reloaded post 18 marzo 2017 – “NON POSSUMUS” e non abbiamo scherzato!

reloaded post 18 marzo 2017 – “NON POSSUMUS” e non abbiamo scherzato!

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Non possumus

Chissà quante volte sono stato ipocrita, nascondendo a me stesso la realtà dei fatti e scendendo a piccoli compromessi: me lo chiedo, convincendomi che non ne ho più voglia di agire oltre quelle che sono le mie convinzioni. Anche se la confusione regna sovrana ed, a chi mi chiede come va, rispondo che non ho più lacrime, rivelando tuttavia che il mio è soltanto un modo di spiegare parte della mia disperazione. C’è il vuoto nella politica che spesso viene temporaneamente riempito da chi vuole approfittarne per tornaconti più o meno personali. Era bella la Politica, per me, quando mi impegnavo senza avere particolari obiettivi che non fossero quelli, e sì lo devo ammettere, di elevazione “personale” dal punto di vista della conoscenza. Certamente, io sono abbastanza estraneo agli sgomitamenti per ottenere questo o quel vantaggio; di fronte al gorillaio timidamente mi metto da parte. Non fa per me: sono strafelice quando riesco a costruire progetti culturali senza avere sostegni al di là dei sorrisi e delle collaborazioni di amiche ed amici. Questa è la mia vita, che dirvi? Non mi si chieda di fare ciò in cui non credo. Non posso.

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PRIMA GLI ITALIANI! Un’introduzione socio-antropologica al tema….

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PRIMA GLI ITALIANI! Un’introduzione socio-antropologica al tema…. (seconda parte)

Un preambolo reso necessario dalla difficoltà che hanno mostrato alcuni lettori (i pochi che mi seguono) a comprendere il senso del titolo. Ho la sensazione anche che non abbiano però avuto la pazienza di leggere tutto il post fino in fondo. Allora vi dirò pensando di parlare davvero a pochi che c’è dell’amara ironia in quel titolo che richiama lo slogan preferito dalla Destra sovranista. In fin dei conti, sono convinto che nulla cambia se non cambiano gli italiani!

Le due foto riportano un’indicazione relativa al divieto di “sputare per terra” – norma igienica necessaria in un consesso civile. A Prato con l’arrivo dei cinesi che utilizzano questa pratica a loro modo necessaria molti nostri concittadini la rilevano come forma tipica di inciviltà “etnica”. Tuttavia quella stessa pratica è molto diffusa tra i ceti popolari autoctoni. Anche in questo caso occorrerebbe sanzionare complessivamente e non in linea unidirezionale tale comportamento!

La nostra “italianità” va difesa, certamente, ma sarebbe anche più urgente impegnarci a costruire una società maggiormente rispettosa delle regole, meno incline a valorizzare le furbizie e le trasgressioni, meno isterica nei rapporti con le altre comunità, alle quali spesso “indebitamente” richiediamo che rispettino quelle regole che noi stessi non siamo sempre pronti ad osservare diligentemente.

E’ quasi ovvio che qualora una forza politica avanzasse la proposta di sviluppare un’azione pedagogica che riducesse fino al limite massimo gli elementi negativi di carattere quasi ormai connaturati nella cosidetta “italianità”, l’insuccesso sarebbe inevitabile. Ed è per questo che nessuna delle forze politiche che conosciamo prova a proporre nulla che possa essere perlomeno accostato a quell’idea.
E’ evidente che utilizzo un paradosso, ma è anche molto chiaro che la mia è una visione pessimistica globale. Non nutro peraltro fiducia alcuna nelle attuali forze politiche egemoni all’indomani delle elezioni. Ed allo stesso tempo non sono in grado di riprendere fiducia pensando a Partiti presenti e futuri che rappresentino idee ed ideologie che siano a me congeniali.
Assumo per dimostrare l’impossibilità di un cambiamento uno degli aspetti che ha permesso al Movimento 5 Stelle di raggranellare migliaia e migliaia di voti: la proposta del “reddito di cittadinanza”. Non intendo pormi in opposizione netta e ottusa come farebbe un bambino nel rifiutare pregiudizialmente un cibo, ritenuto gustoso e nutriente da parte dei genitori. Ma comincio il mio ragionamento chiedendo a me stesso: “Perché mai una soluzione così “intelligente” del problema della sopravvivenza di chi si trova temporaneamente in indigenza non è stata approvata da chi ha finora governato?”. Risponderei da cialtrone dicendo che non trovo “intelligente” tale proposta ed urterei doppiamente la sensibilità delle persone che ci hanno creduto e di quelle che lo hanno proposto, anche se per queste ultime nutro scarsa stima, e lo spiegherò meglio, riportando l’attenzione su quanto dicevo nell’Introduzione. Allo stesso tempo assegno la patente di “intelligente” a chi finora, affidandosi al pragmatismo, non ha provato ad affrontare il problema dell’indigenza con quella modalità. Non credano – questi ultimi però – di cavarsela senza essere redarguiti. E lo capiranno subito dopo.

….continua….

