PACE E DIRITTI UMANI XXIV – 24 (per la 23 vedi il 12 settembre)

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PACE E DIRITTI UMANI
XXIV – 24

Inoltre, l’89% degli intervistati è a favore dello svolgimento di test del DNA. L’83% ritiene che sia fondamentale l’accesso ad un avvocato competente ed esperto e, ancora più importante, il 55% pensa che non sia sufficiente consentire un esame del DNA se non si garantisce al condannato a morte l’accesso ad un avvocato competente ed esperto. Il 69% degli intervistati si dichiara preoccupato per il rischio di giustiziare un innocente, mentre solo il 24% lo è del rischio che un colpevole riesca ad evitare la condanna a morte.
Quanto ai prigionieri con malattie mentali, dei 38 stati che mantengono in vigore la pena di morte sono solo 13 quelli le cui leggi proibiscono le esecuzioni di persone che hanno un ritardo mentale: un analogo divieto è contenuto nelle leggi federali sulla pena di morte. Dalla reintroduzione della pena di morte nel 1976 sono stati giustziati almeno 35 prigionieri con malattie mentali. L’esecuzione di minorati mentali viola la risoluzione 1989, n. 64 del Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite, adottata appunto il 24 maggio 1989, concernebte le salvaguardie a garanzia della protezione dei diritti umani di coloro che rischiano la pena di morte. Questa risoluzione raccomanda che gli stati membri delle Nazioni Unite non ricorrano alla pena di morte per le persone che soffrono di ritardo mentale o hanno una competenza mentale estremamente limitata.
Vi sono anche casi di condannati amorte volontari, ad esempio l’esecuzione di Dan Patrick Auser in Florida. Dopo un temporaneo rinvio disposto da un giudice distrettuale il 25 agosto scorso ha avuto luogo in Florida l’esecuzione di Dan Patrick Auser un uomo la cui vita era stata segnata dalla malattia mentale e da numerosi tentativi di suicidio. La Corte d’Appello federale dell’undicesimo circuito ha respinto il ricorso dell’avvocato Gregory Smith, secondo il quale il prigioniero non era mentalmente competente né in grado di prendere decisioni sul proprio destino. Auser, condannato a morte nel 1995 per aver assassinato una donna in un motel, aveva chiesto che nulla impedisse la sua esecuzione e aveva licenziato un precedente avvocato che intendeva dimostrare che il suo cliente aveva volutamente esagerato i particolari macabri dell’omicidio per ottenere la condanna a morte. “Questa condanna a morte non valida poiché si basa su falsità prodotte dal signor Auser nel tentativo di sovvertire il corso della giustizia e coinvolgere lo stato nel suo grandioso tentativo di suicidio” aveva dichiarato l’avvocato. Amnesty International si oppone alle esecuzioni dei “volontari”, considerandole come un suicidio assistito dallo Stato. Il fatto che sia un condannato a decidere di morire non significa che l’esecuzione sia meno crudele o che la responsabilità dello Stato sia minore: la decisione di un prigioniero di accelerare la propria fine può rappresentare un’ultima disperata risorsa per porre termine nel più breve tempo possibile alla sofferenza ed alla attesa angosciosa, o più semplicemente può essere la conseguenza di una malattia mentale che dovrebbe essere adeguatamente curata: Auser è stato il settantaduesimo “volontario” messo a morte dal 1976, anno della ripresa delle esecuzioni.
Io ho finito: vi ringrazio per avermi ascoltato.

Termina qui l’intervento della signora Liviana Livi, delegata di Amnesty International di Prato

Riprende a condurre la serata il prof. Giuseppe Maddaluno, coordinatore delle Commissioni Scuola e Cultura delle cinque Circoscrizioni del Comune di Prato

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