liviana Livi, delegata di Amnesty International

Gli elevati tassi di errore sono risultati costanti in tutto l’arco di tempo considerato dallo studio ed in tutto il paese; oltre il 90% degli stati degli USA che emanano sentenze capitali presentano un tasso di errore superiore al 52%.
Relativamente agli stranieri nel braccio della morte alla fine di luglio Amnesty International ha pubblicato il rapporto “Mondi lontani violazione dei diritti dei cittadini europei nel braccio della morte” nei bracci della morte degli USA si trovano oltre 80 stranieri in attesa di esecuzione; il rapporto esamina i casi di 10 di essi, tutti cittadini europei. In violazione della convenzione di Vienna sulle relazioni consolari, sottoscritta anche dagli USA, nessuno di essi è stato informato successivamente all’arresto o durante la detenzione sul suo diritto a contattare il proprio consolato per chiedere l’assistenza; pertanto tutti sono stati processati e condannati a morte senza il beneficio dell’assistenza consolare che avevano diritto di chiedere e di ricevere. In molti di questi casi un tempestivo accesso all’assistenza consolare avrebbe potuto evitare la condanna a morte. I casi presentati nel rapporto illustrano molte delle storture intrinseche nell’applicazione della pena di morte negli USA: prove riguardanti l’iniquità del processo emerse dopo la condanna; rappresentanza legale sotto pagata, o inadeguata, condotta scorretta da parte delle autorità; incompetenza mentale, innocenza provata dai fatti. Sono tutti elementi che caratterizzano procedure che si collocano in maniera inaccettabile al di sotto degli standard stabiliti dal diritto internazionale in materia di diritti umani. Quanto ai sondaggi di cui accennavo anche prima: il “sì” alla pena di morte è sempre meno forte, come dimostrano alcuni recenti sondaggi. Secondo un sondaggio condotto dall’istituto di ricerca Eldes su un campione di 1000 persone tra il 13 ed il 17 luglio (ndt.: vi ricordo che siamo nell’anno 2000), il 64% degli intervistati si è dichiarato a favore della pena di morte, a fronte del 75% del ’97 e del 71% del ’99. Per Afri Taylor, direttore dell’Istituto Eldes, il dibattito sulla qualità della giustizia nei processi capitali, il rovesciamento di diverse condanne a seguito di test sul DNA e la moratoria sull’esecuzione in Illinois hanno influito sull’atteggiamento del pubblico. Il 94% degli intervistati ritiene che siano stati condannati a morte degli innocenti, mentre solo il 44% contro il 47% del ’99 pensa che la pena di morte abbia un effetto deterrente. Alla fine di luglio il “Wall Street Journal” e la NBC hanno condotto un altro sondaggio sulla pena di morte. Alla domanda “in base alla sua conoscenza ritiene che la pena di morte sia applicata in modo equo?”, il 42% degli intervistati ha risposto “sì” ed una analoga percentuale “no”; alla domanda “sarebbe favorevole ad una sospensione della pena di morte per studiare il problema della sua equità?” il 63% ha risposto “sì” ed il 30% “no”. Infine il terzo e più significativo sondaggio condotto da 2 istituti di ricerca legati rispettivamente ai democratici e ai repubblicani, ha rivelato che l’80% degli intervistati è a favore di una riforma o dell’abolizione della pena di morte, e che il 64% ritiene che le esecuzioni debbano essere sospese fino a quando non siano stati chiariti e risolti tutti gli aspetti relativi all’equità del sistema capitale.

Fine XXIII – 23