4 gennaio 2021 – PACE E DIRITTI UMANI – XXIX (per la parte XXVIII vedi 9 dicembre)

Questi post vogliono fare da “corollario” utile a mantenere alta l’attenzione sui temi dei “Diritti umani” operando sulla ricorrenza “toscana”del 30 novembre.

Il 30 novembre del 1786 fu promulgato e pubblicato il “Codice Penale Leopoldino” voluto dal granduca di Toscana Pietro Leopoldo d’Asburgo. Il 30 novembre del 2000 per la prima volta la Regione Toscana indisse la Festa della Toscana, collegandola a quello straordinario evento:
per la prima volta nella storia del mondo moderno venivano abolite la tortura e la pena di morte . Questi post riportano la trascrizione degli Atti di un Convegno molto importante che si svolse in quella occasione presso il Centro per l’Arte Contemporanea “Luigi Pecci” di Prato

Parte XXIX

La battaglia incentrata su quel particolare episodio ha visto tra i protagonisti in prima fila uno dei nostri rappresentanti istituzionali più attivi e sensibili, il deputato onorevole Mauro Vannoni, che ha fatto parte anche della delegazione italiana che si è recata a Emporia in Virginia per chiedere il riesame del DNA di Derek Rocco Barnabei, allo scopo di poter creare le condizioni per uno scagionamento totale del condannato. Questo caso ha visto tanti cittadini, soprattutto tantissimi toscani, esprimere con una firma il ripudio di questa forma di ingiustizia, che si caratterizza sempre più come una barbarica legge del taglione. L’impegno intenso avrebbe potuto, con la tragica conclusione della vicenda Barnabei, produrre una forma di riflusso, di rientro, di ripiego. Invece andando dietro agli ultimi, specifici, inviti, le ultime preghiere dello stesso condannato a morte, a continuare nella battaglia abolizionistica negli Stati Uniti e nel mondo, la Regione Toscana ha voluto attivarsi utilizzando come punto di partenza storico quella iniziativa di Pietro Leopoldo di Lorena, Granduca di Toscana, che nel 1786 pubblicò il nuovo codice penale con quelle caratteristiche prima riportate: tre anni prima dell’inizio della Rivoluzione francese e dodici anni dopo la pubblicazione di una delle opere più famose e più rappresentative dell’Illuminismo europeo, di certo la più importante di quello italiano, vale a dire “Dei delitti e delle pene” pubblicato a Livorno nel 1764 da Cesare Beccaria.

Che questa opera, con la sua Introduzione, dove Cesare Beccaria si chiede “la morte è ella una pena veramente utile e necessaria per la sicurezza e per il buon ordine della società, la tortura ed i tormenti sono egli non giusti e ottengono egli il fine che si propongono le leggi?” e con i capitoli 12 e 16, rispettivamente dedicati alla tortura e alla pena di morte, appunto quell’opera, questa opera sia stata la fonte principale della Leopoldina ce lo spiegherà molto più nel dettaglio e meglio di me subito dopo il Professor Giuseppe Panella.

Ma ad un primo esame superficiale di quel famoso editto del 30 novembre 1786 ed in particolare dell’articolo 51 ci elimina ogni dubbio.

Alla fine di quell’articolo si dice:

“Siamo venuti nella determinazione di abolire come abbiamo abolito con la presente Legge, per sempre la Pena di Morte contro qualunque Reo, sia presente sia contumace, ed ancorché confesso, e convinto di qualsivoglia Delitto dichiarato Capitale dalle Leggi fin qui promulgate, le quali tutte Vogliamo in questa parte cessate, ed abolite”.

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