14 giugno – L’OCCHIO DELLO STRANIERO – 2

L’OCCHIO DELLO STRANIERO – 2

Non che sia stato silente in questi mesi. Ho espresso il mio pensiero, forse “limitato” dalla difficoltà di un  riscontro, anche sapendo di essere “parte” di una “parte”. Anche in periodi “normali”  gestendo la mia anima “politica” ho dissentito da una certa forma di dogmatismo, secondo la quale il “rosso” è sempre e solo “rosso” (e deve essere “così…e così…e così” – ricordate “Filumena Marturano”?) e il “nero” è sempre e solo “nero”.

Ciononostante ho la presunzione, tipicamente dogmatica, di possedere una “parte”, almeno, di verità. Non quella assoluta ed indiscutibile, ma pur sempre “verità” (una “parte”, però!).  C’è stata nel periodo del blocco totale dovuto alla pandemìa una sorta di frenesia, una specie di reazione schizofrenica mai pericolosa, una messa in prova di una forma di resilienza che ci faceva sperare un “cambiamento”, necessariamente “in meglio”, si intende! Anche perché l’amnesia sui “tempi” appena precedenti a quelli che si vivevano non poteva ancora colpire la nostra memoria. E non erano stati giorni, settimane e mesi positivi per la nostra economia e conseguentemente per il mondo del lavoro. E quindi fondatamente si sperava che peggio di come era prima difficilmente poteva essere; “ne usciremo tutti migliori” si favoleggiava, e d’altra parte era comprensibile il desiderio di un corrispettivo consolatorio alle restrizioni.

Il “mondo” produttivo era semi paralizzato; chi possedeva un contratto di lavoro veniva aiutato dalle previdenze strutturali, ovviamente in base a quanto ufficialmente dichiarato. Non dico altro; tanto anche in questo caso tutti sanno che la mia è solo una visione di “parte”, di “parte” di una “parte” e quindi molto minoritaria. E continuando a vivere questa esperienza un po’ alla volta ne stiamo emergendo, ma – a me sembra – non vi è stato un cambiamento in positivo. Anzi! Pur tuttavia, voglio “sognare”!

Da osservatore libero e scevro da sovrastrutture mi sono permesso di argomentare intorno ai temi del lavoro in un’area come quella del Distretto pratese dove, come ben si sa, da sempre e dappertutto il rapporto tra committente e prestatore d’opera (padrone e operaio) è stato improntato su un piano di profonda ed immensa correttezza nel rispetto delle regole in tutto e per tutto. Qui l’operaio, anche quello apparentemente meno garantito(l’apprendista, quello in prova, quelli che svolgono le mansioni più umili, i dipendenti delle cooperative), è profondamente rispettato e dignitosamente remunerato. Laddove c’è un dubbio per una presunta possibile ingiustizia, tutti (al di là dei padroni, i Sindacati e gli Enti locali, in primo luogo i Sindaci, no?) si prodigano per ascoltare  e si impegnano a chiarire il tutto e a farsi in quattro per risolvere le problematiche. E già, anche perché le “macchine” sono state ferme per tanto tempo ed un po’ di ruggine anche loro l’hanno accumulata, e potrebbero non funzionare a dovere. Ma su tali questioni c’è chi ha specifiche funzioni, sorveglia con grande cura e sollecitudine su queste inefficienze e certamente non permetterà che un operaio possa correre il rischio di ferirsi o, peggio, perdere la vita.

Vi chiedo di non considerare la mia riflessione come ironia. Piuttosto è una indignazione ed un atto di accusa contro l’Ipocrisia al Potere (Imprenditoria, Sindacati, Potere locale).