che dire? ODIO ANCOR PIU I CONFORMISTI E I PARACULI QUELLI CHE SI PIEGANO AI RICATTI PER ACCONDISCENDERE SEMPLICEMENTE AL DESIDERIO DI POTERE DI SINGOLI O LOBBIES CONSORZIATE

reloaded di questo post del 23 maggio scorso

Gramsci diceva di odiare gli indifferenti. Io non solo quelli, ma odio ancora di più i falsi e gli ipocriti.

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Gramsci diceva di odiare gli indifferenti. Io non solo quelli, ma odio ancora di più i falsi e gli ipocriti.

Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
Antonio Gramsci

che dire? ODIO ANCOR PIU I CONFORMISTI E I PARACULI QUELLI CHE SI PIEGANO AI RICATTI PER ACCONDISCENDERE SEMPLICEMENTE AL DESIDERIO DI POTERE DI SINGOLI O LOBBIES CONSORZIATE

Una volta un amico mi disse: “Non farai mai carriera!” interpretando le sue ambizioni e scaricandole su di me. Alcuni pensano che ci si occupi di Politica per intraprendere una carriera. E’ una delle idee che prende piede più facilmente soprattutto nelle persone deboli; ed infatti nella campagna elettorale attuale, fotocopia di altre precedenti, lo sguardo delle persone che mostrano disgusto e disapprovazione “Siete tutti uguali! volete tutti la poltrona ed il guadagno facile” è quasi sempre lombrosianamente da idioti (anche se non lo fossero, appaiono tali) e non lascia trasparire ombra di intelligenza. Quel giudizio è peraltro offensivo in modo pregiudiziale nei confronti di quanti si affacciano alla Politica in modo genuinamente consapevole che il loro sarà un impegno civile al servizio volontario dei cittadini. Ora, che il giudizio popolare non sia stato capace di evolversi, è un dato di fatto. L’attacco è a 360° verso tutto e tutti. Colpa di una disinformazione diffusa, della quale è corresponsabile anche il servizio pubblico radiotelevisivo.
Non si può certo negare che qualcuno tra quanti sono disinformati si dedichi alla Politica con scopi tuttaltro che ideali ed indubbiamente costoro non rendono un buon servizio alla “considerazione” che si dovrebbe invece avere nei confronti di quella parte di politici ed amministratori che prestano la loro opera in modo realmente disinteressato.
“Non farai mai carriera!” e chi pensava di farla? Bastavano poche scelte oculate ed avrei potuto avere qualche riconoscimento al di là di quanto con fatica avevo già ottenuto. E, infatti lo stesso amico di prima: “Ora, se tu fossi stato più paziente, avresti avuto quel posto!” La sua era in ogni caso una riflessione che non avevo stimolato, del tutto gratuita. Anche se era vero. Non avessi rotto le scatole, non avessi lasciato quel gruppo “forse” per davvero avrei avuto quel riconoscimento. Ma non ho alcun rammarico e non cambio per nulla; non ho mai buttato il mio cervello all’ammasso. Ho una mia visione del mondo che non collima con tanti e questo mi rende felice. Metto a disposizione liberamente la mia esperienza, il mio modo di rapportarmi agli altri, la felicità di incontrare gente che mi stima probabilmente proprio per questo. Gramsci diceva di odiare gli indifferenti. Io non solo quelli, ma odio ancora di più i falsi e gli ipocriti.

Giuseppe Maddaluno

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GLI ESSERI UMANI sono tutti uguali

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GLI ESSERI UMANI sono tutti uguali
di Joshua Madalon

Un essere umano è parte di un tutto che chiamiamo ‘universo’, una parte limitata nel tempo e nello spazio.
Sperimenta se stesso, i pensieri e le sensazioni come qualcosa di separato dal resto, in quella che è una specie di illusione ottica della coscienza.
Questa illusione è una sorte di prigione che ci limita ai nostri desideri personali e all’affetto per le poche persone che ci sono più vicine.
Il nostro compito è quello di liberarci da questa prigione, allargando in centri concentrici la nostra compassione per abbracciare tutte le creature viventi e tutta la natura nella sua bellezza.

