DENTRO IL LOCK DOWN – un invito a guardare il futuro con meno pessimismo

DENTRO IL LOCK DOWN – un invito a guardare il futuro con meno pessimismo

Ho già esplicitato il mio pensiero sulla chiusura delle Scuole in vari post. Pur avendo espresso molti dubbi sulla cocciutaggine con cui si esprimeva l’idea di mantenere aperte tutte le scuole, anche in presenza di una diffusione intensa del virus su tutto il territorio italiano, comprendo perfettamente tutte le perplessità di quella parte del mondo della Cultura, in particolare pedagoghi e psicologi che sostengono come sia importante mantenere in piedi il senso di “comunità” che, con la chiusura, verrebbe drammaticamente meno.

Quasi tutti gli esperti della comunità scientifica hanno svolto il loro ruolo, lanciando drammatici appelli a non sottovalutare il grave pericolo che la recrudescenza del virus in tempo autunnale avrebbe provocato. Dall’altra parte il mondo politico ha continuato a sottovalutare tali rischi, mettendo su uno dei piatti della bilancia il peso numerico dei fruitori del servizio scolastico: la stragrande maggioranza dei genitori evidenzia molteplici difficoltà, che vanno al di là della qualità dell’esperienza di cui pubblicamente lamentano la perdita. Non vi è alcun dubbio che in questi mesi, in questo anno ( e ci auguriamo davvero che l’emergenza si concentri solo in “questo”), una gran parte delle acquisizioni potenziali in “tempo normale” verrà perduto. Ma non è per nulla certo che a limitare queste “perdite” non ci possano essere altri elementi positivi: la stessa utilizzazione della Didattica a Distanza dovrebbe far emergere nuovi orizzonti, utilizzabili poi in tempi normali, come espressione della volontà di recupero di ciò che non è acquisito, una forma di “ristoro” parallelo e non monetizzato.

Non è poi da poco per i giovani di oggi il poter vantare per un periodo molto più lungo, rispetto a quanto potremo fare io ed i i miei coetanei, l’aver vissuto questa fase. Ne parleranno tra loro e con i figli e nipoti, ne scriveranno le memorie, ricostruendo quei giorni nei quali la loro esperienza di vita è stata costitutiva del loro futuro; perché in ogni momento negativo si struttura il futuro: la Storia e la Letteratura che ne è la trascrizione indiretta ce lo hanno insegnato. Anche per questo non mi convincono le posizioni dei profeti di sventure; anche a loro bisognerebbe chiedere una capacità critica analitica che non si blocchi sul presente, e allo stesso tempo in modo severo avanzare un giudizio che si sostanzi sul fatto che alcuni di questi “esperti” del nostro tempo abbiano costruito il loro attuale prestigio vivendo in un periodo sostanzialmente di grande prosperità, di crescita economica, di pace: non hanno in definitiva vissuto momenti di indigenza e di sofferenza tali da far crescere in loro il desiderio di puntare ad obiettivi positivi, come è stato invece per tanti di coloro che, provenendo in modo diretto (o indiretto, come tanti della mia età) da tempi bui, hanno potuto sentirsi protagonisti della ripresa economica, del boom produttivo del dopoguerra.

Pensavo proprio questa mattina a come abbia superato la crisi derivata dalla umiliazione subìta il popolo giapponese dopo Hiroshima e Nagasaki; a come abbiano lavorato per ricostruire il Paese i nostri genitori, che hanno conosciuto anche la “spagnola” ed hanno “saltuariamente” frequentato la “scuola unica fascista”. Ovviamente, nessuno di noi si augurava (non ci passava nemmeno lontanamente per l’anticamera del cervello) di dover sopportare queste limitazioni e subire tali difficoltà. Ma tanto è! E non è facile supporre una rapida soluzione.