STRUTTURA dell’intervento da me coordinato (a nome di Altroteatro) martedì 11 luglio a Montemurlo

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STRUTTURA dell’intervento da me coordinato (a nome di Altroteatro) martedì 11 luglio a Montemurlo

Il Comune di Montemurlo, attraverso la Biblioteca, e la sua Direzione (Roberta Chiti, Valerio Fiaschi e Silvia Zizzo) e l’Assessore alla Cultura, Giuseppe Forastiero, mi ha chiesto di organizzare la presentazione del libro “Processo all’obbedienza La vera storia di don Milani” edizioni Laterza. Ho accolto l’invito riservandomi tuttavia il ruolo di aprire la serata con un rapido excursus sul tema che è quello legato al processo che don Milani e Luca Pavolini furono costretti a subire in un tempo nel quale l’obiezione di coscienza era considerata un reato.

Ringrazio i collaboratori, a partire da Antonello Nave, ed i giovani Bianca Nesi e Davide Finizio che hanno letto i brani da me suggeriti.
Alla serata, partecipata ed intensamente vissuta, hanno dato il loro contributo per farla riuscire bene sia il Sindaco Mauro Lorenzini e l’Assessore Giuseppe Forastiero sia il Vescovo di Pistoia (Montemurlo fa parte di quella Diocesi) Fausto Tardelli sia il Governatore della Toscana, Enrico Rossi, oltre all’autore Mario Lancisi.

Qui di seguito il testo:

NARRATORE – Cominceremo con la storia di un’amicizia particolare, quella con il mitico professor Ammannati. Come spesso accade, i rapporti personali non cominciano bene ma la stima alla lunga, quando ci sono i presupposti qualitativi, si consolida con il passare del tempo e si fanno frequenti le lezioni del professor Ammannati spesso con alcuni suoi allievi ai ragazzi di Barbiana.
Ed è così che, in quella domenica 14 febbraio 1965, Agostino Ammannati, salendo lassù, porta con sè un ritaglio di giornale (“La Nazione” del 12 febbraio) e con una faccia molto seria lo mostra al Priore, chiedendogli se lo avesse già visto.
(prima lettura) Davide Finizio
B – Lettura del Comunicato dei cappellani militari (integrale)

Nell’anniversario della conciliazione tra la Chiesa e lo Stato italiano, si sono riuniti ieri, presso l’Istituto della Sacra Famiglia in via Lorenzo il Magnifico, i cappellani militari in congedo della Toscana. Al termine dei lavori, su proposta del presidente della sezione don Alberto Cambi, e stato votato il seguente ordine del giorno:
“I cappellani militari in congedo della regione Toscana nello spirito del recente congresso nazionale dell’associazione svoltosi a Napoli, tributano il loro riverente e fraterno omaggio a tutti i caduti per l’Italia auspicando che abbia termine, finalmente, in nome di Dio, ogni discriminazione e ogni divisione di parte di fronte ai soldati di tutti i fronti e di tutte le divise che morendo si sono sacrificati per il sacro ideale di Patria. Considerano un insulto alla patria e ai suoi caduti la cosiddetta obiezione di coscienza che, estranea al comandamento cristiano dell’amore, e espressione di viltà”.
L’assemblea ha avuto termine con una preghiera di suffragio per tutti i caduti.

Narratore

L’impegno di don Milani nell’ambito del pacifismo, della non violenza e dell’applicazione del dettato costituzionale era già stato espresso in diverse occasioni. Come in quella lettera destinata ad essere stampata, indirizzata a Nicola Pistelli, direttore della rivista cattolica “POLITICA”. Il cui titolo era “Un muro di foglio e di incenso”.
Davanti a quel Comunicato dei Cappellani militari forte fu l’indignazione di tutti i ragazzi di Barbiana ed il loro Priore ed insieme decisero che bisognava dare una risposta. Don Milani impiegò una settimana per scriverla in “un solo foglio scritto molto fitto e stampato in tremila copie, che inviò a undici giornali, soprattutto cattolici, ai sindacati…e a tutti i preti fiorentini… Ma l’unica testata a pubblicarla fu “Rinascita”, una importante famosa rivista comunista.
Seconda lettura Bianca Nesi

“Da tempo avrei voluto invitare uno di voi a parlare ai miei ragazzi della vostra vita…. Non ho fatto in tempo a organizzare questo incontro tra voi e la mia scuola….. Io l’avrei voluto privato, ma ora che avete rotto il silenzio, non posso fare a meno di farvi quelle stesse domande pubblicamente.
PRIMO perché avete insultato dei cittadini che noi e molti altri ammiriamo.
SECONDO perché avete usato vocaboli che sono più grandi di voi.
Non discuterò qui l’idea di Patria in sé. Non mi piacciono queste divisioni. Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri. Certo ammetterete che la parola Patria è stata usata male molte volte. Spesso essa non è che una scusa per credersi dispensati dal pensare, dallo studiare la storia, dallo scegliere, quando occorra, tra la Patria e valori ben più alti di lei. Non voglio in questa lettera riferirmi al Vangelo. È troppo facile dimostrare che Gesù era contrario alla violenza e che per sé non accettò nemmeno la legittima difesa. Mi riferirò piuttosto alla Costituzione. Articolo 11 «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli…». Era nel ’22 che bisognava difendere la Patria aggredita. Ma l’esercito non la difese. Stette a aspettare gli ordini che non vennero. Così la Patria andò in mano a un pugno di criminali che violò ogni legge umana e divina e che, riempiendosi la bocca della parola Patria, condusse la Patria allo sfacelo. In quei tragici anni quei sacerdoti che non avevano in mente e sulla bocca che la parola sacra «Patria», quelli che parlavano come parlate voi, fecero un male immenso proprio alla Patria (e, sia detto incidentalmente, disonorarono anche la Chiesa).