(Albert Einstein)

Quando si può, se non piove a dirotto o se fa tanto freddo o c’è un vento forte Gil e Mary escono a piedi anche solo per comprare un pezzo di pane. Non amano i piccoli supermercati vicini e quindi si allungano verso via Pistoiese fino alla Pam.
La giornata di sabato ha già l’aria di festa. Dopo alcune giornate di pioggia incessante c’è un’arietta freschina ma pulita; e non c’è vento. La palazzina dove abitano è impacchettata con impalcature ferrose ricoperte da drappi fatti di plastica tipo canapa per sacchi. Gli operai pur in una giornata semifestiva stanno lavorando a rifinire la base di alcuni balconi prima di procedere con la posa delle piastrelle.
Davanti al bar di fronte alcuni avventori osservano i lavori con il solito interesse dei nullafacenti, mentre sgranocchiano patatine e noccioline per il consueto rito dell’aperitivo. Da un balcone di fronte una giovane signora gentile accenna un saluto, al quale Gil e Mary cordialmente rispondono. Con un sorrisino beffardo rilevano come in modo ben diverso altri, nascondendo la loro maleducazione dietro una presunta timidezza, anche se salutati, sembrano non avvedersi della loro esistenza. Ma la sorpresa è in arrivo lungo il marciapiede che Mary e Gil percorrono.
Prato – quando si andava in giro per il Paese negli anni passati – era nota per il “tessile”, per il “panno”; da qualche anno invece, allorché da pratesi si rivela la loro dimora, “ci sono i cinesi?!” dicono esprimendo l’incapacità ad approfondire altre caratteristiche, come la presenza di luoghi d’arte magnifici, di un Museo dedicato al tessuto, di un Teatro che ha vissuto grandi successi, di un Centro per l’Arte contemporanea unico al mondo per la sua “mission”.
Quando cammini, particolarmente nelle vie di San Paolo, ne incontri di cinesi! Ci sono anche due famiglie nel condominio di Gil e Mary, gente operosa e molto aperta all’Occidente, e non importa se tale ampiezza di vedute sia strumentale nella forma tipica dei “mercanti”.
Non è stato semplice avviare una convivenza condominiale, ma non lo è a prescindere dalle diverse nazionalità: ad esempio, nel contesto di cui si tratta, è più difficile il rapporto tra la gran parte degli altri, autoctoni o comunque immigrati interni come Gil e Mary. Diverse questioni, a partire dal corretto conferimento dei rifiuti, per il quale tuttavia non vi è stata cura da parte dell’ente preposto a tali controlli.
Un raggio di sole illumina lo stretto marciapiede attraverso il sorriso di una piccola bimba, tenuta per mano dalla mamma, che già da qualche metro agitava la manina per mostrarsi a Gil che in realtà era stato distratto da alcuni suoi pensieri e vagava con la mente. Gil infatti se la ritrova direttamente abbarbicata ad una delle sue gambone. Vuole essere sollevata, ricorda Gil di averlo fatto con i propri figli che ora sono molto grandi e, anche se non obesi, pesanti. La solleva e la bimba lo abbraccia come se fosse pratica consueta, quella con un nonno o con uno zio. Sprizza energia attraverso gorgheggi come un uccellino…..
