PACE E DIRITTI UMANI Parte XXV – 25 (per la parte 24 vedi 26 settembre )

PACE E DIRITTI UMANI Parte XXV – 25 (per la parte 24 vedi 26 settembre)
Riprende la parola il prof. Giuseppe Maddaluno:
Grazie alla signora Liviana Livi per averci fornito con estrema cura e puntualità una serie di dati utili a comprendere meglio il tema che stiamo dibattendo e che rimane purtroppo di attualità; ora l’ultimo intervento programmato lo avevamo riservato a Italo Moscati sia come Presidente del Centro “Pecci” che ci ospita sia come grandissimo esperto di cinema sensibile ai problemi sociali e culturali; abbiamo detto che non poteva essere presente per impegni improrogabili con il Ministero e che il saluto del “Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci” lo avrebbe portato il Vice Presidente, che fra l’altro è anche un insegnante sempre molto impegnato; però poi ci siamo accorti che anche se Moscati non era presente il Cinema lo era perché sia Giuseppe Panella sia l’Assessore Cardillo nei loro interventi si sono soffermati poi su alcuni film, ed in ogni caso poi la prossima volta quando faremo un nuovo incontro su questi temi con Italo Moscati potremo partire proprio da questi film. Passo dunque la parola al Professor Attilio Maltinti, Vice Presidente del Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, che ringraziamo nuovamente per l’ospitalità.

Parla il professor Attilio Maltinti:
Niente grazie, grazie a voi. Due minuti solamente di orologio, perché interessa anche a me vedere questo film (Nota del redattore 2020: si trattava di “Quinto comandamento: non uccidere” di Krzysztof Kierslowski) e quindi mi viene in mente una cosa, il fatto che, dopo la lezione del professor Panell, dopo l’intervento dell’Assessore Cardillo e dopo la testimonianza di Amnesty International e della professoressa Agostini del Provveditorato, il mio compito non sarebbe quello di utilizzare di nuovo dati e problemi. Sarei molto tentato, invece, e lo faccio subito anche nella brevita di due minuti, di pormi e di porci una domanda che è questa:
“Ma, insomma, noi siamo, credo, tutti quanti più o meno nati e cresciuti in una Repubblica nella quale non esiste la pena di morte, in uno Stato nel quale non esiste la pena di morte; come ci saremmo comportati se fossimo nati e vissuti in uno Stato che attualmente ha ancora la pena di morte?”
Dico questo non per amore di polemica, ma perché credo che il problema della pena di morte sia così attaccato al nostro modo di crescere, al nostro modo come cittadini, intendo dire, al nostro modo di essere come persone civili, che insomma il fatto che siamo qua a parlarne ancora vuol dire che questo problema ci sta proprio a cuore. Un’altra domanda che volevo fare è questa:
“Ma a che punto sta la consapevolezza civile nostra di adulti, di studenti, di giovani, riguardo a questo problema della pena di morte?” cioè “siamo del tutto convinti di essere noi così maturi, così saggi, così pronti a batterci perché sia abolita la pena di morte?”:
voglio dire cos’è che ci dice il nostro paese dei comportamenti sociali attuali; i dati dell’indagine americani sono chiari, ma da noi non è stato mai fatto un serio scientifico lavoro di indagine su cosa pensa la gente dai 15 anni ai 100 anni, riguardo a questo problema.

…fine parte XXV

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