14 novembre – UN PROGETTO PER IL CINEMA – Prato 2 gennaio 1984 – pubblicato per intero (dal 5 giugno al 16 ottobre 2020)

UN PROGETTO PER IL CINEMA – Prato 2 gennaio 1984 – pubblicato per intero (dal 5 giugno al 16 ottobre 2020)

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Un progetto per il cinema – Prato 2 gennaio 1984 – testo intero

Premessa datata oggi giugno 2020 (ad evitare fraintendimenti)

Ero a Prato dalla fine del 1982; mi occupavo di cultura cinematografica per l’ARCI, ero coordinatore regionale toscano e membro del Durettivo nazionale dell’UCCA, avevamo fondato ed aperto il Cinema Terminale “Movies”; avevamo deciso di mettere in piedi un progetto per il Cinema a Prato. Come spesso mi è accaduto, non ho mai voluto tergiversare intorno ai problemi; c’era qualcosa che non riuscivo a comprendere: si voleva fare ma non si sapeva come portare a compimento, realizzare tali progetti. Nella Introduzione trovate “subito” le perplessità, le preoccupazioni, anche se amaramente appaiono un po’ polemiche. Subito dopo, ad evitare che si potesse dire che non vi fossero idee e progetti, ci sono idee e progetti complessivi per la città di Prato.

Introduzione

Impegno preso, impegno assolto, questo di presentarvi un progetto (anche se modesto) per l’attività cinematografica a Prato, ed ho posto in esso tutto l’entusiasmo e l’interesse che ho per il cinema, con quel poco di esperienza che ho accuumulato in questi pochi anni. Tuttavia non vedo ancora quelle certezze che sono necessarie per un mio lavoro sereno, affinchè la mia collaborazione possa contare effettivamente, e servire. Personalmente, non ho alcuna frustrazione da cui riscattarmi attraverso ruoli culturali liberatori: ho un lavoro che mi soddisfa e mi impegna, una famiglia felice, un’attività culturale già intensa. Non sarebbe dunque il “Movies” di Prato a garantirmi la felicità, anche se mi interessa vederlo crescere. Esistono delle ambiguità elusive soprattutto sul piano organizzativo e delle incertezze ancora profonde sull’assetto operativo: poichè ritengo in maniera alquanto presuntuosa, di essere in grado di offrire una collaborazione attiva, e necessaria, non considero sufficienti le garanzie del nostro rapporto attuale sia sul piano della riuscita culturale sia su quello economico finanziario, per cui non riesco oggi a prevedere altra soluzione se non quella di ridurre la mia collaborazione allo stesso livello di gran parte dei soci fondatori del nostro Circolo, ricordandovi che ho impegni altrettanto seri ed interessanti a livello regionale e nazionale. Esistono delle pigrizie, che chiamerei assopimenti teorico-politici” che non posso condividere; e poi, cari compagni, a conti fatti, chi me lo fa fare! Consideratemi, tuttavia, in ogni momento a disposizione, laddove si voglia chiarire il tutto ed affrontare ogni questione in maniera più seria e globale.

Dopo questa parte “critica” (l’isolamento nella gestione del Programma che non riceveva consensi da parte del gruppo dei fondatori) ed “autocritica” (nel riconoscere di sentirmi inadeguato, ma orgogliosamente consapevole delle potenzialità che avrei potuto esprimere) non rinuncio ad affrontare gli aspetti culturali necessari per una migliore promozione della nostra proposta.
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UN PROGETTO PER IL CINEMA Prato 2 gennaio 1984 seconda parte (per la “prima” vedi 5 giugno)

Lo “stato del Cinema”

Intendo soffermarmi, anche se solo brevemente, su alcune considerazioni di carattere teorico, che appaiono necessarie a delineare il quadro della nostra realtà e della nostra società entro il quale intendiamo agire per sviluppare le basi per un suo rinnovamento, per un suo miglioramento.
Personalmente ritengo che tutte le premesse teoriche possano servire a riempire molte pagine, ma siano inutili, vuote ed ipocrite senza un progetto serio di attuazione pratica che le sostenga: è inutile quindi affastellare argomenti su argomenti, citazioni su citazioni, è inutile ripetere le stesse idee, spesso le stesse frasi, ormai rese degli “slogan” pronti ad ogni uso, è inutil soffermarsi a far grandi, e quasi sempre uguali, valutazioni sullo “stato delle cose”, è inutile preconizzare mutamenti sociali in positivo senza offrire un progetto di cambiamento effettivo della realtà con la partecipazione attiva delle masse. E certamente, cerchiamo di capirci, quando scrivo “masse”, intendo non una massa di persone indistinte, ma un gruppo sempre più largo di persone coinvolte e a loro volta coinvolgenti, interessate ed interessanti, stimolate e stimolanti, che partecipino con pari dignità , con pari meriti e responsabilità alla gestione dell’Azienda.

Diversamente ci troveremmo di fronte ad un progetto che, pur prevedendo il contributo della gente, in effetti tende ad emarginarla, a renderla soggetto piatto e passivo solamente e privo, se non altro, di capacità analitica. Nello stesso momento, dunque, in cui mi accingo ad esprimere mie opinioni su questa nostra realtà, cerco di sintetizzare teoria e prassi dell’intervento che andiamo a compiere.

