1 Novembre – Una grande sfiducia verso la classe politica, verso le forze politiche ed i suoi rappresentanti: tutto

Una grande sfiducia verso la classe politica, verso le forze politiche ed i suoi rappresentanti: introduzione

Tra poco più di due settimane andremo al voto; in sette regioni italiane si vota per rinnovare i consigli regionali ed eleggere i presidenti delle regioni (Campania, Toscana, Veneto, Liguria, Valle d’Aosta, Marche e Puglia) ed in 1178 comuni si rinnoveranno le Amministrazioni. Inoltre si voterà in tutto il territorio italiano per il referendum costituzionale che chiede il taglio del numero dei parlamentari.
Intorno a questo appuntamento, che per l’appunto coinvolgerà l’intero elettorato, si concentra la massima attenzione, in modo naturalmente collegata allo scontro tra chi ha proposto tale riduzione e di chi viceversa le ha in qualche modo accolte subendole ed ora vorrebbe ovviare votando un “NO”.
La vicenda ha dei toni paradossali davvero tipici di un teatrino dell’assurdo. A me viene in mente quel “mantra” berlusconiano del “teatrino della Politica” che si voleva superare, sostituendo al “chiacchiericcio” il “fare”. Tuttavia dalla discesa in campo con la vittoria del Centrodestra berlusconiano del 1994 ad oggi, pur resistendo l’ex Cavaliere circa un ventennio, nulla è cambiato quanto alle modalità rituali della Politica, fatte soprattutto di lunghi e defatiganti confronti. Ma questa è una “notazione a margine”: dopo tutto il confronto e dunque le discussioni rimangono per me sempre il sale della Politica e della Democrazia. A meno che dietro tutte queste diatribe non vi sia l’incoerenza. Il paradosso di questi giorni è collegato al fatto che la stragrande maggioranza alla Camera (presenti 569, votanti 567, favorevoli 553, contrari 14, astenuti 2) delle forze politiche meno di un anno fa, l’8 ottobre del 2019, ha approvato in via definitiva la proposta di legge costituzionale A.C. 1585-B.

Riporto dal sito ufficiale del Governo, Dipartimento per le Riforme Istituzionali

http://www.riformeistituzionali.gov.it/it/la-riduzione-del-numero-dei-parlamentari/:
La proposta di legge costituzionale prevede una drastica riduzione del numero dei parlamentari modificando gli articoli 56 e 57 della Costituzione passando dagli attuali 630 a 400 deputati e dagli attuali 315 a 200 senatori.
L’obiettivo è duplice: da un lato favorire un miglioramento del processo decisionale delle Camere per renderle più capaci di rispondere alle esigenze dei cittadini e dall’altro ridurre il costo della politica (con un risparmio stimato di circa 500 milioni di euro in una Legislatura).
La riforma consentirà all’Italia di allinearsi al resto d’Europa: l’Italia, infatti, è il paese con il numero più alto di parlamentari direttamente eletti dal popolo (945); seguono la Germania (circa 700), la Gran Bretagna (650) e la Francia (poco meno di 600).
La riduzione del numero dei parlamentari entrerà in vigore dall’inizio della prossima Legislatura e richiederà un modestissimo adeguamento della legislazione elettorale senza alcuna alterazione del sistema elettorale vigente.

Qui di seguito dal sito ufficiale della Camera dei Deputati:
https://www.camera.it/leg18/1132?shadow_primapagina=9600

La Camera ha approvato, in seconda deliberazione, con la maggioranza dei due terzi dei componenti, la proposta di legge costituzionale: Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari (Approvata, in un testo unificato, in prima deliberazione, dal Senato, approvata, in prima deliberazione, dalla Camera e approvata, in seconda deliberazione, con la maggioranza assoluta dei suoi componenti, dal Senato) (C. 1585-B).

