8 gennaio 2021 – DENTRO IL LOCKDOWN – le disuguglianze tra “pregresso” e “futuro” parte 2 e la “giustizia” degli interventi statali (per la parte 1 vedi 15 dicembre)

DENTRO IL LOCKDOWN – le disuguglianze tra “pregresso” e “futuro” e la “giustizia” degli interventi statali

Sempre con lo sguardo rivolto al passato, da quello più prossimo a quello più remoto, prendendo in considerazione ciò che vediamo (o che dovremmo vedere) e potremmo conoscere meglio e cioè la realtà a noi più vicina, quella pratese (che non è poi meno significativa di tante altre disseminate sul territorio nazionale), non possiamo non renderci conto delle ragioni per cui una larghissima parte della popolazione non va sopportando facilmente le restrizioni obbligate a causa della pandemìa.

Ripetendo che non ci vuole un grado superiore di scientificità e di saggezza a sottolineare che chi ha lavorato “totalmente a nero” non ha potuto usufruire di alcuna copertura e chi ha invece solo parzialmente lavorato con quella modalità ha potuto ricevere solo una minima parte di sostegno, commisurata al compenso regolare percepito. La stessa cosa vale per quegli esercenti ed imprenditori che hanno dichiarato al fisco cifre bassissime, eludendo gran parte dei loro ricavi: il contributo del Governo è stato per equità commisurato a quanto precedentemente fatturato.
La realtà pratese è stata analizzata in tantissime ricerche e qualche giono fa, spulciando nei miei contenitori telematici mi è capitato di imbattermi in una riflessione “non firmata” ma che potrebbe essere stata prodotta dal sociologo Fabio Bracci oppure da Miche Del Campo, che ha mostrato grande attenzione a queste tematiche facendo tesoro sulla sua esperienza come Direttore della FIL e coordinatore della Pastorale del Lavoro in Curia Diocesana. Penso che sia uno di loro, anche perché è in una cartella nella quale si trovano altri documenti concernenti uno dei tanti tentativi di ricostruire un soggetto della Sinistra alternativa e democratica qui a Prato. In essa vi sono molti elementi che aiutano a meglio comprendere le difficoltà di oggi e la necessità di procedere verso il domani, riconoscendo gli errori “pregressi” e facendo tesoro degli aspetti positivi che non sono mancati. Far finta di nulla e proseguire così come si è vissuto – nel disprezzare le regole e le leggi e nel vivere al di sopra delle proprie possibilità – sarebbe una vera e propria offesa all’intelligenza umana.
E’ un testo “datato” tra il 2016 e il 2017 che vale la pena rileggere nella sua integrità. Sia Fabio che Michele hanno trattato questi temi, come è ovvio, da punti di vista diversi. Il titolo del testo è:

Il reddito e la sua distribuzione a Prato

La lotta alla povertà e all’impoverimento non può essere delegata alle imprese e al mercato. La linea governativa di sostegno incondizionato alle imprese non permetterà di risolvere le diseguaglianze e di uscire dalla trappola della povertà. Questa trappola si risolve solo con le politiche di inclusione che hanno i loro cardini nell’accesso al lavoro, sicuro e economicamente dignitoso, di una sempre più alta numerosità di cittadini. A Prato 19.608 euro è il reddito medio annuale per il 2014. Ma il dato medio, in sé, non dà la fotografia della complessa realtà reddituale cittadina. Lo scostamento tra chi è particolarmente benestante e chi ha grosse difficoltà economiche si è acuito nel breve arco di tempo 2012 – 2014. In tre anni sono cresciuti i redditi dei più ricchi a discapito di quelli dei più poveri. Soltanto il 22% della popolazione contribuente pratese detiene il 51% della ricchezza complessiva. I 143.178 contribuenti pratesi hanno un reddito aggregato, nell’anno 2014, pari a oltre 2,8 miliardi di euro. Il reddito aggregato, la ricchezza, cresce complessivamente dell’1,6% rispetto l’anno 2013 che a sua volta è cresciuto del 3% rispetto l’anno 2012. Nell’arco di tre anni la ricchezza pratese, in valore assoluto, aumenta di oltre 127 milioni di euro. A beneficiare dell’aumento di ricchezza sono soprattutto le classi alte, quelle con reddito complessivo superiore ai 120.000 euro. Questi crescono del 15% per un valore assoluto di oltre 29 milioni. Anche la classe di reddito compresa tra i 55.000 e i 75.000 euro cresce del 10%. I percettori di reddito compresi tra 26.000 e 55.000 euro crescono del 9% con un valore assoluto pari a oltre 82 milioni di euro. Si impoveriscono, invece, le classi di reddito più basse. Quella tra i 10.000 e i 15.000 euro perde € 14 milioni di Euro pari ad un significativo -6% e quella con redditi tra gli 0 e i 10.000 euro si attesta ad un -1%.  Si registrano 1442 persone con reddito pari a zero e, all’estremo opposto, 958 persone con reddito medio di 205.000 euro. Queste ultime rappresentano lo 0,7% della popolazione e detengono il 7% della ricchezza. Da ciò deriva che il 4% della popolazione pratese, 5600 persone con redditi superiori ai 55.000 euro lordi annui, detiene il 20% della ricchezza totale. Il 4% della popolazione pratese detiene un quinto della ricchezza. Tutto ciò non può rassicurare rispetto la tenuta del patto sociale tra cittadini e nuovi cittadini, tra lavoratori e imprese, tra giovani e anziani. Ogni cittadino e ogni lavoratore rischia di non vedersi come pari all’interno di un sistema solidaristico ma, piuttosto, come competitore in una gara che potrebbe non produrre coesione e cooperazione ma egoismo e individualismo. L’impressione è che, anche a Prato, “l’ordine dell’egoismo” abbia preso il sopravvento su quell'”ordine della solidarietà” che un tempo aveva il suo vivaio più fertile nella protratta condivisione di valori e di ricchezza. È stata la crisi del sistema produttivo, giunta a Prato prima di quella epocale del 2008, a occuparsi di smantellare le fondamenta della solidarietà.