Ci troviamo di fronte ad una situazione, soprattutto quella italiana, per quanto riguarda il “cinema” e proviamo ad analizzarla. Questo settore attraversa uno stato di crisi che si trascina da anni ed ha una doppia natura: di idee e di spettatori. Se da una parte le due accezioni praticamente sintetizzano una situazione particolarmente drammatica, che si concretizza poi in una continua e sempre più irreversibile chiusura di sale cinematografiche, dall’altra un nuovo settore viene ad essere privilegiato, quello della televisione, canale di diffusione dei materiali filmici, scelto sempre più frequentemente dagli stessi produttori, come stanno ad attestare le recenti messe in onda de “Il Conte Tacchia”, “Il Marchese del Grillo”, “Il tempo delle mele”, quest’ultimo poi ritirato “in extremis” dalla casa di produzione francese GAUMONT.
Tutto questo si verifica in un contesto, più volte denunciato dalla nostra Associazione, che si caratterizza pr una assenza legislativa colpevole da parte di governi latitanti ed irresponsabili, che non riescono da una parte a costruire una legge sulla cinematografia che sia al passo dei tempi (ma l’iter di una qualsiasi legge di riforma nella nostra storia parlamentare ha raramente permesso di fornire una risposta adeguata ai bisogni reali della gente), dall’altra ad emanare nuove disposizioni che regolamentino l’attività delle televisioni private e che colpiscano duramente quei “network” che trasgrediscono le regolamentazioni preesistenti.

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UN PROGETTO PER IL CINEMA 2 gennaio 1984
Parte 3 (per la seconda parte vedi 24 giugno)

La crisi che attanaglia il settore cinematografico ha riferimenti complessi, che già ricordavo, e se il calo degli spettatori è collegato alla caduta di idee nuove ed appetibili, queste ultime vengono meno di fronte al calo “culturale” degli spettatori. Così assistiamo da un canto alla disponibilità, da parte di produttori interessati al guadagno (che è la differenza in più tra le uscite e le entrate), ad investire capitali che sarebbe anche troppo generoso chiamare di serie “B”, dall’altro canto si verifica che alcuni giovani autori con idee non del tutto disprezzabili abbiano una notevole difficoltà ad affermarsi senza un supporto produttivo e pubblicitario che li sostenga adeguatamente. E’ anche vero che alcuni di questi autori nelle loro prime prove , anche sostenuti da apparati di buon livello, hanno fortemente deluso ed hanno creato, vedi Venezia giovani, una accanita caccia al giovane autore da parte dei numerosi critici, che hanno sparato senza pietà i loro strali acuminati sulle pagine dei quotidiani e delle riviste specializzate.
Parlare di crisi di idee , privilegiandola nella scelta del maggior responsabile di questa caduta, può essere tuttavia fuorviante e scarsamente realistica, perché sarebbe utile spiegarsi come mai film sostenuti da un impianto narrativo assai banale o addirittura inesistente, vedi in qualche modo “Flashdance”, riescano ad ottenere incassi favolosi e come mai alcune scelte di serialità, partendo da un’idea nemmeno troppo originale e geniale, forniscano guadagni da capogiro ai suoi realizzatori. Pur non avendo intenzione in questa occasione di approfondire tali tematiche, io sono convinto tuttavia che non manchino nè idee nè spettatori (in maniera potenziale, si intende) e che questa crisi sia dovuta essenzialmente al vuoto di sotegno, incoraggiamento e proposta politica di cui accennavo pocanzi. All’interno di questa crisi, molto importante e fondaentale si rivela il compito delle associazioni e dei circoli di cultura cinematografica e la loro politica culturale può costituire, pur nella sua umile modestia, un riferimento concreto per quelle istituzioni cui prima di tutto è delegata la salvezza dell’arte cinematografica nazionale e la sua competitività sul panorama internazionale.
Il ruolo delle associazioni e dei circoli di cultura cinematografica è notevolmente cresciuto in questi ultimi tempi, proprio in quanto sempre più alta si fa la richiesta – corrispondente di solito alla chiusura di molte sale periferiche e di alcune anche centrali – di usufruire di una produzione medio-alta, che cozza apertamente contro la politica gestionale di moltissime sale normali. Pare che lo spettatore di media cultura sia complessivamente interessato a seguire un certo tipo di produzione cinematografica culturale in alcune sale, tipicamente denominate “d’essai”.
Questo sembrerebbe confortare in partenza il nostro intervento, anche se la tendenza potrebbe invertirsi, anche se non può essere provato anticipatamente quale sarà la rispondenza effettiva nella nostra specifica realtà, dove già è in attività una sala con caratteristiche affini (la Sala “Borsi”); ed è per questo che occorrerà caratterizzarsi fortemente sul piano di nuovi progetti, è per questo motivo che occorrerà analizzare le assenze culturali ormai consolidate o appena evidenti in un territorio tutto sommato provinciale come è questo nostro di Prato, ed affermare necessariamente in contrasto ma anche come contributo culturale il nostro ruolo propositivo e creativo……

