27 GIUGNO – IN RICORDO DEL “POETA” PIER PAOLO PASOLINI – parte 6 – atti di un Convegno del 2006 – (per la parte 5 vedi 28 maggio)

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Prosegue l’intervento dell’Assessore alla Cultura del Comune di Prato, prof. Andrea Mazzoni

Quindi però se è vero, come diceva Maddaluno, che non ci dobbiamo forse chiedere che cosa avrebbe detto Perché le situazioni veramente cambiano, credo che sia comunque importante e forse siamo qui in qualche modo anche per questo, chiedersi se le cose che ha detto Pasolini in quegli anni parlano ancora all’Italia di oggi. Questo credo che sia il nucleo importante poi di una riflessione su una vicenda intellettuale, culturale passata necessariamente, datata per tanti aspetti, ma che ha diciamo un tesoro, un lievito, un patrimonio di idee, anche di provocazioni che credo non abbiano assolutamente esaurito la loro spinta propulsiva anche qui per un usare un termine che in certo dibattito culturale di qualche anno fa ha avuto il suo peso. Ecco quindi la spinta propulsiva di questo intellettuale scomodo, di questo corsaro credo che non sia assolutamente venuta meno, in particolare per quel suo denunciare e andare alla ricerca delle responsabilità del degrado antropologico degli italiani, che poi questo insomma era il tema fondamentale della riflessione di Pasolini fin dalle sue origini, fin dalla sua nascita, fin dalle sue prime esperienze friulane. Io, fra l’altro, ho avuto la ventura di fare i miei primi due anni di insegnamento in Friuli e devo dire che questo tema del rapporto tra Pasolini giovane e quello che restava e che continuava a lievitare e maturare del suo insegnamento nei confronti dei

giovani, insomma ecco lì si respirava fortemente. Tra l’altro so che anche Sandro Bernardi ha avuto rapporti di collaborazione con Cinema Zero, mitico luogo diciamo sicuramente evocativo di spirito pasoliniano. Quindi anche lui capirà bene che cosa voglio dire con questo riferimento.

Quindi questo tema della responsabilità e del degrado antropologico degli italiani con una attenzione particolare a quella che poteva essere la speranza per il superamento di questo degrado. Oltre alla denuncia delle responsabilità anche l’indicazione di quelli che potevano essere e che credo possono essere ancora i terreni su cui superare questo limite. E quindi ovviamente in primo luogo il tema della responsabilità al contrario che c’è un problema della responsabilità e del degrado, ma c’è il problema che probabilmente questo degrado si supera attraverso l’acquisizione di un senso di responsabilità civica. E credo che questa sia una riflessione che nel sessantesimo della nostra Repubblica, tra l’altro, assume anche dei connotati sicuramente di maggiore attualità. E tra le risposte, tra le speranze che Pasolini individuava c’era sicuramente il mondo dei giovani, le potenzialità che sono insite nelle nuove generazioni.

Io mi sono segnato qui una frase di Pasolini, scritta in uno dei suoi dialoghi su Vie Nuove, poi apparsa nella raccolta di scritti “Le belle bandiere”. E’ una frase del 16 luglio 1960, pochi giorni dalla vicenda dell’insurrezione di Genova sotto il Governo Tambroni, il Congresso del Movimento Sociale Italiano, la generazione dei giovani con le magliette a strisce come vennero etichettati.

Pasolini scriveva in questo suo scritto su Vie Nuove: “non può esistere una crisi della gioventù, l’unica sua crisi è una crisi di crescenza”. E ci dava una indicazione precisa, esatta su chi ci può aiutare a far crescere un paese, su chi può dare risposte di responsabilizzazione, di assunzione di responsabilità nei confronti di una responsabilità pregressa che ha portato al degrado antropologico degli italiani.