6 novembre – IN RICORDO DI PIER PAOLO PASOLINI – parte 16

IN RICORDO DI PIER PAOLO PASOLINI – Parte 16

Una mia nota: Voglio ancora una volta ricordare che vado riportando il dibattito che si svolse il 27 aprile del 2006 così come riportato dai trascrittori che sbobinarono le registrazioni. Ecco quindi perché a volte ci sono degli errori o comunque delle incertezze.

In qualche modo Pasolini in ogni sua opera chiama in causa il lettore o lo spettatore chiedendo a questo lettore o a questo spettatore di portare lui a compimento l’opera che Pasolini in un certo senso gli consegna incompiuta, dove compimento significa due cose: compimento estetico ora dirò in che senso e compimento pratico. Cioè mettere in pratica questa opera.

In che senso compimento estetico? Perché spero che l’altro senso sia più chiaro. Compimento estetico nel senso che soprattutto l’ultimo Pasolini, diciamo il Pasolini dalla metà degli anni sessanta in poi, quindi il Pasolini di “Alì dagli occhi azzurri” poesie in forma di rosa, da lì in avanti, tende realmente a consegnare i testi non finiti al pubblico, dove non finiti significa costitutivamente non finiti. “Alì dagli occhi azzurri” è presentato da Pasolini stesso come un libro nel quale viene stipato del materiale eterogeneo di racconti che partono come racconti da farsi e finiscono come racconti non (parola non comprensibile).

“Petrolio” è tutto costruito in questo modo. “La divina mimesis” è un testo che addirittura Pasolini licenzia delle stampe fingendolo, e poi di fatto lo è, non compiuto. Un testo addirittura ritrovato. Ed è un testo ritrovato Perché “La divina mimesis” risale addirittura a prima della metà degli anni sessanta, vecchio progetto che si intitolava (parola non comprensibile).

Dunque, dicevo non finito anche addirittura in senso estetico per cui al pubblico spetta la voglia di mettersi quasi idealmente accanto l’autore e nella propria testa portare a compimento un’opera che in qualche modo compiuta non è. Però, appunto Perché descrivevo prima il rapporto tra Pasolini e i suoi lettori e i suoi spettatori come un rapporto politico, tutto ciò che Pasolini vuole evitare è un rapporto conflittuale con questo pubblico. E così torno alla ragione per cui ho qualche riserva sempre a parlare di classicismo a proposito di Pasolini. Se Pasolini vuole essere usato, e più o meno è quello che noi stiamo continuando a fare da trent’anni, e non ha nessuna preoccupazione di consegnare opere in questo senso irrisolte, è chiaro che il rapporto con i propri lettori è quasi costitutivamente un rapporto conflittuale, Perché essere usati non significa soltanto essere assecondati, molto spesso può significare e significa essere violentemente contestati. Cosa che Pasolini sa e che, come dire, prevede nel momento in cui costruisce e poi consegna la propria opera. Insomma il tipo di lettore ideale di Pasolini è un lettore che si cimenta in un corpo a corpo davvero conflittuale, davvero drammatico. Quindi un lettore che non abbocca passivamente a tutto ciò che Pasolini vuole fare da un lato e che però è disposto a scommettere sulla veridicità dei testi di Pasolini cioè a concepirli e a viverli come depositi non solo di bellezza, quella è secondaria, ma di verità. Questo è il concetto.