6 aprile – “Più giovani più donne” quindici anni fa – e ora? – seconda parte

6 aprile – “Più giovani più donne” quindici anni fa – e ora? – seconda parte

Proseguendo una mia sintetica analisi dei due temi (più giovani più donne) vorrei ricordare che, in occasione delle “prime” Primarie, quelle “costitutive” nazionali del Partito Democratico, sostenni la candidatura di Rosy Bindi ed all’interno di quella fui tra i più convinti sostenitori, a livello locale, di alcuni “giovani”, tra cui Massimiliano Tesi e Salvatore Bruno.    Riandando con la mente alla mia “storia” personale vorrei ricordare che a Prato nei primi anni di questo secondo millennio tre Circoscrizioni su cinque, in una delle quali – la Est – presiedevo la Commissione Cultura,  erano presiedute da donne e che nelle cinque Commissioni Cultura e Istruzione c’erano due “donne” su cinque, due donne “giovani”, che ancora oggi sono attive in Politica (una è stata Assessore al Bilancio, l’altra è nell’attuale Giunta Assessore alla Città curata.  Nel 2005, anno al quale mi riferisco nell’avviare queste riflessioni, c’erano ancora i Democratici di Sinistra (DS), e fu poi nel 2007 alle Primarie costitutive nazionali del Partito Democratico (PD) che sostenni l’onorevole Rosy Bindi; nel 2010 nelle Primarie del Partito Democratico di Prato ho poi sostenuto Ilaria Bugetti e successivamente ho sostenuto la stessa nella prima sua competizione Regionale. Ovviamente, non è stato sempre facile sostenere delle “donne” o dei “giovani” semplicemente per il loro particolare “genere” o “status” esistenziale. E nel corso della mia esperienza ho potuto verificare che non è auspicabile sic et simpliciter l’affidamento prioritario di spazi amministrativi sulla base dell’appartenenza di genere o di “status” esistenziale.  Nell’agone politico occorre esperienza, soprattutto per evitare principalmente due rischi “contrapposti” tra loro: 1) essere ostaggio di personaggi stabili, come vecchie volpi politiche ed amministrative; 2) lasciarsi prendere da una smania di potere aliena dall’esperienza pratica e meramente ideologica.                                                                                                                                                     Così come i “giovani” tout court anche le “donne” in generale non hanno esperienza politica basata esclusivamente sul “genere”. Indubbiamente dal punto di vista storico ed antropologico le donne subiscono il limite storico di non essere state prese in considerazione, e di questo i “maschi” portano la responsabilità;  ancora oggi è in ogni caso una percentuale molto bassa di donne rispetto a quella dei maschi ad essere realmente interessata a partecipare in modo diretto alla “pratica” politica ed amministrativa. Anche per questo motivo ho trovato fuori luogo l’insistenza al perseguimento “acritico” della “parità di genere” da un punto di vista legislativo. Pur tuttavia trovo che sia ottima l’idea espressa di mettere in piedi un procedimento virtuoso, che provi a risanare questi “gap”,  inserito nel Vademecum lettiano di cui ho trattato in coda alla prima parte di questo post (“E’ auspicabile un maggiore impegno ed una più forte partecipazione e presenza femminile nell’agone politico ed in tal senso andrebbe incentivata la ricerca di una modalità di accesso “paritario” che divenga propedeutica all’attività politica ed amministrativa, una sorta di “Università Democratica per formare la classe dirigente” (vedi punto 6 del recente Vademecum lettiano)”” e spero che in quella direzione si possa procedere. 

Come ben si comprende, sono ancora nel “preambolo” rispetto all’intento iniziale. Nel prossimo post riporterò il “Documento” formato da un dialogo per mail del luglio 2005 tra me e una rappresentante “donna” e “giovane” sul tema dei “giovani”. Concluderò con un esemplare riferimento ad un “giovane” (uomo) e ad una “giovane” (donna) perché sia più esplicito il mio ragionamento.

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