DELINQUEN-BULLI E DOCENTI: entrambi “vittime” in pasto all’opinione pubblica

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DELINQUEN-BULLI E DOCENTI: entrambi “vittime” in pasto all’opinione pubblica

Negli ultimi giorni, come spesso capita per le notizie per le prime pagine, quelle che devono “apparire” (oltre modo) eclatanti allo scopo di attirare una maggiore “particolare” attenzione da parte dei lettori, c’è stato il boom delle vicende scolastiche di cui sono protagonisti “attivi” dei piccoli delinquen-bulli e passivi dei miseri docenti incapaci di gestire quella parte della classe restia a convivere civilmente con la Conoscenza e la Cultura.
Non so quale sia la preparazione culturale di quei docenti; non metto in dubbio che abbiano potuto superare degli “step” poderosi. Nutro invece dubbi sulle modalità concorsuali con cui si accede al lavoro della docenza. Per insegnare non occorre, come invece continua a proporre la Politica del nostro Paese, conoscere a menadito percorsi e personaggi della “Divina Commedia” né i passi fondamentali di grandi romanzi e non basta sapere perfettamente risolvere, semmai con l’utilizzo di lingue straniere, complesse operazioni matematiche o addentrarsi nelle discussioni dogmatiche filosofiche. E potrei andare avanti nozione per nozione ed abilità per abilità toccando perfino tematiche burocratiche inutili. E non proseguirei di un millimetro a risolvere il “problema” di fondo, che è sostanzialmente la capacità di creazione di un rapporto empatico basato soprattutto, questo sì, sulla modalità di trasmissione “divertente” e colta dei propri saperi, che anche per il docente finiscono per crescere, ai propri temporanei allievi.
Ci troviamo quindi di fronte a due tipi di “vittime”: le prime, gli studenti in oggetto (per fortuna pochi) che non possedendo valori etici positivi, spesso a causa di un background ambientale e familiare che li sostiene in tal senso, comunicano il loro disprezzo per la Conoscenza e per il Sapere in quel modo orribile; le seconde, i docenti, impreparati a fronteggiare le conseguenze di quel degrado morale civile e culturale, le subiscono in modo diretto.
Ed entrambe le vittime subiranno conseguenze in definitiva ingiuste, proprio in quanto dovrebbe essere lo Stato a far sì che questo progressivo abbassamento del livello etico si fermi: non uno Stato “polizia” come successivamente agli “eventi” finisce per essere (con il comminare sospensioni ed allontanamenti, bocciature e censure reprimende) ma uno Stato “paterno” severo non accondiscendente ma educante, che sappia guidare, consigliare, prevedere. Questo ruolo non lo può avere la Scuola, non ne è in grado e non lo dovrà essere: non si può supplire (come troppe volte si pretenderebbe) al ruolo dei genitori né a quello dell’assistenza sociale (laddove i genitori concretamente non possono esserne capaci). La Scuola ha fini di carattere formativo sulle competenze; a partire da queste “si può” incidere sul carattere, aiutandolo. Ma è un compito molto delimitato.
Lo Stato fin qui ha mostrato la sua incapacità a gestire i cambiamenti antropologici connessi alle nuove tecnologie e soprattutto non ha retto al diffondersi di nuove e più dure “povertà”. Una società abbrutita dall’apparire e dal successo apparentemente facile ha ridotto al lumicino il fascino dell’insegnamento, costringendo alla burocratizzazione di quel lavoro, inaridendone ed avvelenandone le “fonti”.
Tendenzialmente sarei pessimista sulle soluzioni, ma “bisogna” essere ottimisti per fare forza alla “volontà” come diceva, ispirandosi a Romain Rolland, il nostro Antonio Gramsci.

Joshua Madalon

Altro tema è quel che accade con il personale della scuola violento sui minori! anche se è uguale segno del degrado morale civile e culturale del nostro Paese.

pessimista-ottimista-volonta