30 giugno – DA GIOVANE: LA SENSIBILITÀ AMBIENTALISTA, STORICA E CULTURALE – decima parte – 7 e ultima (Trenta più cinquanta fa “Nouvelle Vague”) – per la parte 6 vedi 10 giugno

Certo, non si può dimenticare neanche il particolare grande impegno di Renoir (ma non fu il solo!) nella costruzione di una poetica cinematografica propria del Fronte Popolare francese (1934-1938); erano anni di grandi speranze di cambiamento, rese vane poi dalla mancata coesione nell’ambito della Sinistra ma anche dall’incalzare degli avvenimenti internazionali.

in Carnè ritroviamo alcuni elementi essenziali di questa “sconfitta storica” nel suo accentuato pessimismo, fatalismo e senso della tragedia, in cui il sogno e la fantasia finiscono con il soccombere sotto il peso della realtà. I personaggi di Carnè, infatti, vorrebbero partire ma non hanno una meta sicura, vorrebbero cambiare la realtà ma sono consapevoli che ciò risulta impossibile: questa doveva essere proprio l’aria che si respirava nel 1938-39, all’indomani della caduta del Fronte Popolare ed alla vigilia delle operazioni belliche che precederanno la seconda guerra mondiale e l’occupazione nazista.

I film di Carnè visionati sono stati purtroppo quelli meno adatti a delineare questo suo aspetto peculiare: sono mancati sia “Quai des brumes” che “Le jour se lève”, proprio a causa della loro indisponibilità. ma si può dire per consolarci con il senno del “poi” che, essendo questi tra i più diffusi prodotti della filmografia di Carnè, è stato meglio così, perché abbiamo visto film che non passano sui nostri schermi domestici, come “Jenny” ed “Hotel du Nord”.

Nell’ambito della Rassegna una giornata è stata dedicata ad esponenti meno famosi, ma altrettanto importanti e prolifici come Feyder e Duvivier. Di quest’ultimo, presentando “La belle équipe”, si è voluto rendere un ulteriore omaggio all’atmosfera euforica ed ingenua che caratterizzò il primo periodo del Fronte Popolare: nel film si narra la storia di un gruppo di amici squattrinati e disperati che ritrovano la serenità, grazie ad una sostanziosa vincita, che permette loro di aprire un’osteria sulle rive della Marna. La solidarietà, la felicità, la gioia del primo periodo viene ad offuscarsi (il film è del 1936, e forse è leggermente profetico), allorché insorgono dei contrasti tra due di loro, a causa di una donna. Il tutto finisce in tragedia. Così sarà anche per la Francia degli Anni Trenta.

Cosa accomuni gli Anni Trenta agli Anni Cinquanta ed anche agli Anni Ottanta (30 + 50 = 80) può apparire solo uno stratagemma per sviluppare una tesi quanto mai originale, se non si pensasse (ma non si offrirà, con questa nostra proposta, una risposta, per avere la quale occorrerà altra sede ed un diverso e più ampio approfondimento) alla Nouvelle Vague come ad una nuova Avanguardia (vedi Resnais, Robbe-Grillet, Godard), con uno sguardo molto attento puntato sul mondo sociale e politico, che ha poi avuto uno sviluppo notevole nell’acquisizione di tecniche e tematiche non sempre del tutto originali, perché derivate dalla letteratura e dall’arte in genere, ma sensibilmente approfondite e fatte proprie da questi nuovi “maestri” del cinema. Se si aggiunge alla Nouvelle Vague una valutazione sugli esiti che in quegli stessi Anni Cinquanta trovavano i “maestri” degli Anni Trenta su quegli esiti che hanno ottenuto, e otterranno, gli ex giovani che si impegnarono negli Anni Cinquanta, troveremo un primo filo che lega quell’apparente equazione e metteremo in evidenza uno dei quesiti cui occorre dare una risposta.

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