Parte 2

Tutto concluso: macchè! Una parte dei parlamentari, 71 sottoscrittori – 7 in piu’ di quanto fosse sufficiente – hanno depositato in Cassazione la loro richiesta di rimettere al giudizio dell’elettorato la proposta di legge costituzionale. Legittima ma ovviamente strumentale ed incoerente, visto che molti degli stessi firmatari aveva obbedito pedissequamente (ciò è ovvio dato il repentino “pentimento”) alle indicazioni dei Partiti in occasione delle diverse fasi (non una sola) in cui si è suddiviso il trattamento di tali modifiche.
Chi ha ovviamente messo in moto il meccanismo referendario appartiene alla classe politica di primissimo livello che avverte il rischio di non essere ricandidata, quella parte che è stata chiamata “casta”, riferendo tale appellativo alla loro, presunta ma accreditata dai fatti, intangibilità. Quella parte che propendendo per il No alla riconferma di quel testo che in modo definitivo con Legge costituzionale ha ridotto il numero dei parlamentari, sta operando allo scopo di mantenerlo nella sua attuale quantità.
Come si può avere fiducia in questi personaggi che prima approvano un testo ed una scelta e poi si avviano a proporne la negazione? La richiesta in Cassazione di poter rivedere tale decisione non è stata contrastata nemmeno un po’ dagli apparati politici di riferimento dei singoli proponenti. In realtà ciò viene autorizzato in modo ipocrita, giustificandosi con una volontà di rendere maggiormente democratica la riduzione dei parlamentari, senza peraltro tener conto che è nella volontà degli elettori, quella espressa attraverso sondaggi, che hanno più volte confermato la preponderanza del SI: anche i più recenti, quelli ultimi a ridosso della consultazione, che tuttavia vedono un calo del SI, dovuto quasi certamente alla sequela di enunciazioni sui gravi pericoli che la Democrazia, con questo attentato alla Costituzione, va correndo. E’ indubbio che le scelte non vanno fatte in modo tranchant – con un semplice SI o con un altrettanto banale NO – e che occorre di conseguenza modificare alcune parti della legislazione in tema di diffusione della Democrazia, espandendola però sui territori e riportandola da questi verso il luogo centrale deputato alle decisioni legislative.
Gli stessi personaggi politici – e civici – che spingono per un NO vanno operando in modo drastico e drammatizzante come se si dovesse trattare di una battaglia finale sui temi delle libertà costituzionali: da una parte sconfessano se stessi e dall’altra non assegnano alcuna fiducia su coloro che dovranno in ogni modo – qualsiasi sia il risultato della consultazione – mettere mano ai meccanismi “democratici” necessari a far funzionare la riforma base. Ci si richiama al dettato costituzionale lanciando apertamente timori sulla tenuta democratica del Paese, ben sapendo (non fosse così, sarebbe ben molto grave) che i “pilastri” della Carta sono immodificabili. Facendo questo, gettano discredito su se stessi, confermando il degrado purtroppo “naturale” del mondo politico, che mette in luce il bassissimo livello culturale dei suoi rappresentanti, alcuni dei quali si scagliano contro i sostenitori del SI (ancor più quando appartenenti al coacervo – vero o presunto – dei propri sostenitori) apostrofandoli come traditori.
Ancor più grave per l’appunto, è la colpa – a detta di costoro – di chi, essendo di Sinistra, afferma di voler votare “consapevolmente” a favore della riduzione del numero dei rappresentanti parlamentari. Si arriva a considerarli fuori da quei consessi ideologici, all’interno di una pura ed ormai superata – nella realtà quotidiana – barriera tra i vecchi schemi.

Parte 3

Nel corso degli ultimi decenni man mano è venuto a mancare il rapporto di fiducia nel mondo politico. E’ abbastanza strano tutto questo: i dati dei sondaggi sono impietosi e contraddicono in modo curioso il sostegno che di volta in volta, pur con un abbassamento progressivo della partecipazione nel suo complesso, l’elettorato assegna alle forze politiche tradizionali. Spesso infatti l’elettore “si tura il naso” e si rassegna a votare per “il male minore”: e questo può accadere soprattutto dal momento in cui si sono ridotti drasticamente i luoghi del confronto. Molti di questi ultimi sono stati “mortificati” proprio nelle loro essenze di base, tanto è che sono progressivamente calate le iscrizioni ai Partiti e molte strutture di base sono state chiuse: mi riferisco in modo particolare a quelle che conosco meglio. E quindi accade che pur con una partecipazione soddisfacente siamo dentro un trend fortemente negativo. Come, ad esempio, si rileva dal grafico dell’Istituto Cattaneo a commento dei risultati delle ELEZIONI POLITICHE del 4 MARZO 2018. Infatti i dati che emergono si riferiscono ad una sostanziale tenuta – pur entro un calo – della partecipazione alle elezioni politiche (un 72,9 % rispetto a quello del 2013, di poco superiore: 75,2%), anche se nel 2015 solo un 58,7 aveva partecipato alle Europee ed un misero 52 alle Regionali, che già nel 2010 avevano visto un dato poco più confortante (63,5).
Non intendo irridere – riconoscendone in primo luogo la buona fede – alle argomentazioni di chi oggi lancia proclami di allarme verso la deriva autoritaria che potrebbe innescarsi – più o meno lentamente più o meno velocemente – con la conferma della legge costituzionale di cui si tratta; dico soltanto che, fosse così, emergerebbe ancora più forte la sfiducia nell’attuale composizione parlamentare cui dovrebbe appartenere il compito di legiferare gli opportuni aggiustamenti necessari a far crescere la partecipazione democratica al di là del numero dei futuri parlamentari. Invece di schierarsi in modo accusatorio verso chi esprime legittimamente il suo parere confirmatorio bisognerebbe affermare il proprio ruolo. Se la Democrazia corre gravi rischi dopo la vittoria del SI la responsabilità non può essere addebitata a chi lo ha sostenuto ma bisogna che la classe politica di oggi riesca a far partire al proprio interno, soprattutto, ed in modo diffuso e “partecipativo” al proprio esterno, una sana autocritica e provveda a sanare le gravi storture esistenti. Trovo abbastanza difficile che ciò avvenga; ciò nonostante penso sia giusto votare SI, ascoltare le argomentazioni di chi non è d’accordo, valutarle e prenderle in considerazione per le scelte future. In tutto questo mio argomentare, semplicistico quanto si vuole, chiedo rispetto, continuando a sentirmi pienamente di Sinistra, consapevole che la Democrazia è sempre in bilico, e non sarebbe la vittoria del NO una sua vittoria, così come non sarebbe una sconfitta della Democrazia la vittoria del SI, a meno che non lo vogliano coloro che oggi sono i protagonisti della Politica.

