18 maggio LE PAROLE CHIAVE (repetita iuvant? 1, 2 e 3 – e non è finita!

(REPETITA IUVANT?)

un raffronto tra il testo “costituente” e l’attuale “Vademecum” di Letta

Forse, mi ripeto…ma non tanto quanto facciano le forze politiche che, di generazione in “generazione” (quest’ultimo termine è conteggiato in un periodo di 20/25 anni), sogliono ripetere gli stessi concetti che, a tutta evidenza, risultano non essere stati applicati in parte o, purtroppo come accade molto più di frequente, in toto, se non altro nella maniera in cui vengono conclamati nei programmi, utili – a tutta evidenza – ad agganciare gli ingenui.

Nulla di nuovo, dunque, sotto il nostro sole. Non so se è una tradizione italiana; ho vissuto sempre qui e confesso di avere avuto sempre una grande difficoltà ad acquisire abilità linguistiche straniere. E dunque non so davvero se in Francia, in Germania, in altri luoghi non tanto lontani e diversi da noi il linguaggio politico si presenti in modo sincero, meno ipocrita. L’Italia è la patria di Machiavelli e lui ha svelato gli inganni della Politica nel senso più ampio e complesso del termine, ma anche in quel caso il riferimento era totalmente “nostrano”. E quando il nostro “padre putativo letterario” Dante chiedeva un ausilio per risolvere le beghe italiche lo faceva ad uno “straniero” ed estranei erano anche i “podestà” al tempo dei Comuni e, venendo a noi, e superando fasi buie della nostra Storia lo sono quelli che chiamiamo “civici” o i Commissari Prefettizi così come lo è l’attuale Presidente del Consiglio, chiamato a dirimere i “capricci” della nostra classe politica, tutta intera (non salvo nessuno, proprio nessuno; e non credo di essere solo avvelenato nel profondo).

E’ accaduto di recente che nel principale Partito del Centrosinistra vi sia stata una “crisi” di gestione. Bisogna dire con tutta sincerità che la conduzione del Partito Democratico da parte di Nicola Zingaretti aveva avuto forti limiti collegati a quella che può essere a tutti gli effetti considerata una situazione come quelle denominate “anatre zoppe”. Riporto da Wikipedia: ” In Italia il termine Anatra zoppa è usato per indicare quei rari casi in cui un sindaco, pur eletto a maggioranza, si trova a “convivere” con un consiglio comunale la cui maggioranza è rappresentata da liste che avevano sostenuto un diverso candidato a sindaco.” Diversa è la connotazione del termine per quanto riguarda gli Stati Uniti.

Ritornando a noi, Zingaretti ha tentato di governare il PD senza avere una maggioranza sia all’interno che nelle amministrazioni (dal Parlamento ai Consigli comunali) che corrispondesse al cambiamento che peraltro è rimasto “solo” sulle carte.

In qualità di “fondatore” mi interessa discutere su questi temi. Anche perché alla base delle scelte personali vi sono motivi che dovrebbero essere riconosciuti come generali. Lasciamo stare quelli che sintetizzano le mie posizioni con “non condividi più niente con noi”: sono essenzialmente “strumentali” ad emarginare denigrando quelle che da tempo sono state le mie fondamentali critiche e che non sono mai state contrastate nel merito.

Anche in questo caso….e andiamo avanti con una analisi linguistica che intende evidenziare la fumosità dei temi che vengono proposti, soprattutto nella prospettiva che verranno poi disattesi. E le ragioni sono presenti con molta chiarezza anche nei primi “esiti” del dibattito, che essendo interno non mi ha visto, in modo ufficiale (e questo è un altro limite), partecipare.

…1….

LE PAROLE CHIAVE (repetita iuvant?) – parte 2
un raffronto tra il testo “costituente” e l’attuale “Vademecum” di Letta

2.

Un limite oggettivo, quello per il quale la mia “partecipazione” a quel dibattito con i toni critici (o“polemici”, se qualcuno liberamente vuole definirli tali) che mi contraddistinguono non può effettuarsi se non “a distanza”, semmai attraverso l’ausilio proprio delle tecnologie (Zoom o Meet, oppure Facebook): non faccio parte di quel Partito, anche se, e qui mi ripeto, “In qualità di “fondatore” mi interessa discutere su questi temi”. E mi interessa (“I care” a dirla con Don Lorenzo Milani) sotto l’aspetto civile e, professionalmente, linguistico. Perché in Politica, quella soprattutto praticata dai “politicanti”, non esiste alcun discorso che abbia un solo senso e, quindi, quando si parla di “Giovani” non si pensa davvero al loro futuro (troppo lontano per stuzzicare gli interessi contingenti) ma ad agganciare le loro sensibilità, che per lo più in quella fase della vita sono “ideali”.

