DENTRO IL LOCK DOWN – da “necessità” a “virtù”

DENTRO IL LOCK DOWN – da “necessità” a “virtù” – parte prima

Qualche giorno fa, mentre mi accingevo a scrivere ancora una volta sull’enigma “Scuola al tempo del virus”, è accaduto di imbattermi “casualmente” in un video che avevo prodotto io stesso nel marzo del 2014 (vedi sotto) nel quale annunciavo la partenza dei “Luoghi ideali” che Fabrizio Barca aveva qualche giorno prima annunciati (noi del Circolo Sezione Nuova San Paolo di Prato eravamo stati inseriti nella seconda fascia, quella “di consolazione”). Nel video facevo riferimento ad un servizio giornalistico, pubblicato su “Left” del 24 marzo 2014, a firma di Sofia Basso.

Sono andato nel mio Archivio a cercare quel numero ma non riuscendo a trovarlo ho ricercato su Internet e nemmeno qui l’ho trovato. Essendomi ricordato che proprio in quella occasione ero entrato in contatto Facebook (per un semplice segnale di ringraziamento) con la giornalista, le ho inviato un messaggio esplicito, riuscendo ad ottenere una risposta più che rapida ed altrettanto rapidamente Sofia Basso mi ha inviato l’intero numero di Left all’interno del quale c’era quel servizio. Su questo scriverò in un altro post ma,  seguendo le motivazioni che mi spingevano a parlare di Scuola” in tempo reale, il mio sguardo curioso ed indagatore si è spinto su un altro servizio, immediatamente dopo quello in cui si descriveva la progettualità dei “Luoghi ideali”, dedicato alla Scuola agli inizi del secondo decennio, non un secolo o poco meno fa. Il suo titolo è “Se il maestro è un tablet” e tratta delle “Steve Jobs School” nate nei Paesi Bassi, dove nelle aule non ci sono libri, quaderni o lavagne e al centro dell’apprendimento c’è l’ iPad. Il servizio più che altro basato su fotografie è di Donatella Broccoli e non sembra intenzionato a sostenere (ricordiamocelo, siamo nel 2013) una supremazia del tecnologico sul tradizionale; indubbiamente però sottolinea come  i due mondi siano diversissimi ed infatti afferma che “Nel resto dell’Europa la maggior parte degli studenti (dal 50 all’80 per cento) non utilizza libri o materiali digitali, né sistemi broadcast/podcast” ed in chiusura rimarca anche il deficit di conoscenze digitali da parte dei giovani, che potrebbero essere utili “anche per trovare lavoro.”

Quel che tuttavia mi ha maggiormente incuriosito è stato un trafiletto a firma della stessa Donatella Broccoli che sottolinea la scarsa digitalizzazione delle scuole italiane e la mancanza di interventi strutturali urgenti e del rispetto dei criteri di sicurezza ordinari (come  i certificati antincendio) oltre al fatto che ancora scarso fosse l’impegno del Governo che aveva investito nella scuola 2.0 solo 30 milioni di euro. Quel che emerge in realtà è la profonda inadeguatezza della Scuola italiana all’essere al passo dei tempi non solo nel 2013 ma anche negli anni seguenti fino al 2019 e al 2020.

La lettura di quelle righe mi ha ulteriormente convinto che nella Scuola del 2021 dovrebbe partire un megaprogetto di rialfabetizzazione informatica tecnologica che riesca a contemperare conoscenze classiche e nuove conoscenze attraverso gli usi multimediali. C’è ancora una presenza notevole di semianalfabeti o analfabeti totali digitali tra i docenti e c’è una disparità rilevante nelle famiglie degli studenti, moltissime tra le quali non dispongono di tecnologie adeguate (ed in tante non ne dispongono affatto) sia per carenza della “rete” sia per indisponibilità economiche.

Dalla “necessità emergenziale” traiamo una lezione che la converta in “virtù””.