 Parte 4

Ora “siamo alle porte co’ sassi”. E c’è il rischio concreto che di questo bailamme se ne possa avvantaggiare la Destra, non quella democratica e liberale che comunque non è il mio punto di riferimento, ma quella autoritaria, illiberale, antidemocratica, xenofoba e razzista.
Una delle battaglie più importanti sarà quella delle 7 Regioni. Ma ci sarà anche il Referendum.
Non è la vittoria del “SI” a preoccuparmi, ma quella del “NO”. Ho accolto con sollievo la decisione “ufficiale” del PD, ma sono molto preoccupato dalla persistenza a favore del NO da parte della Sinistra verso cui guardo con maggiore attenzione negli utlimi tempi, anche se da sempre ho sognato – anche con il PD (si vedano le mie personali diatribe con quel Partito che ho fondato e che ho lasciato da alcuni anni) la nascita di una forza di Sinistra “unta”.
Trovo che chi difende la scelta del NO esprima in sostanza una sfiducia nei confronti dell’attuale classe politica e governativa, ma non solo questa: c’è sfiducia negli organismi paralleli (magistratura, forze sindacali, imprenditoria, associazionismo democratico diffuso) che sono il vero “sale” della Democrazia.
In primo luogo votando NO si smentisce quanto già deciso poco meno di un anno fa; in secondo luogo si evidenziano in tal modo le incapacità degli attuali parlamentari a porre in atto le conseguenti disposizioni legislative per l’adeguamento e per il rafforzamento della presenza democratica diffusa sui territori e dai territori verso il centro vitale del Paese; inoltre chi propone di votare NO lo fa utilizzando argomentazioni apocalittiche, distopiche, disperate, pessimistiche oltre misura. Indubbiamente lo fanno in modo molto articolato, convincente, soprattutto verso la massa di persone che ha bisogno di “credere” in qualcosa di “cristallizzato” o da rendere tale, dopo l’usura del tempo.
Io voto SI proprio perchè ho fiducia nella capacità reattiva del Paese verso quei rischi eversivi che i sostenitori del NO paventano. Questi ultimi non mi convincono del tutto e trovo la loro straordinaria bravura dialettica molto più pericolosa di quanto non lo sia la semplice constatazione che tutto si evolve e si trasforma, a partire dai nostri corpi e dalle nostre menti. Stabili ed indelebili devono permanere i “valori” comuni da declinare sempre al meglio per il bene di tutti, a partire dagli “ultimi”. Io voto SI perchè riconosco il mutare delle stagioni.

Quelli che hanno sottoscritto la richiesta referendaria hanno avuto per questo compito il “Via Libera” ed il “rispetto” da parte dei leader dei loro Partiti. Con quella “scelta” gli “ipocriti farisei” hanno consentito di bloccare di fatto per un anno i processi legislativi riformatori necessari ad adeguare l’apparato legislativo generale dello Stato alla riduzione dei rappresentanti parlamentari. Anche contro di loro e per il bene comune e nel rispetto della volontà espressa nell’ultima votazione io voto SI. Come tanti altri membri di questa comunità dichiaro sin da ora la mia disponibilità a battermi affinchè la Democrazia sia maggiormente diffusa sui, e dai, territori attraverso un micro humus partecipativo in modo reale e concreto: diciamoci il vero, è questa la “rivoluzione” che gli apparati temono, non di certo la possibilità che vi sia la nascita di una forma repressiva reazionaria antidemocratica.

Joshua Madalon