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UN PROGETTO PER IL CINEMA 2 gennaio 1984
Parte 4

Ne deriva che non vi è alcun bisogno comprovato di aprire una nuova sala cinematografica, che affronti in maniera banale e solita la gestione della sua programmazione, riuscendo anche, perché non augurarcelo, ad ottenere un certo successo quanto all’affluenza del pubblico e, di riflesso, alla generosità degli incassi, ma senza fornire alcuna risposta seria ed adeguata alle attese nuove che un pubblico più studiato da vicino, maggiormente coinvolto e stimolato ad esprimere le proprie esigenze, i propri interessi culturali, potrebbe mettere in evidenza con laggiore forza e chiarezza che nel passato.
Due livelli di proposta
Esistono dunque due livelli di intervento: il primo che chiameremo “minimo” si potrebbe identificare, ad esempio, con il “BORSI d’essai” e, peggio, con una sla di tipo parrocchiale, dove unico interesse imperante è programmare, anche se lo si fa in maniera soggettivamente intelligente e funzionale ad un proprio progetto di intervento; il secondo che chiamremmo “massimo” dovrebbe invece comprendere una forma culturale più complessiva, aperta alle istanze ed alle sollecitazioni esterne, quando esse si caratterizzino particolarmente per essere interessanti dal punto di vista sociale e politico e legate ad uno specifico intento culturale, soprattutto nel quadro di interventi di educazione permanente rivolti ai più diversi soggetti sociali (studenti, operai, giovani e giovanissimi, anziani, etc…); occorre altresì essere capaci di creare un centro di studi cinematografici che abbia anche la possibilità di fornire materiali filmografici e critici di prima mano e che sappia diffondere, oltretutto, il gusto e la passione per l’arte cinematografica, riuscendo a diventare centro di raccolta e di diffusione delle iniziative più importanti e culturalmente più convincenti. E’ a questo ultio livello di intervento cui il nostro gruppo deve pretendere di pervenire, non può accontetarsi di raggiungere l’obiettivo “minimo”. Certamente, non intendo nè trovare la soluzione della crisi cinematografica, nè assumere il compito di insegnare agli altri come si fa a costruire e sorreggere l’attività di un circolo di cultura cinematografica che funzioni; intendo solamente “sfondare porte aperte” che molti non riescono a vedere e spero non siano un semplice e personale miraggio; cioè vorrei capire e ricercare insieme a voi, come si è già da qualche tempo, ma sporadicamente e disorganicamente, cominciato a fare, come si può e si deve lavorare per ottenere risultati dignitosi ed interessanti in un circolo di cultura cinematografica, ben altro dunque rispetto a tutto quello che finora è stato fatto dalle nostre e dalle altre Associazioni qui a Prato.
Potremmo accennare anche, e perché no, ad un progetto “intermedio”, ma forse non ne vale la pena, soprattutto perché mirare al progetto “massimo”, che comunque potrebbe essere utopistico, ci garantisce parzialmente nella convinzione che, vada come vada, si potrà pervenire ad una posizione “media” del tutto nuova, anche se non ottimale, in questa nostra realtà.
Le “assenze”
Occorrebbe dunque “in primis” innestarsi sulle cosiddette “assenze”: ne ho voluto evidenziare cinque, ma possono essere nè così tante nè così poche, sarete voi a confermarlo. Le assenze: un problema che pomposamente ed in maniera particolarmente ristretta si potrebbe chiamare “di scenario”. Uno scenario molto poco esaltante, in verità leggermente squallido e deludente.

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UN PROGETTO PER IL CINEMA parte 5 (per la parte 4 vedi 24 luglio)