Anche la madre, una giovane ragazza probabilmente abituata ad un contatto non ostile, è sorpresa. Chissà quali siano i suoi pensieri e quali quelli della bimba, si chiede Gil. E’ solo un attimo: sempre sorridente, dopo l’abbraccio si sporge verso la mamma e passa tra le sue braccia. Rivolge il sorriso a Gil dal comodo nido conquistato. Chissà, pensa Gil, che non lo abbia fatto proprio per quel transito furbesco. Ma è proprio bella e gli ricorda la sua bambina. A dire il vero, a Gil ricorda in quello stesso momento un cagnolino che aveva incontrato, condotto dal suo padrone al guinzaglio: non voleva camminare e continuava a piccoli passi con lo sguardo innalzato supplichevole verso il ragazzo, rifiutandosi di procedere. Lo disse a Mary, alla quale tornò in mente subito un altro episodio con un cane di grossa taglia che praticamente si stendeva spiaccicato in un corridoio di un discount. Sorrisero e proseguirono verso il supermercato. La dolcezza degli esseri viventi ha espressioni che li rendono molto simili tra loro. Anche lo sguardo truce di un uomo o quello sprezzante di una donna può assomigliare al ringhio di un doberman.
Camminare a piedi permette di osservare il mondo gli oggetti i condomìni; meglio farlo lentamente senza avere fretta. Mary e Gil passarono attraverso i giardini di via dell’Alberaccio e si diressero verso quelli di via Vivaldi, in fondo. Mary riferendosi agli stranieri che da alcuni anni hanno cominciato ad abitare quei caseggiati si rammentò di una querelle nella quale due famiglie di un contesto complesso di ben dodici condòmini avevano portato in tribunale le altre dieci perché non avevano accettato che in due occasioni all’anno lo spazio comune venisse impegnato in incontri multiculturali coinvolgenti tutto il caseggiato compreso alcune delle famiglie formate da persone di altre nazionalità. Per fortuna, dice Mary, che hanno trovato un buon giudice, un giudice giusto che ha dato loro torto, riconoscendo la funzione civile di un contesto condominiale.
Parlando parlando arrivano al supermercato. E’ uno di quelli frequentato quasi esclusivamente da stranieri, in massima parte cinesi. La spesa è anche l’occasione in uno spazio non tanto affollato di guardare le merci come si fa al mercato generale. Non c’è molta scelta, ma ciascuno si ferma a particolari banchi. Mary al pane, Gil alle verdure; Gil ai formaggi, Mary alle carni e via via poi ci si guarda intorno e si va verso le casse. Accanto ad esse ci sono prodotti vari, dai rasoi ai chicchi dolci, dalle ricariche telefoniche alle batterie di diversa forma e potenza. C’è anche lì in fila una giovane mamma cinese con una bimbina che frigna e allunga la mano verso una mini confezione di cioccolatini. La madre la dissuade ma pur se con dignità la bimba continua a mugolare. C’è dietro Gil e Mary un signore di età avanzata che mostra visivamente di non sopportare l’espressione della bambina e con voce alta avvia ad affermare che non se ne può più di questa gente, che se ne tornassero a casa loro. Mary non può tacere e sottolinea come i bambini siano molto simili tra loro qualsiasi sia la provenienza geografica delle loro famiglie. Si avvia una controversia intorno alla educazione da impartire ai propri figli. I miei, dice quel signore là, non hanno mai piagnucolato. E lo afferma con sguardo truce. Saranno stati repressi e cresciuti nella rabbia e nel rancore, aggiunge Mary, che si becca un “cattolica di merda” dall’aggressivo signore. Mary, che peraltro “cattolica” non è, soggiunge “meglio cattolica che infelice come lei”. Il commesso ha seguito ma, professionalmente, non interviene. La bimba ha smesso di frignare, mentre gioca con i corti capelli della madre, ignara di avere scatenato un empito cieco razzistico. Gil e Mary pensano ai figli del signore, infelici e repressi. Saranno, ora, grandi e da genitori forse saranno diversi, pensano. Lo si spera, ma forse, quel signore là, non ha mai avuto figli; o perlomeno non ha mai avuto bambini come tutti quelli che noi conosciamo. E si avviano verso casa.

Joshua Madalon

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