Narratore

Quella parte della società, inneggiante agli eroi della Patria, ai suoi “fasti”, all’apologia della guerra, ed in particolare le Associazioni d’Arma, gli ex-combattenti di Firenze, non tardò a farsi sentire ed il 10 marzo del 1965 espressero solidarietà e profonda gratitudine ai Cappellani militari, e rivolgendosi al procuratore della Repubblica di Firenze gli chiesero “con viva deferenza” di ripristinare l’onore ed il “diritto offeso” denunciando, oltre don Lorenzo, il direttore della rivista “Rinascita” Luca Pavolini ed i firmatari della lettera pubblicata sulla stessa rivista dal titolo “Non è viltà l’obiezione di coscienza”.
Don Lorenzo già non stava bene ed era tuttavia molto motivato a difendersi nel procedimento processuale che con insolita immediatezza (erano appena trascorsi poco più di quattro mesi dall’avvio della vicenda) il Tribunale di Roma aveva aperto per lui e per Luca Pavolini; ma sapeva anche che non sarebbe stato in grado di essere presente per il male che lo stava consumando. Scrisse allora un’articolata difesa nella straordinaria “Lettera ai giudici”.

Terza lettura – Davide Finizio

Brevi stralci dalla “Lettera ai Giudici”
Barbiana 18 ottobre 1965
Signori Giudici,
vi metto qui per scritto quello che avrei detto volentieri in aula. Non sarà infatti facile ch’io possa venire a Roma perché sono da tempo malato.
Allego un certificato medico e vi prego di procedere in mia assenza…..
La mia è una parrocchia di montagna. Quando ci arrivai c’era solo una scuola elementare. Cinque classi in un’aula sola. I ragazzi uscivano dalla quinta semianalfabeti e andavano a lavorare. Timidi e disprezzati.
Decisi allora che avrei speso la mia vita di parroco per la loro elevazione civile e non solo religiosa.
Così da undici anni in qua, la più gran parte del mio ministero consiste in una scuola…….
La questione appartiene a questo processo solo perché vi sarebbe difficile capire il mio modo di argomentare se non sapeste che i ragazzi vivono praticamente con me. Riceviamo le visite insieme. Leggiamo insieme: i libri, il giornale, la posta. Scriviamo insieme…..

Bianca NESI

Dovevo ben insegnare come il cittadino reagisce all’ingiustizia. Come ha libertà di parola e di stampa. Come il cristiano reagisce anche al sacerdote e perfino al vescovo che erra. Come ognuno deve sentirsi responsabile di tutto.
Su una parete della nostra scuola c’è scritto grande «I care». È il motto intraducibile dei giovani americani migliori. «Me ne importa, mi sta a cuore». È il contrario esatto del motto fascista «Me ne frego».
Quando quel comunicato era arrivato a noi era già vecchio di una settimana. Si seppe che né le autorità civili, né quelle religiose avevano reagito.
Allora abbiamo reagito noi. Una scuola austera come la nostra, che non conosce ricreazione né vacanze, ha tanto tempo a disposizione per pensare e studiare. Ha perciò il diritto e il dovere di dire le cose che altri non dice. È l’unica ricreazione che concedo ai miei ragazzi. La scuola è diversa dall’aula del tribunale. Per voi magistrati vale solo ciò che è legge stabilita. La scuola invece siede fra il passato e il futuro e deve averli presenti entrambi. È l’arte delicata di condurre i ragazzi su un filo di rasoio: da un lato formare in loro il senso della legalità, dall’altro la volontà di leggi migliori.

Narratore

La “Lettera ai Giudici” è uno dei documenti più alti del pacifismo e dell’antimilitarismo cui ancora oggi tanti di noi laici e credenti ci riferiamo. Nell’udienza del 15 febbraio 1966 ad un anno dall’avvio della vicenda don Milani fu assolto “perché il fatto non costituisce reato”. Diverso fu l’esito dell’appello del 28 ottobre del 1967. Don Milani venne condannato, ma la condanna non poteva essere applicata. Don Lorenzo era spirato il 26 giugno. Negli ultimi giorni aveva detto ai suoi ragazzi che non l’avevano mai abbandonato:

Davide FINIZIO

“Ragazzi, un grande miracolo sta avvenendo in questa stanza: un cammello passa per la cruna di un ago”

Narratore

nel suo testamento egli scrisse

Bianca NESI

“Caro Michele, caro Francuccio, cari ragazzi, non è vero che non ho debiti verso di voi. L’ho scritto per dar forza al discorso! Ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho speranza che lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto al suo posto”.

Narratore

Il libro di Mario Lancisi tratta in modo completo ed esauriente questa vicenda approfondendone vari aspetti, a partire da quello che emerge dal titolo, e cioè il rapporto tra “obbedienza e disobbedienza” soprattutto in materia di impegno civile.

L’attualità del messaggio che ci ha lasciato don Milani è stato più volte sottolineato da papa Francesco, che tuttavia anche nella recente visita a Barbiana non ha utilizzato termini come “strumentalizzazione” che invece da altre parti viene evidenziata come un pericolo: sembra che i tempi dei fronti contrapposti stiano ritornando a farsi sentire.
Cosa ne pensano i nostri autorevoli relatori?

J.M.

11 luglio Montemurlo 001