5 luglio – A un giovane compagno – e ai giovani – 1

  • Quel che scrivo è il “mio” pensiero; so tuttavia che molti dei passaggi che qui sotto si snodano sono stati condivisi con altri compagni; a loro riservo lo spazio per consentire o dissentire –
  • Chiamare questo nuovo progetto “Agorà” è un’ottima maniera per riprendere a discutere. Tra l’altro mi viene alla mente che la “piazza” greca era anche il luogo delle “memorie” e questo ultimo “tempo sospeso” ci ha privato di alcuni compagni ed amici che propongo di ricordare con delle iniziative “ad hoc”

Come si addice ad un “guitto”, “andiamo a principiare” puntualizzando alcuni aspetti.

Così come è accaduto nelle società liberticide, il pensiero critico anche in una realtà come la nostra, “costituzionalmente” democratica, prima di essere del tutto ridotto al silenzio, in modo ipocrita viene emarginato, sottovalutato, deriso. I portatori della verità consolidata cominciano con l’affermare che “non condividi quasi o del tutto più nulla della linea del gruppo”; poi lentamente ci si allontana fino a quando le distanze, pur se sempre brevi dal punto di vista fisico, appaiono siderali.

E’ pur vero che per quanto mi riguarda avevo in mente un Partito come un luogo nel quale costruire progetti di speranze, utili a sopperire alle naturali mancanze di una società sempre meno generosa, sempre più tendente all’individualismo di persona o di piccolo gruppo (la famiglia, il clan, la lobby). Fino a qualche anno fa esistevano dei “luoghi” dove poter partecipare senza dover necessariamente essere invitato o essere “parte” di un gruppo precostituito. Questi erano “le Circoscrizioni” e, prima di queste, i Quartieri. Nei secondi la partecipazione era più diretta e meno viziata da interessi di leadership e quindi c’era una maggiore libertà. I primi apparivano consessi comunali in miniatura e costavano molto di più dal punto di vista dei “bilanci”; era un elemento che tuttavia consentiva di “far parte” di una visione complessiva della Città inserendo però elementi che fossero caratterizzanti dei territori periferici. Per quel che mi consta, sul piano “culturale” ciò consentiva di creare degli stimoli consentendo alla Città nella sua complessità di non avere una visione accentrata ma policentrica e proiettata verso i margini.

Una delle motivazioni più forti per procedere verso la chiusura di quella esperienza è stata quella “economica”. Ma non c’è alcun dubbio che la decisione è stata presa proprio per limitare quella pratica di partecipazione e di libertà che veniva attuata sui territori. “Lentamente” si è condotta quella esperienza alla consunzione e la realtà palese denuncia i contorni del misfatto: sui territori già ben prima della pandemìa non vi erano più luoghi deputati alla discussione reale, concreta.

Non ho mai fatto mancare la mia voce, pur limitata ad un Blog; in questi anni alcuni di voi mi chiedevano di riprendere a camminare “insieme”. Ma non c’erano le condizioni per poterlo fare, nell’avvertenza che anche un piccolo contributo potesse essere utile a modificare pur con piccoli passi quegli aspetti considerati da me critici e tassativi, in primo luogo il riconoscimento della giustezza delle motivazioni che mi hanno visto allontanare.

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