Se si pensa che fra qualche anno Prato diverrà provincia ed oggi (ndt. Siamo nei primi giorni del 1984) si discute ancora (ma lo si fa davvero?!?) se aderre o meno ad una “proposta” di rivista culturale, l’argomento viene “snobbato”, se ne sminuisce la portata, non se ne vuole tener conto, si lascia che cada nel dimenticatoio o al massimo con argomentazioni scarsamente convincenti ed altrettanti colpevoli silenzi. E’ solo un aspetto di questo “scanario” che trovo di fronte, tremendamente “provinciale”. Se si pensa all’esistenza di un’ARCI in positiva crescita, finanziariamente florida ed in grado di autogestirsi, che però non riesce ad occupare “realmente” quel ruolo politico di protagonista nella trasformazione e nel rinnovamento della società, con il rischio, grave sotto l’aspetto politico, di essere protagonista nella conservazione, si ha anche la risposta ad alcuni dei quesiti drammatici ed allarmanti posti da qualche compagno nel corso di quei dibattiti pre congressuali di fronte ad un documento – quello dei “Temi” – che non offre, con la volontà dichiarata di costituire una “traccia che dovrà arricchirsi”, con la promessa di voler garantire a tutti coloro che interverranno nel corso del dibattito una positiva maggiore libertà, progetti, orientamenti, obiettivi concreti, mentre sarebbe importante per un gruppo dirigente che si rispetti il prospettare in maniera molto più ampia e precisa come la pensi e quali risposte dare alla crisi complessiva della nostra società, quale ruolo assumere per controbattere più efficacemente possibile l’inaridirsi dei rapporti sociali, senza abbandonarsi alla mera spesso arida gestione dell’esistente. Non può bastare la sintesi degli interventi, spesso molto pochi e poco articolati, per compilare poi un eventuale documento programmatico conclusivo del Congresso; ma occorre essere effettivi “dirigenti”, non solo accettando le critiche, e valutandole, soppesandole, valorizzandole, ma offrendo già in partenza un’analisi meno indulgente verso lo stato attuale delle cose, impietosa verso la nostra realtà, anche quando questa ci ha coinvolto e ci coinvolge direttamente. Occorre prospettare anche un miglioramento della gestione politica, la quale non può essere limitata ad interventi disorganici – anche se corretti formalmente – sulla pace, sui problemi sociali, sulla cultura, sull’economia solo per mantenere una semplice dignità di facciata: occorre agire invece nel profondo di questa società e , per far questo, è necessario molto spesso guardare al di là della pura e semplice produttività finanziaria, che finisce quasi sempre per “mettere il cappello” su tutto ed in questo modo diventare prevalente. Di questa esigenza io trovo coscienza nelle parole di alcuni dirigenti, ma non ho ancora la certezza che a quelle corrispondano dei fatti veri, non “chiacchiere” giusto per coprirsi, e corrispondano delle convinzioni acquisite, non fosse altro che sul piano teorico.
Chiudo questa parte “de doléance”, riflettendo su come questa ARCI di Prato mi appaia come quelle famiglie “borghesi” arricchitesi recentemente ( non è forse uno degli aspetti delle realtà del modello di società che noi osteggiamo? ) che, inserite nell’ingranaggio del benessere acquisito “tout de bout”, non sanno nè possono tanto meno tornare indietro senza rinunciare a quei benefici onestamente e con fatica e sacrificio acquisiti; e, nel frattempo, hanno perso i contatti con i vecchi buoni amici – quelli che non sono riusciti a salire nel gradino dei ceti sociali – e non riescono ad amministrare i loro affetti ed i loro stessi sentimenti, smarriscono il senso della misura, non curano il rapporto con i figliuoli, cui non rimane che seguire, oltre alle orme dei padri si intende – ma in maniera spesso più spocchiosa, intrigante e provocatoria a causa della base di partenza più favorevole – la strada dell’abulia e della negazione dell’essere, quella della “nausea” e della rinuncia. Forse siamo ancora in tempo per cambiare (o perlomeno per tentare di capire!).

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UN PROGETTO PER IL CINEMA 6 (per la parte 5 vedi 2 agosto)

Uno straniero

E’ evidente che questo “scenario” lo si può guardare così bene solo dall’esterno: uno “straniero” lo può fare! E, quantunque io mi ostini a considerarmi dei vostri, non mi è parso affatto che ufficialmente, che chiaramente vi sia da parte vostra – si dice, per aride ragioni burocratiche e gerarchiche – un pur semplice riconoscimento in tal senso. Durante quest’anno di permanenza a Prato ho sempre offerto impegno e disponibilità, trovando scarsissima disponibilità e pochissime soddisfazioni e, quando qualcuno argomenta sui risultati che non sono venuti, il mio pensiero corre a qualche chilometro di distanza (vedi Firenze, vedi Empoli –soprattutto-), dove lo “straniero”, pur rimanendo tale, in una realtà tutto sommato non diversa da quella di Prato, con una struttura cinematografica, l’UNICOOP, già attiva da anni, con un gruppo dirigente preparato e consolidato (BALDESCHI, BERTI, PAGLIAI, ecc…), ha contribuito in prima persona a realizzare due rassegne, il cui significato e la cui garanzia e serietà professionale non sono certo riconosciute soltanto dal sottoscritto, presuntuoso impenitente. E’ giustificabile, almeno lo penso, che il mio atteggiamento negli ultimi tempi sia diventato nervoso e guardingo e mi convinco sempre di più che non valga la pena lavorare – anche per una causa così onesta e disinteressata, per qualcosa che si è visto nascere e che si vorrebbe veder crescere – senza ottenere delle garanzie, delle rassicurazioni, dei riconoscimenti morali. E di fronte a questa disillusione, che anche io spero possa svanire al più presto, il mio pensiero si svolge su toni di elevato pessimismo.
Ritorniamo alle “assenze”
“Arrogante e superficiale, spregiudicato e impavido, anche se consapevole dei propri limiti ma pronto a vendere anche del fumo”: la differenza fra me e molti altri potrebbe essere questa: io non faccio velo nè dei miei pregi nè dei miei difetti, non mi piace la falsa modestia; altri nascondono anche i loro pregi, alcuni per giunta rimuovono i loro difetti per una sorta di autodifesa, altri li celano a bella posta, in mala fede, ma in fondo per il potere ucciderebbero anche la loro madre, per parafrasare un illustre toscano. Ed è proprio nel Machiavelli che, per altri versi, bisogna ricercare un’indicazione organizzativa – un misto di spregiudicatezza, prudenza ed intelligenza – per la nostra attività cinematografica.
Stavo accennando poco fa alle “assenze” ed ho messo in evidenza quelle politicamente più grandi ed importanti – ci riguardano molto da vicino – ma forse anche sono limpide e più – come dicevo prima – rimosse dalla nostra coscienza. Esistono però altre “assenze” a Prato che direttamente ed indirettamente sono legate ad un nucleo così importante come la nostra Associazione. E qui, analizzando la realtà in maniera personale approfondirò indirettamente anche la tematica del presunto provincialismo pratese.
Avevamo parlato di cinque “assenze”:
1) A Prato risulta “assente” un centro promotore e coordinatore di attività culturali cinematografiche, manca fino ad ora nella volontà politica dei vari gruppi operanti sul territorio una scelta di questo tipo, anche se, per vie settoriali, c’è un gruppo che si interessa dei rapporti tra Cinema e Musica ed un altro che interviene periodicamente sul tema “Cinema e Fumetti”………..

