13 novembre – un pretesto intorno all’intervista a Rosy Bindi,”Quota Rosy” di Susanna Turco (L’Espresso n.46 del 7 novembre 2021) -parte 2

E, continuando a riportare parte dell’intervista, Rosy Bindi dice: “…Già dai tempi di Zingaretti mi permisi di dire che serviva aprire una fase costituente: ma c’era grande fretta di superare Renzi, che invece poi non è stato superato…” la qual cosa conferma l’ipotesi che all’interno del Partito Democratico covi un “virus” per estirpare il quale ancora oggi si attende un utile vaccino e poi “….il centrosinistra dovrebbe aver imparato che non vincerà nulla se non c’è un progetto condiviso e una classe dirigente che vuol superare le divisioni.”

E di mio aggiungo che per un Centrosinistra serio non si può continuare a vincere solo perché una parte dell’elettorato non partecipa o ancor più perché chi vota è solo spaventato da possibili alternative ritenute meno affidabili; vedi quel che è accaduto a Roma, a Milano e precedentemente in Toscana ed in Emilia e Romagna, dove la Destra non è stata in grado – forse per mancanza di coraggio forse per altri reconditi progetti – di presentare candidati che fossero all’altezza di competere.

Con Rosy Bindi ho una sintonia di vedute da molto tempo, sin da quando nel 2007 ci incontrammo casualmente nel corso delle Primarie fondative del Partito Democratico. All’interno di un ordine di “grandezza” molto diverso tutto a grandissimo vantaggio della Bindi, abbiamo finito per percorrere molta parte della Storia politica in modo simile. In realtà le “strade” della vita si erano distinte ma entrambi siamo venuti da esperienze di tipo cattolico (le mie da adolescente e giovane adulto nel Centro Sportivo Italiano, nell’Azione Cattolica e nella FUCI, per approdare poi ad una scelta da parte mia per il Partito Comunista Italiano); ed entrambi poi abbiamo imboccato strade che hanno portato alla costruzione del PD e, poi, alla critica politica ed all’uscita da quello stesso Partito che abbiamo contribuito a fondare. Negli ultimi anni, pur non frequentandoci nella pratica diretta della Politica, entrambi (ma tante altre persone hanno fatto quella scelta) siamo usciti dal PD, mantenendo un rapporto molto stretto con tutto quello che di Sinistra rimaneva in quel Partito e fuori di esso.

In quell’intervista la Bindi conferma tutto questo: “…C’è da ricostruire un campo, difficile che avvenga se un partito fa gli inviti. Il PD dovrebbe usare questo tempo per andare oltre se stesso, costruire una grande forza di sinistra nel Paese.” In un altro blocco dell’intervista alla domanda: “Da dove bisognerebbe ricominciare?” la Bindi risponde: “…penso al mondo cattolico, di sinistra, che ha radicamento sul territorio eppure non ha casa, interlocutori. Navigano tra tentazioni di esperienze identitarie (il riferimento è di certo a “Insieme” nuovo soggetto politico fondato dall’economista Stefano Zamagni), mentre avvertono tutti che la sede giusta sarebbe una forza politica capace di esser inclusiva.”

Per quel conto. Se si vuole, per quel che conto, non si può non riconoscermi l’impegno per la costruzione di una consistente forza di Sinistra che riesca a mettere insieme oltre il PD tutti gli altri soggetti della Sinistra dispersa in decine di rivoli, ivi comprese le esperienze civiche come, relativamente alla città in cui vivo e agisco, “Prato in Comune”. Ovviamente ciò non può accadere se non si aggregano le reciproche volontà; e ciò non può avvenire “in extremis” né sotto forma di ricatti. Si avvertono in questi giorni in città dei segnali, che hanno tuttavia la necessità di andare oltre le semplici parole (il “bla bla”); occorrono atti di discontinuità che per ora non si intravedono.

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