23 giugno – secondo blocco NON SOLO INFER(N)I- Publio Virgilio Marone – Eneide Libro VI – 3/b

Procedendo nel loro viaggio, arrivano al fiume. Quando il nocchiero , da oltre l’onda Stigia, li vede muovere attraverso il bosco silenzioso volgendo il piede alla riva, li assale per primo a parole, gridando: «Chiunque tu sia che t’avvicini armato al nostro fiume, fermati  dove sei e di là dimmi perché vieni. Qui è il luogo delle Ombre, del sonno, della notte che addormenta. Non si può trasportare dei corpi viventi sulla carena Stigia. Né devo rallegrarmi d’aver accolto sul fiume Ercole, e Piritoo e Teseo, benché fossero di forza invitta e figli di Numi . Di sua mano il primo incatenò il guardiano del Tartaro, lo portò via tremante dal trono di Plutone ; e gli altri due cercarono di rapire Proserpina dalla stanza nuziale».  La profetessa anfrisia rispose brevemente: «Non abbiamo intenzioni cattive, stai tranquillo, queste armi  non portano guerra: lo smisurato portinaio, latrando in eterno dal fondo del suo antro, continui a atterrire le ombre senza sangue; la casta Proserpina continui a custodire in pace la casa di suo zio. Costui è il troiano Enea, famoso per le armi e la pietà, che scende da suo padre tra le ombre più profonde dell’Erebo. Se non ti commuove l’esempio di una tale pietà, almeno riconosci questo ramo!» e mostrò il ramo che teneva nascosto sotto la veste. Il cuore di Caronte, gonfio d’ira, si mise in pace: egli non disse più nulla. Contemplando il dono venerabile del fatale virgulto, che non aveva visto da tanto tempo, il nocchiero volse la poppa bruna, s’avvicinò alla riva. Poi allontanò le anime sedute sui lunghi banchi, sgombrando la corsia per far salire il grande Enea. Cigolò sotto il peso lo scafo mal contesto, imbarcando per le tante fessure l’acqua della palude. Finalmente depose Enea e la profetessa incolumi al di là del fiume, sulla riva densa di fango informe e di glauche erbe acquatiche. Lo smisurato Cerbero rintrona questi luoghi col suo ringhio che esce da tre bocche, sdraiato quant’è lungo in un antro. E la sacerdotessa vedendo i suoi tre colli farsi irti di serpenti gli getta una focaccia affatturata di miele ed erbe soporifere. Spalancando le gole il cane l’afferra con fame rabbiosa e subito, sdraiato a terra, allunga nel sonno la groppa mostruosa, riempiendo tutta la tana. Addormentato il guardiano, superano l’entrata allontanandosi in fretta da quell’acqua fangosa che non si può attraversare una seconda volta.  S’udirono subito voci e un immenso vagito; poiché proprio sul limite dell’Ade stanno le anime piangenti dei bambini che un giorno fatale portò via prima ancora che cominciassero a vivere, rapiti al seno materno per essere sommersi in una morte immatura. Accanto a loro ci sono i condannati a morte sotto falsa accusa. Queste dimore infernali non sono state assegnate senza giudizio e giudice : Minosse inquisitore scuote l’urna dei fati, convoca l’assemblea dei morti silenziosi, li interroga, ne apprende i delitti e la vita. Poi vengono, tristi, coloro di null’altro colpevoli che d’essersi data  la morte di propria mano, d’avere gettata l’anima per odio della luce. Oh, adesso come vorrebbero patire la miseria e le più dure fatiche nell’alta aria celeste! Ma il destino s’oppone, li incatena la triste palude d’acqua sporca  e li serra lo Stige coi suoi nove meandri. Poco più in là si vede, estesa in lungo e in largo, la pianura che chiamano i Campi del Pianto. Qui segreti sentieri nascondono coloro che un amore crudele consumò, ed una selva di mirti li protegge : nemmeno nella morte trovano requie al dolore.

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