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Un progetto per il cinema – Prato 2 gennaio 1984 – parte 7 – per la parte 6 vedi 11 agosto

Esistono poi alcune sale, dove si proiettano film commerciali detti “per famiglie”, che però niente hanno a che vedere con un approfondimento della storia e della tecnica del cinema. Se, però, si calcolasse una tipica ricerca di mercato la necessità di coprire questa assenza, sulla base di dati facilmente rilevabili dalla frequenza nell’istruzione superiore ed universitaria dei giovani, dall’attività scolastica svolta negli ultimi anni intorno all’arte cinetografica ed affini, dalla frequenza ed afflusso dei giovani pratesi nei locali cinematografici della città e della provincia (in particolare Firenze), dall’interesse che nei quartieri e nei vari Circoli ricreativi e culturali, Case del Popolo ed affini, si mostrasse verso il Cinema e dalla domanda che va omogeneamente aumentando quanto alla conoscenza di quest’arte, si potrebbe avere la netta sensazione che risulta indispensabile – anche se in ritardo – intervenire per ottemperare a questa richiesta complessiva con la creazione di un “Centro” che sia in grado di assolvere a questo compito;
2) Un’ulteriore “assenza” a Prato è data dalla inesistenza di uno studio approfondito sul “corpo vivo” dello spettatore cinematografico: è un’ ”assenza”, la seconda, molto legata alla prima. Abbiamo di fronte, oggi, il problema di dover intervenire in questo settore e non sappiamo, se non in maniera approssimativa e soggettivamente parziale, quali sono le effetive preferenze dello spettatore medio e di quello – il cinefilo – che pure ci interessa più da vicino, non abbiamo valutato quali siano le ragioni – io le giudico frutto di provincialismo – che spingono lo spettatore medio alto ad emigrare temporaneamente nei cinema e cineclub fiorentini, disertando i locali pratesi rei – a loro dire – di programmare in ritardo le prime visioni e di boicottare volontariamente la produzione d’essai: la diserzione in campo cinematografico vale come reato quanto le altre (diserzioni). Ci interesserebbe conoscere la frequenza degli spettatori divisa per giornate e periodi, il passaggio delle pellicole, la durata della tenitura, la qualità ed il genere dei film presentati; sarebbe anche importante affrontare uno studio accurato delle motivazioni che costringono, negli ultimi anni, un numero sempre più alto di apettatori a disertare le sale (pigrizia fisica e mentale, riflusso, prezzo del biglietto, ecc..). Una ricerca utile non si limiterebbe solo a questo, perchè non credo di essere stato completo ed esauriente, ed interesserebbe anche altri gruppi che lavorano nei vari settori dello spettacolo;
3) Manca a Prato un progetto “ideativo e pratico” che affronti, partendo dalla conoscenza di questa realtà, tutta la problematica inerente ad un intervento serio ed incisivo nel settore cinematografico. Finora, mi è parso, sono stati realizzati interventi sporadici, disarticolati e molto settoriali, ai quali comunque mancava l’apporto di un progetto complessivo di analisi, il che ha contribuito a onfondere sempre più le idee anche a chi eventualmente cominciava a chiarirsele, ha frustrato l’entusiasmo di alcuni, ha prodotto un effetto negativo “a catena”, facendo in modo che venissero sovvenzionate spesso realizzazioni sporadiche che, oltre a non possedere un progetto solido alla base – come si diceva dianzi – erano, e sono, semplicemente “avventurismi” ai quali occorrerebbe negare qualsiasi consenso politico culturale.

