15 novembre – un pretesto intorno all’intervista a Rosy Bindi,”Quota Rosy” di Susanna Turco (L’Espresso n.46 del 7 novembre 2021) -parte 3

un pretesto intorno all’intervista a Rosy Bindi,”Quota Rosy” di Susanna Turco (L’Espresso n.46 del 7 novembre 2021) -parte 3

Indubbiamente un’occasione avrebbe potuto essere quella attivata dalle dimissioni di Zingaretti, con quella sua dichiarazione sul social Facebook:
«Lo stillicidio non finisce. Mi vergogno che nel Pd da 20 giorni si parli solo di poltrone e primarie, quando in Italia sta esplodendo la terza ondata del Covid, c’è il problema del lavoro, degli investimenti» e di seguito
«Abbiamo salvato il Pd e ce l’ho messa tutta per spingere il gruppo dirigente verso una fase nuova. Ho chiesto franchezza, collaborazione e solidarietà per fare subito un congresso politico sull’Italia, le nostre idee. Non è bastato. Anzi, mi ha colpito il rilancio di attacchi anche di chi in questi due anni ha condiviso tutte le scelte fondamentali che abbiamo compiuto. Non ci si ascolta più e si fanno le caricature delle posizioni. Ma il Pd non può rimanere fermo, impantanato per mesi a causa in una guerriglia quotidiana. Questo, sì, ucciderebbe il Pd».

e poi
«Visto che il bersaglio sono io, per amore dell’Italia e del partito, non mi resta che fare l’ennesimo atto per sbloccare la situazione. Ora tutti dovranno assumersi le proprie responsabilità»

Zingaretti metteva a nudo i “mali” del PD, e in particolar modo quel “virus” malefico che era stato immesso nel suo corpo già debole dall’ascesa del “renzismo”. Non era necessario possedere una buona “vista”, ne bastava una semplicemente “normale” per capire quel che stava accadendo nel 2013, quando – già allora – la candidatura alle Primarie del PD di Matteo Renzi coinvolgeva molte persone notoriamente di Destra, che facevano molto comodo sia all’allora semplicemente Sindaco di Firenze sia a tutta la congerie di suoi fedeli sostenitori. In quel tempo l’attenzione verso Renzi da parte di un consistente gruppo di iscritte ed iscritti al PD, ivi compresi molti rappresentanti dei dirigenti, veniva, con una “sospetta ingenuità” giustificata come un’ottima scelta alternativa alla protervia berlusconiana. La parte più “passionale” della base vagheggiava in modo forse (in)sanamente ingenuo la possibilità di “vittorie”; alcuni, soprattutto quelli che provenivano dalla parte politica non chiaramente di Sinistra, interpretavano le accuse e i sospetti che altri, come me, ponevano all’attenzione di tutti, come una mera contrapposizione ideologica (non so quanta ipocrisia ci fosse, o ignoranza!). Di certo, oggi (ma non da oggi) più che mai è maggiormente evidente la natura politica (e ideologica) di Matteo Renzi; però non si avvertono segnali di chiara autocritica da parte dei tantissimi suoi sostenitori che ancora albergano nei piani medio alti del Partito Democratico, quelli che non sono usciti per formare Italia Viva nel settembre del 2019; quelli ad esempio che ancora di recente hanno stigmatizzato la volontà espressa da Enrico Letta di rompere definitivamente con Italia Viva dopo la torbida vicenda del DdL Zan, cui è seguita una trafila di segnali di svolta verso il Centrodestra-Destra.

Ora, cosa dire? In Politica tutto è possibile. Come ho già scritto nel Preambolo della prima parte pubblicata il 12 novembre, non sappiamo cosa ci riserva il prossimo futuro. Lo stesso attuale Segretario del PD aveva lasciato ben sperare nei primi giorni del suo avvento ma poi si è lasciato portare dalla corrente, dimenticandosi che il “virus” malefico non è ancora stato debellato. Eppure la pandemìa avrebbe dovuto insegnare in modo indiretto qualcosa.