LA MERAVIGLIOSA STORIA DEL TRAPIANTO DI CUORE A NAPOLI – 3 OTTOBRE ORE 17.00 POZZUOLI – PALAZZO TOLEDO – invito ed anticipazione di commento

La meravigliosa storia del trapoianto
Venerdì 3 ottobre a Pozzuoli ore 17.00 presso la Sala polivalente del Polo Culturale del cinquecentesco Palazzo Toledo in via Pietro Ragnisco 29 verrà presentato il libro “La meravigliosa storia del trapianto di cuore a Napoli” 2014 Tullio Pironti editore, scritto da Maurizio Cotrufo e Gian Paolo Porreca, due importanti docenti universitari dei quali si allega in calce a questo post il curriculum. A presentare autori e libro ci sarà lo scrittore Maurizio De Giovanni ed il giornalista Ettore De Lorenzo, che svolgerà il ruolo di moderatore.
Nei prossimi giorni leggerò il libro e lo commenterò. Vi allego soltanto alcuni brani, così come riportati dall’invito che mi ha inviato il mio carissimo amico Flavio Cerasuolo, anch’egli cardiochirurgo, organizzatore dell’incontro.

«Quella mattina si doveva andare a Positano con il tuo gozzo. Eravamo tutti pronti per partire quando arrivò la telefonata dal “Monaldi”.
C’era il cuore pronto per il trapianto.
Fu una corsa a cambiarsi, lasciare il costume e infilarsi gli abiti d’ordinanza. Giacca in pieno agosto e borsa da lavoro; quella borsa che per il pittore
diventa scrigno di cuori in mano al professore, sotto il sole cocente della banchina del porto di Capri in attesa dell’aliscafo. Una tempera a cui sono molto affezionato […].
Era il 1988 e stavano chiamando dall’ospedale. C’era il cuore…
“C’è il cuore, c’è il cuore, c’è il cuore”, questa era la frase sussurrata che ci passavamo l’un l’altro, dopo averla appresa.
Maurizio doveva partire.
Ciao Maurizio, buona fortuna […]».

(dalla Prefazione di Gianni Pisani)

«Sono le 11.00, squilla il telefono in direzione.
A Barcellona un incidente stradale ha destinato un giovane studente a donare gli organi, è AB Rh positivo, il cervellone europeo non trova altri possibili riceventi compatibili se non il Sig. XY di Ponticelli, in lista d’attesa a Napoli.
“Non vi è tempo da perdere”, gli comunicano.
“Concedetemi almeno 30 minuti”, risponde.
Non trema, è lucido e vigile: è certo il peggior candidato per un primo trapianto, 65 anni, il diabete, la broncopatia, le arterie della gamba malate, Barcellona è lontana e quattro ore di ischemia possono danneggiare il cuore, un insuccesso sarebbe una pietra tombale per il programma.
Riflette, è forse l’ultima occasione concessa al paziente, la piazza attende la gloria, il mare di Napoli è azzurro e sereno, il Vesuvio gli sorride, il poker della domenica è stato fortunato […]».

Maurizio Cotrufo, nato a Napoli nel 1938, dopo la laurea in Medicina, è stato assistente ordinario nell’Istituto di Semeiotica Chirurgica dell’Università di Napoli, diretto dal Prof. Giuseppe Zannini.
Nel 1966 ha vinto una fellowship presso la Baylor University di Houston, Texas, dove ha completato un programma di training in Chirurgia Cardiovascolare, sotto la guida dei Proff. DeBakey e Cooley.
Ordinario di Cardiochirurgia dal 1974, fino al pensionamento ha diretto l’Unità Operativa Complessa di Cardiochirurgia della Seconda Università di Napoli, che nel 1979 si è trasferita attraverso atto convenzionale presso l’Azienda Ospedaliera “V. Monaldi”.
Durante il suo percorso ha fondato e diretto la Scuola di Specializzazione in Cardiochirurgia, il Dottorato di Ricerca in Discipline Cardiopolmonari, il Dipartimento Universitario di Scienze Cardiotoraciche e il Dipartimento Ospedaliero di Chirurgia Cardiovascolare.
Presidente della Società Italiana di Chirurgia Cardiovascolare nel 1982, dell’Associazione Europea di Chirurgia Cardiotoracica nel 1992, ha fondato e presieduto il Collegio dei Professori Universitari Italiani di Cardiochirurgia.
È autore di 12 monografie e 530 pubblicazioni a stampa.
Nel 1988 ha eseguito il primo trapianto di cuore nell’Italia Meridionale e Insulare.
Nel 1992 è stato insignito della Medaglia d’oro della Presidenza della Repubblica per la Sanità Pubblica. Dal 2010 è Professore Emerito di Chirurgia Cardiaca presso la Seconda Università di Napoli.