Fine parte 7
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Un progetto per il cinema – Prato 2 gennaio 1984 parte 8

Ovviamente, mi riferisco ad interventi che non riguardano solamente il cinema. Se ben vi ricordate, scrissi una volta – all’indomani del convegno di Artimino del 25 e 26 marzo del 1983 – che non mi convincevano molto i metodi in uso ed i rapporti che intercorrevano tra l’Assessorato alla Cultura di questa città e le varie manifestazioni culturali; qui ribadisco il mio primitivo dissenso, dopo aver osservato per un anno con attenzione locandine e manifesti che pubblicizzano gli interventi e le partecipazioni di questa Amministrazione in campo culturale: mi piacerebbe conoscerne le linee di intervento. Questa è la terza “assenza” che preannuncia la quarta.
4) Quarta “assenza” – Appare chiaro che non esiste un orientamento preciso, un progetto, una tendenza di massima semmai, anche da parte di coloro i quali (istituzioni, organismi, persone singole) avrebbero questo compito di curare in maniera più precisa i rapporti tra l’immagine e la realtà, la comprensione e la lettura della realtà attraverso l’immagine, tranne che in tempi recenti per quel che attiene in modo particolare al settore della Fotografia, l’uso della tecnologia audiovisiva per una migliore conoscenza culturale. Intendo riferirmi agli Assessoratia alla Cultura ed alla Pubblica Istruzione, alle organizzazioni politiche e sindacali, alle Associazioni culturali e ricreative, a quegli appassionati di cinema ed audiovisivi in generale, che agiscono in una realtà tutta personale, ammantata di eleganti sogni e mai concretizzata in un’esperienza pratica e comunicata agli altri; spesso questi ultimi, pur ricchi di esperienza, difettano di capacità comunicativa e di capacità direttiva ed organizzativa o, peggio, non si pongono neanche il problema: eppure esistono e sono preziosi come diamanti e tartufi.
Si pensi, ad esempio, ad un’Assessorato che tracci linee teoriche e politiche non solo, ma anche le linee di intervento pratico in materia di educazione all’immagine, che si ponga il problema delle nuove tecnologie in maniera seria e senza allarmismi semplicemente disorientanti, che apra un rapporto continuo e costruttivo con altri Enti e Istituzioni; sarebbe estremamente importante, ad esempio, partire con un censimento delle attrezzature e dei materiali filmici di cui sono in possesso le scuole pratesi per creare uno schedario delle disponibilità e verificare anche le attività che in ogni singola realtà sono state svolte negli ultimi anni e si svolgono tuttora, oltre che rilevare la capacità e la ricezione che ogni singola struttura presenta; compito di questa Istituzione, che potrebbe anche non essere un Assessorato, dovrebbe comunque essere quello di creare i presupposti per un corretto rapporto tra Cinema e Scuola, raccogliere la fiducia dell’istituzione scolastica ed avviare una proficua e duratura collaborazione con tutte le Istituzioni, scolastiche e non.
5) Quinta, e forse non ultima, “assenza” dovrebbe essere, a parer mio, quella che evidenzia la mancanza a Prato di un gruppo compatto ed il più possibile omogeneo che affronti questa attività cinematografica – che noi vogliamo intraprendere – con professionalità, con serietà e con un serio ed adeguato progetto di intervento, che sia di garanzia per la produttività e la riuscita dell’impresa. Questo, mi sembra, è presente nei desideri e nelle parole dei compagni che lavorano in diversa misura intorno all’ “idea”; ma occorre che le parole si trasformino in fatti reali, e ciò è una questione abbastanza diversa……..

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Un progetto per il cinema – Prato 2 gennaio 1984 parte 9

….Ci si può anche candidare ad essere punto centrale e terminale di tutte queste esigenze che, purificate dall’avventurismo, dal provincialismo e dal volontarismo esasperato, potrebbero essere ricondotte ad unità sotto la nostra sigla. Ma, compagni, ora come ora, occorre o uno sforzo di fantasia o un pizzico di intelligenza e di spregiudicatezza mista a conoscenza e professionalità oppure, ma senza escludere niente di quanto prima ho detto, qualche giovane in più che “lavori” concretamente su questo progetto e vi assicuro che scrivere e parlare è molto facile, il difficile è “fare”.
Queste le “assenze”, i vuoti che vanno colmati. Se si pensa di farlo, non basta l’impegno fin qui profuso; se si pensa di non farlo, ci siamo dette tante bugie, abbiamo parlato, e sognato, a lungo invano.

Le “presenze”

Poichè, nell’elaborare questa traccia, ho messo in evidenza la mia preferenza per un intervento di “massima, ritengo di dover aggiungere a queste considerazioni una parte più propriamente pratica con un elenco di “necessità funzionali”, di “operatori necessari” e di “presenze” che in parte già sono state poste in evidenza. Accanto alle “assenze” pongo, quindi, delle “presenze”; esse sono, a parer mio, almeno tre e le elenco velocemente: 1) Il Circolo “MOVIES” ed il suo nucleo dirigente fondatore con il suo progetto, peraltro in via di formazione; 2) Una esigenza fondamentalmente attiva e stimolante da parte del pubblico; 3) Una pressante richiesta, pur se molto spesso non formalizzata concretamente, ed un interesse sempre più ampio della scuola nei confronti delle nuove tecnologie e del Cinema, in generale.

Il gruppo dirigente: quello che c’è
Il grupo dirigente del Circolo, quello funzionale, secondo me, non esiste ancora (o, se esiste, è insufficiente a reggere il progetto di “massima”), in quanto su circa nove elementi che lo compongono sulla carta, solo due potrebbero garantire di impegnarsi sul progetto e non sono sufficienti; tre altri compagni potrebbero, comunque, garantire un impegno, ma sono già oberati di lavoro nell’organizzazione del complesso; sui rimanenti quattro non me la sento di pronunciarmi a pieno, in quanto, secondo alcuni, non offrirebbero – essendone consapevoli – sufficienti garanzie di un impegno continuativo, ed io d’altra parte, anche nel rispetto delle loro consapevolezze, conoscendoli molto poco non azzardo giudizi negativi: anzi!