Joshua Madalon

MARTEDI’ 20 MARZO ORE 17.30 – EMILIA BERSABEA CIRILLO a Firenze per presentare il suo libro di racconti “Potrebbe trattarsi di ali” L’Iguana editrice – al Giardino dei Ciliegi via dell’Agnolo 5 insieme a Maria Ester Mastrogiovanni

MARTEDI’ 20 MARZO ORE 17.30 – EMILIA BERSABEA CIRILLO a Firenze per presentare il suo libro di racconti “Potrebbe trattarsi di ali” L’Iguana editrice – al Giardino dei Ciliegi via dell’Agnolo 5 insieme a Maria Ester Mastrogiovanni

Mentre ci occupiamo di Politica ritornano i vecchi amori letterari. Ho conosciuto Emilia qualche anno fa nel corso di una Edizione di “Libri di terra libri di mare” nei Campi Flegrei – in quell’occasione lessi tutto d’un fiato, di notte come sono ancora abituato a fare, il suo “Gli incendi del tempo” e lo presentai a Villa Cerillo di fronte al bellissimo panorama di Bacoli con il Mare Morto, Miseno e Procida. Oggi per invitarvi a partecipare all’evento che si svolgerà a Firenze martedì prossimo (la presentazione a cura di Maria Ester Mastrogiovanni del libro “Potrebbe trattarsi di ali”) vi ripropongo “temporaneamente” in attesa di poter scrivere sul racconto che dà il titolo alla raccolta la mia umile recensione già pubblicata su questo Blog de “Gli incendi nel tempo”.

Gli incendi del tempo

 

Cirillo

 

E’ lo scorrere della vita, della vita e del tempo quello che si respira nei 7 racconti che Emilia Bersabea Cirillo ha voluto regalarci in “Gli incendi del tempo” edito nel 2013 da “et al.”, una casa editrice voluta da Sandro D’Alessandro, mancato purtroppo all’improvviso lo scorso 10 ottobre.
Fu proprio lui a scegliere il nome della casa editrice per rendere omaggio al lavoro collettivo che sottende alla produzione di un libro. La sua è una figura alla quale occorrerebbe rendere omaggio in una delle prossime occasioni pubbliche; anche per ricordare quanti piccoli oscuri ma importanti editori in occasioni come questa del Festival della Letteratura nei Campi Flegrei propongono lavori di altissimo livello, come quello su cui voglio parlare.

Il mondo che è rappresentato dalla Cirillo è di certo riferito ai versi introduttivi di Paul Celan dai quali, a delinearne la sintesi, è tratto il titolo del libro.
Sono racconti che parlano di amori resi eterni ma impossibili come quello di Adriana per Leo nel primo dei sette – per l’appunto “Gli incendi del tempo”. Ci sono fiamme accese che vanno tuttavia per inerzia spegnendosi come si va consumando l’esistenza della giovane ormai non più in grado di mostrare passioni verso colui che amava e che scelse strade diverse ed irrazionalmente tragiche negli anni Settanta, gli “anni di piombo”. Leo ritorna dopo vent’anni (siamo all’incirca alla fine degli anni Novanta) ma non è più la stessa cosa: la vita per Adriana continuerà nella sua ordinata monotonia. In altri racconti il tema è quello “comune” di emigrati ed immigrati con le loro storie diverse e simili nella condizione precaria che li costringe ad una vita difficile.

“Diverse”, anche perché in “Capo lavoro” il protagonista Nicola (Sacco come il più famoso “anarchico” che, insieme a Bart Vanzetti, aveva subito una triste sorte da emigrato negli States) trova lavoro in Germania ma non desidera ritornare nella sua terra, Torre Annunziata, dove la malavita ha violentato la moglie.
Ed uno dei temi che ricorre, anche nel racconto tragico ed onirico “Sogno di sabbia”, è la difficoltà di ambientarsi in terre diverse e lontane ed in ambienti faticosi ed ingrati fra persone umili ma anche fra gente arrogante ed insensibile. Non è diversa la condizione della protagonista in “Il violino di Sena”, storia di una bosniaca rifugiata in Italia, scelta da lei che è violinista ed il marito grafico – per la sua arte e la sua musica; ma nel racconto non esiste più la speranza di un mondo di pace e di solidarietà e si affacciano immagini di distruzione e di morte. Negli altri racconti troviamo i ricordi che ritornano a bussare alla nostra porta e ci offrono momenti di profonda nostalgia come accade a Mimma ne “Gli infiniti possibili”; oppure, come avviene in “Ocean” è la “bellezza” scoperta così per un caso fortuito a sconvolgere l’esistenza di Sabina. La presenza di immigrati, positiva per il servizio che rendono alle nostre famiglie, ritorna nell’ultimo epico e lirico racconto (“Tutto il suo”) di una “vita” colta nella parte terminale di essa, in assoluta serenità e compostezza: la musica diventa qui elemento centrale ma la sua presenza è diffusa anche in altri racconti già citati (“Il violino di Sena” e “Gli infiniti possibili”). Sono, dunque, episodi apparentemente separati nei quali è la vita che pulsa; è il tempo che scorre fino alla sua naturale conclusione. Anche la lettura è apparentemente facile (la prosa è lineare, scorrevole e ti prende per mano); ed è infatti la rilettura, che ho già spiegato come mio metodo di analisi in uno dei post precedenti, a consentirci una migliore comprensione. “Gli incendi del tempo” è un libro che avrei consigliato volentieri di leggere ai miei studenti, se non fossi in pensione.

Joshua Madalon