Gian Paolo Porreca è nato a Napoli nel 1950.
Professore aggregato di Chirurgia Vascolare presso la Seconda Università degli Studi di Napoli, svolge la sua attività assistenziale presso il Dipartimento di Chirurgia Cardiovascolare e dei Trapianti dell’Azienda Ospedaliera “V. Monaldi” del capoluogo campano.
Scrittore ancor prima di indossare il camice bianco, nel solco della grande narrativa partenopea degli anni Sessanta (Prisco, La Capria, Compagnone), ha esordito con A Gerben, con simpatia(Schettini, 1975), scritto a soli 19 anni. Ha pubblicato successivamente la raccolta di raccontiUna stagione fiamminga (Alfredo Guida, 1992); il romanzo Ti raccomando Raas (Limina, 1996);Pantani e io (Limina, 1999); Chiedimi chi era Merckx (Castelvecchi, 2013) e L’estate di P. ed altri racconti aurunci (Ikone-Byblos, 2013). Ha inoltre curato un volume di saggi in memoria di Luigi Compagnone.
È stato premiato in diversi concorsi letterari, dai Premi Coni ’78, ’86 e ’93 al Selezione Bancarella Sport ’93, dal Teramo ’69 al Domenico Rea – Isola d’Ischia ’97, al Premio Benevento 2000.
Giornalista pubblicista dal ’96, è collaboratore del quotidiano «Il Mattino».

“DICI TU…Titolo provvisorio” di Riccardo Imperiali di Francavilla – Festival della Letteratura nei Campi Flegrei

Dici tu titolo provvisorio

Festival Pozzuoli

Si parte da un prestesto, pre-testo, da un’occasione, un tema anche banale (il termine non ha accezione necessariamente negativa, a meno che qualcuno non abbia la consapevolezza che lo stesso Dio che ci ha creato dal banale semplice “fango” non abbia fatto nulla di buono), ordinario (è meglio), consueto, di quelli da cui non penseresti mai si possa iniziare a scrivere un racconto decente o un romanzo, e ci si diverte a far venir fuori una serie di riflessioni, di “scatole cinesi” dove ad ogni modo la sorpresa è nel nocciolo, nella parte finale. A dirla con Gambardella (“Vinicio Sparafuoco…”) è come i fuochi d’artificio: si parte con una certa lentezza, con nonchalance per arrivare al “gran finale” (e qui ovviamente non sono maestro, se “maestro” di qualcosa io lo sia). Sto parlando di “Dici tu…Titolo provvisorio” di Riccardo Imperiali di Francavilla 2014 Tullio Pironti Editore, 19 racconti che invito tutti a leggere sia che vi siete arrabbiati ed avete bisogno di ritrovare la pace vostra, sia che siete tranquilli e volete divertirvi e rilassarvi. Non si pensi tuttavia ad una lettura solo rilassante, leggera; c’è della indubbia sostanza nell’autore che, da quel che mi viene detto, ha ritrovato la strada perduta ed a mio parere è bene che la continui. Tutto quello che si è accumulato con l’esperienza umana e professionale potrà continuare a confluire nella produzione letteraria. In questa riflessione inserisco la mia presunzione aggiungendo che i racconti di Riccardo Imperiali sono indirizzati ad un pubblico intelligente e pronto a coglierne le sfumature eleganti. In effetti non sono, lo accennavo all’inizio, dei veri e propri racconti; sembra quasi che da un cilindro l’autore ricavi i temi su cui “ricamare” un ragionamento. Prendete ad esempio, ma solo ad esempio il primo racconto “Due palle” e ci troverete l’anima napoletana (“Napoli è questa: una banale spesa che diventa teatro, chiacchiera, finzione, gioco, una continua presa in giro reciproca, vita.”) Ed era “Maestro” in questo Eduardo De Filippo che giocava frequentemente sulle “banalità” (oh Dio, nuovamente questo termine!): ve lo ricordate il “caffè in “Questi fantasmi”? Nel leggere,poi, si avverte la voce dell’autore con la sua pacata ironia, forse necessitata anche dalle problematiche non sempre positive della quotidianità (se non si sorride cosa rimane? La disperazione) che viene stemperata proprio con una sottile pacata arguta ironia. L’autore infatti riesce a “…fare assurgere a problema esistenziale anche episodi improvvisi come fontane divelte al centro della città, in ora di punta, fuori al supermercato” (“La fontana del Comune”). E, se leggete “Una serata in jazz”, ci troverete l’anima del melomane (non so se mi sbaglio ma l’autore conosce bene le diverse caratteristiche “umane” degli strumenti in un’orchestra pur minima) anche se lui conclude: “Mi sa che, di musica, continuo a non capire un cazzo, però che serata di jazz!”. Io quel racconto l’ho trovato eccezionale. Ed andando avanti, trovando il titolo “Preti, pretini, pretoni” cosa pensate che non vi divertirete? Ma fino alla fine è così: nell’ultimo racconto, “L’Italia, una fiaba per bambini”, ponendosi dalla parte dei più piccoli sviluppa ragionamenti esilaranti (seri, eh!) di un gruppo di bambini (età media cinque anni) che, come accade di norma, si fingono, nei loro giochi, grandi (“Votiamo. Ho sentito che i grandi così fanno….”) discutendo questioni planetarie come quella di portare un po’ di sole del Sud nel freddo di Belluno (non so se qualcuno ricorda l’amenità di quel “signore” che voleva sterrare un monte di 1595 metri – il Tomatico – per portare il sole alle valli del Feltrino) ed esilarante è la discussione su “terrone, terrino, terronone, terronetto” per identificare i meridionali. Ci ho riso tanto senza farmi sentire e vi assicuro che vi ho dato, con il mio modesto commento, solo meno di un decimo di quel che ho ricevuto, leggendo queste pagine.