Professionalità e volontariato
E’ proprio partendo da questo dato “oggettivo” che io ho iniziato a porre delle serie difficoltà ed ho avanzato continue perplessità sulla possibilità di realizzare, in queste condizioni, il progetto in cui intendiamo imbarcarci. Devo dire purtroppo che non ho ricevuto ancora risposte convincenti e che il mio atteggiamento naturalmente è sul guardingo e di riflesso non è incondizionato. Tra l’altro, poco si addicono i discorsi di alcuni compagni che parlano di “professionalità” e di “imprenditorialità” con altri discorsi che non prevedono neanche il recupero delle spese vive da parte dei collaboratori. Devo qui confermare il mio netto dissenso con quanti parlano appunto di “professionalità” e poi vorrebbero affidare la gestione del progetto in gran parte al “volontariato”: questi due termini non possono facilmente coincidere nella realtà (anche se molto spesso il volontariato si basa, soprattutto in questi territori, su criteri di sufficiente professionalità), perchè il volontariato può venir meno quando vuole dai suoi compiti e creare dei vuoti pericolosi e difficoltà letali per l’attività del Circolo….

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Un progetto per il cinema – Prato 2 gennaio 1984 parte 10 (per la 9 vedi…..)

Quanto a me, se la questione viene messa in questi termini, il mio impegno finirebbe per essere minimo e limitato – come quello, d’altronde, della maggior parte dei soci fondatori -; se invece si vuole prendere in considerazione il mio contributo come necessario e valido sotto il profilo prevalentemente collegato alle conoscenze culturali, lo si faccia pienamente, senza tentennamenti e senza ambiguità: certamente il mio lavoro dovrà essere posto a verifica e valutato, così come chiedo, però, che venga fatto per tutti gli altri dirigenti e collaboratori del “Movies”, procedendo anche con severità; ma quale pretesa di serietà e di severità può essere accampata se ci si basa esclusivamente sul lavoro volontario? Un progetto che si affidi al volontariato, o ha una base di partenza già molto sicura o non potrà mai volare molto in alto; deve accontentarsi di essere “minimo” rispetto alle attese e finirebbe per non apportare alcuna novità in questo panorama arido e bisognoso di interventi originali e culturalmente validi. In una realtà come la nostra, della quale si è già diffusamente altrove accennato, ci troviamo di fronte a varie esigenze che, affrontate con queste forze, ci potrebbero vedere perdenti. Andiamo per blocchi sintetici e schematici:
Il gruppo dirigente: ciò che ci vuole
Un gruppo dirigente che si rispetti dovrebbe enucleare tutta una serie di incarichi e di responsabilità da distribuire al suo interno con oculatezza e tenendo presenti le disponibilità e le conoscenze specifiche e considerando a fondo le caratteristiche progettuali di partenza e quelle peculiari di ogni singolo dirigente.
Il coordinatore
A capo di questa struttura dovrebbe essere posto un coordinatore, responsabile esclusivamente dell’attività del circolo cinematografico, l’unico a cui verrebbe corrisposto il pagamento di una somma fissa mensile. Il suo compito sarebbe quello di sovrintendere a tutte le operazioni, garantendo la sua presenza attiva in periodi prefissati, assumendosi la piena responsabilità della riuscita organizzativa e culturale e rispondendo direttamente di eventuali sfasature e deficienze della struttura, dovute a leggerezze, a sottovalutazioni, a inadempienze.
Il coordinatore in seconda
Accanto a lui io vedrei un secondo coordinatore che svolgesse, però, un compito di semplice supporto organizzativo, la cui entità sarebbe da concordarsi di volta in volta ed il cui ruolo dovrebbe essere quello di coadiuvare il primo coordinatore nell’esercizio delle sue funzioni. Ma questa figura non è del tutto necessaria; tra l’altro gli verrebbero corrisposti dei semplici rimborsi spesa, secondo le tabelle dell’ARCI oltre a degli incentivi sulla base dell’importanza del lavoro svolto e dai risultati, da concordarsi di volta in volta.
Il segretario archivista
Dovrebbe essere previsto un segretario archivista; il suo compito sarebbe quello di redattore di tutte le riunioni del Consiglio Direttivo e del Gruppo Operativo (cui sono demandate rispettivamente la realizzazione pratica delle linee d’intervento culturale e politico e quelle più propriamente pratiche ed operative), di conservatore e di catalogatore di tutto il materiale costituente la storia del Circolo (corrispondenza, tessere, indirizzi, manifesti, locandine, depliant, registrazioni in audio e in video, ecc….), di tutto il materiale bibliografico e filmografico di provenienza esterna (libri, cataloghi, articoli, recensioni, ecc….); sarebbe inoltre responsabile della cura dell’Archivio e della Biblioteca, il cui accesso dovrà per ora essere esclusivamente riservato ai soci “studiosi” iscritti al Circolo tematico.

