30 luglio – un recupero strumentale – continua il post di ieri 29 luglio

C’è consapevolezza o un nuovo tatticismo deleterio?

L’Assemblea nazionale del Partito Democratico del 14 marzo 2021 ha espresso praticamente all’unanimità (860 favorevoli 2 contrari e 4 astenuti) l’assunzione alla carica di Segretario di quel Partito da parte di Enrico Letta, chiamato a gran voce a sostenere quel ruolo da più parti, dopo le irrevocabili scelte di Nicola Zingaretti. Non illuda l’unanimismo, se dietro di esso si nasconda l’urgenza di trovare una sorta di “re Travicello”, un semplice simulacro per tacitare gli animi veementi ed inclini all’indisciplina. Per quanto io sappia, Enrico Letta non sorreggerà tali inclinazioni. Pur tuttavia bisogna avviarsi a trovare una pur minima risposta a quella domanda che ho inserito nel sottotitolo.

Subito dopo il discorso “programmatico” del nuovo Segretario si è aperto il confronto intorno ai temi che egli ha proposto e che sono stati annunciati come un “vademecum” che da lì a poco avrebbe fatto pervenire ai Circoli. Il titolo è “CONSULTAZIONE” il sottotitolo “Progressisti nei contenuti, riformisti nei metodi, radicali nei comportamenti” e poi 21 punti estremamente sintetici su cui dibattere.

Uno dei rischi che si corre quando c’è un “nuovo” leader è che, intuito il cambiamento del “vento”, ci si lasci trasportare in quella direzione. E forti dubbi ci sono in tal senso ed in queste ore: il dibattito sta evidenziando una sfilza infinita di pentimenti. Sembrano, in tanti, forse troppi, riconoscere gli errori, la presunzione di autosufficienza, la sottovalutazione delle critiche “pragmatiche non ideologiche” e la scarsa capacità espressa nell’aprirsi alle contaminazioni.

La resipiscenza “a chiamata” indotta da eventi non governati non è un buon segno. Significa che non si è stati in grado di esprimere al tempo debito il proprio dissenso, moderato o radicale che fosse. Questo atteggiamento significa, per me, che sono un eretico, che si privilegiano le posizioni acquisite e si opzionano miglioramenti. Non è un buon segno quando ci si appresta a seguire una nuova scia, affermando di condividerla senza che sia stata precedentemente affermata in modo chiaro e deciso.

Questo è ovviamente uno degli elementi di riflessione su cui avviare la ricostruzione di “un partito più aperto, inclusivo e partecipato”, per far sì che vi siano più “volti” veri che “maschere”; che sia possibile andare alla formazione di un partito che come “modello democratico” sia “capace di sfruttare le grandi opportunità offerte dall’innovazione digitale”; che abbia come obiettivo primario “il rapporto con i territori” e possa essere identificabile come “partito della prossimità”; che proprio per questo sia in grado di attivare una “economia della condivisione” con “il rafforzamento dei corpi intermedi”; che sia in grado di produrre un moto virtuoso nella società rendendola sempre “più inclusiva”.

Tutto questo…e altro sarà possibile soprattutto se quella “resipiscenza” non sia in possesso di un valore occasionale e strumentale, come in quel mio sospetto. A tale proposito, aprirsi dovrà significare essere capaci di produrre attrazione, e per far questo bisognerà essere in grado di dover fare non solo come segno simbolico dei passi indietro per consentire a chi entra o rientra di poter avvertire sincero interesse, ma anche non limitarsi ad un semplice strumentale consenso paternalistico.

Breve promemoria per un confronto aperto inclusivo e partecipato

  • Ripresa di una progettazione di un “nuovo Decentramento” non solo ma anche “volontario”
  • Elaborazione di una “identità” periferica facendo riferimento a progetti avviati nel passato recente (vedi “La Palestra delle Idee” e “Trame di Quartiere”)
  • Utilizzo delle potenzialità individuali da inserire in una nuova visione collettiva
  • Revisione dei Piani strategici urbanistici alla luce degli eventi drammatici (pandèmici e non solo)
  • Accelerazione di un processo di pubblicizzazione dei presidi sanitari
  • Creazione di strutture culturali periferiche al passo dei tempi e non velleitarie ed improduttive, partendo da quelle eventualmente esistenti inutilizzate già da tempo