27 dicembre – DENTRO IL LOCK DOWN – verso il “piano di vaccinazione”

DENTRO IL LOCK DOWN – verso il “piano di vaccinazione”

Questa “corsa all’esempio” può essere dannosa. Ha ben detto qualcuno qualche giorno fa in un programma televisivo: il vero problema non sarà il vaccinarsi in modo esemplare tra i “primi”, ma il “vaccinarsi”. Cioè, per comprenderci meglio, a prevalere sarà il desiderio, che per i “tanti” che dovranno essere “in fila” da qui a “non si sa quando e come”, potrebbe anche essere necessariamente procrastinato troppo: questa preoccupazione è collegata alle difficoltà con le quali si è proceduto a vaccinare la popolazione che lo ha richiesto per l’influenza stagionale. Per tanti non è stato facile e per molti è addirittura stato impossibile.

Al di là dell’aspetto pedagogico che tende a fornire una risposta rassicurante alla stragrande maggioranza degli italiani che non si fida in parte o per niente del vaccino, vedo una tendenza pericolosamente intrisa da una forma nuova di egoismo. Detto “fuori dai denti” davanti ad una più che forte certezza che, con l’assunzione del vaccino, molti – o, come si spera, tutti – potranno ritornare a condurre una vita più o meno “normale”, sarebbe accettabile una turnazione logica che preveda di salvaguardare in primo luogo gli operatori sanitari – tutti –  e “in genere” pubblici, insieme a tutti coloro che vivono in luoghi come le RSA, ospizi e case di riposo e, andando avanti, coloro che sopportano patologie a rischio e man mano a gambero partendo dai novantenni, ottantenni, settantenni e via dicendo con una forma organizzativa che non escluda nessuno. Gli anchorman, i divi e le dive delle tv italiane, laddove non rientranti nelle categorie a rischio, siano inseriti nel novero del calderone generale. In coda terrei tutti coloro che, usciti dal contagio in modo “positivo” (tampone negativo), possano essere considerati immuni per un periodo.

Ovviamente, saranno gli organismi politici e sanitari ad occuparsi di tutta questa partita e, pur nella convinzione che faranno del loro meglio, ho notevoli dubbi che l’operazione riesca senza intoppi su tutto il territorio, caratterizzato da zone di eccellenza (che hanno tuttavia mostrato falle in più occasioni in tempi recenti) e realtà inficiate da arretratezze e manchevoleze molto vicine a quelle che noi identifichiamo come appartenenti storicamente al “terzo mondo” civile ed economico.

Altro tema sempre connesso a quello che ho trattato come “principale” della vaccinazione è se occorra renderla obbligatoria.

Propenderei da un punto di vista civico in una prima fase di verifica verso la “non obbligatorietà”.  In modo “cinico” ma scientifico, osserverei i risultati dell’adesione e laddove fossero bassi (al di sotto del 70 per cento) opterei per l’”obbligo” in nome della necessaria prevalenza superiore del “bene comune”: in sintesi non riterrei giusto che in un consesso civile chiunque agisca, dipendente dal settore pubblico o privato o libero professionista a tutti i livelli, debba essere posto in grado di tutelare la Salute pubblica. Le motivazioni di tali scelte, apparentemente costrittive, sono da collegare anche agli alti costi che una situazione ulteriormente pandèmica comporterebbero al Paese nel caso in cui si derogasse dalla partecipazione “volontaria” al piano di vaccinazione.