Fine parte 10

Un progetto per il cinema – Prato 2 gennaio 1984 parte 11 e ultima (per la parte 10 vedi….) a breve il testo intero

Il programmista

Un’ulteriore figura ch va tenuta presente, molto importante, è quella del programmista, il cui compito è programmare tutti i film, tenendo presente bene le scadenze particolari sul calendario, mantenere i rapporti con le case distributrici e far preparare (e preparare egli stesso, semmai) il materiale di supporto critico. Inoltre spetta al programmista mantenere i rapporti con la stampa, con la pubblicità e con la tipografia. Non spetta a lui fare in modo che il materiale filmico (pellicole, affiches, materaile di propaganda) arrivi e parta dalla sede del Circolo, nè è responsabile per le inadempienze esterne ( case distributrici, tipografie, ecc…), nè per lo stato del materiale in arrivo nè per quello in partenza.
Rapporto con Enti e Istituzioni

Altro ruolo da considerare è quello di colui che dovrà mantenere i rapporti con gli Enti locali e le Istituzioni Regionali, con gli altri cineclub toscani e non, con il Consorzio Toscano Cinematografico e il Ce.d.Ri.C., con le Associazioni di Cultura sul territorio nazionale. Questi rapporti potrebbero però essere mantenuti da più persone, cioè il ruolo potrebbe essere scorporato e suddiviso, così come si potrebbe fare per tutti gli altri, mantenendo un minimo di omogeneità e di coerenza. Un ruolo così importante, ovviamente, deve essere assunto da persone che abbiano una certa conoscenza tecnica, giuridica e politica.

Rapporti con le scuole

Interessante è anche un compito che mi è stato sempre a cuore, ma che non rivendico come mio: curare i rapporti con le Istituzioni educative, con l’Assessorato alla Pubblica Istruzione per creare i presupposti di un contatto costante sulle problematiche riguardanti il mondo degli audiovisivi e del Cinema in particolare. E’ questo un settore di primaria importanza che necessita di una persona che da sola se ne occupi, soprattutto perché sarebbe riservata a lei (o lui) l’incombenza di programmare l’attività culturale per la scuola e per gli studiosi e i cinefili con alcune proiezioni particolarmente riservate sia anti che pome-ridiane.

Qualche cenno sul coordinatore del complesso

Non aggiungo altri ruoli: anche se non ho ancora parlato di colui che dovrà coordinare l’organizzazione nel suo “complesso” e che comunque si interesserà anche della sala cinematografica. Qualche cenno su questa figura: dovrà intrattenere rapporti economici e di lavoro con tutti quelli che saranno i nostri interlocutori e collaboratori ( operatore, case distributrici, tipografia, spot pubblictari, ecc…), dovrà fare in modo che il materiale arrivi e parta, che sia in buono stato ( o perlomeno nello stato in cui ci è stato consegnato ), è responsabile di tutte le scelte organizzative pratiche (botteghino, maschera, controllo sala, pulizia uffici e sala, ecc….)

Il tesseramento

Quanto al tesseramento, anche se ora le scelte potrebbero già essere state compiute, la mia idea era quella di emettere un tesserino del Circolo “MOVIES” dal costo simbolico di lire 1000 obbligatorio per tutti gli spettatori ( paganti e non ) e di riservare l’ingresso a biglietto intero ai soci del Terminale e del Movies e quello con lo sconto ai soci ARCI: altrimenti a cosa dovrebbe servire la tessera ARCI in una struttura che complessivamente vi aderisce, per un Circolo che viè chiaramente affiliato?

Una postilla molto personale

Detto tutto questo che, partendo da un punto di vista teorico, è arrivato a toccare anche aspetti molto pratici, quali – ad esempio – la divisione degli incarichi e delle competenze, le difficoltà, le necessità che troviamo di fronte a noi, occorre adesso provvedere a risolvere quei nodi che qui sono posti in evidenza e dare anche quelle risposte che qui vengono sollecitate. Non sono affatto convinto che si debbano attendere gli esiti delle tornate congressuali per rispondere ad una particolare esigenza da me posta sulla collocazione precisa che io dovrei avere nella futura struttura dell’ARCI di Prato e del “MOVIES: altrove il mio impegno è già richiesto in maniera precisa ed io devo quindi decidere nei prossimi mesi che e che cosa privilegiare. Fra le altre questioni, vado chiedendomi da un po’ di tempo se valga la pena, alla mia età, con un figlio in arrivo, mettermi a correre dietro ai miraggi per concretizzarli.
Se i prossimi incontri saranno più convincenti dei precedenti, se garantirete rispetto per il mio lavoro e la mia professionalità, se si capirà finalmente cosa si vuole fare, appronterò una seconda parte, ancora più pratica, di questo progetto, nella quale tenderò a chiarire come si possano costruire i rapporti esterni, che sono indispensabili a far crescere il prestigio e la conoscenza del nuovo Circolo e della sua struttura e quali siano le iniziative, come e con chi attuarle.
Prato. Li 02.01.1984