Ho riferito nel sottotitolo e poi nel primo blocco il mio intendimento a porre in evidenza la “ripetizione” di alcuni temi. In verità sono perplesso anche verso questa “strutturazione” dell’analisi politica per titoli; credo che sia arrivato un momento, che potrebbe rivelarsi anche “rivoluzionario”, nel quale bisognerà procedere ad una vera e propria Riforma della pratica politica. Purtroppo rilevo che nel dibattito intorno ai “temi” presentati nel Vademecum lettiano quel tema, che insisto nel considerare “fondamentale”, sia stato relegato in coda con un triste 6,2%. E’, anche questo, il segno che vadano per la maggiore altri temi, per affrontare in modo adeguato i quali, a mio parere, sarebbe opportuno invece procedere verso un percorso ri-costituente. Un paio di anni fa, ormai “fuori” dalla appartenenza al PD avevo “osato” proporre un profondo “restyling” non solo formale, Venni attaccato da cani rabbiosi. Eppure la terminologia utilizzata nel Vademecum è molto chiara: “Riforme della democrazia malata”. La diagnosi è precisa: “malata”. E’ una sorta di autoassoluzione? o ci si vuole impegnare per sanarla, questa Democrazia?

Procedendo in un’analisi superficiale dei temi ne tratto uno che è un “topos” ricorrente. Quando si parla di “Sud”, se consultiamo le nostre più fornite Emeroteche e Biblioteche scopriamo fior fiore di articoli, saggi e trattati, riferiti alle tantissime iniziative che a mia memoria (dal secondo dopoguerra ad oggi, essendo nato io nel 1947) si sono svolte ed alle ricerche di tantissimi studiosi italiani e stranieri. Ma ovviamente parlare di Sud è un obbligo e non c’è, anche in questo caso, una vera attenzione verso la soluzione dei problemi, che sono diventati con il tempo irrisolvibili in quanto si è voluto mantenere da più diverse parti (politiche, sociali, culturali, industriali) per ragioni identitarie una diversità antropologica che ne ha differenziato le popolazioni. Ma lo stesso se ne parla, si inseriscono proposte per la creazione di infrastrutture che non si realizzeranno (se non altro nei tempi annunciati, da moltiplicare per dieci), si punta poi sul turismo e se ne privilegiano gli aspetti esclusivi non quelli di massa, quasi fosse una sorta di contrappeso per la scarsa considerazione che il Nord ha verso il Sud.

Riporterò nel prossimo post quel che nel 2007 si scriveva nel “Manifesto per il Partito Democratico”.

…2…

LE PAROLE CHIAVE (repetita iuvant?) – parte 3
un raffronto tra il testo “costituente” e l’attuale “Vademecum” di Letta

Dicevo nel precedente post Riporto quel che nel 2007 si scriveva nel “Manifesto per il Partito Democratico”

3.

“Noi vogliamo un’Italia più unita, più omogenea sul piano economico e sociale. Per questo mettiamo al centro della nostra azione il Mezzogiorno. Dobbiamo assolutamente cogliere, come nazione, l’opportunità di farne il principale raccordo che, attraverso il Mediterraneo, unisca l’Europa e l’Asia. In questo quadro, la predisposizione di adeguate piattaforme logistiche, infrastrutture di comunicazione e reti telematiche, è fondamentale per attrarre stabilmente capitali e iniziative imprenditoriali. A questo fine vogliamo chiamare a raccolta tutte le migliori energie della nazione, per un progetto che richiede ingenti risorse economiche, ma soprattutto un impegno straordinario per riformare profondamente il settore pubblico, per combattere inefficienze, favoritismi, corruzione e mettere in moto le grandi riserve di ingegno di cui il Mezzogiorno è ricco. ” AA.VV. “PARTITO DEMOCRATICO – Le parole chiave – a cura di Marco Meacci – prefazione di Pietro Scoppola pagg.181-182

Ritornando ai nostri tempi Si parla di Lavoro, ma non si è mai stati in grado di produrre una legislazione che accanto agli incentivi per chi imprende preveda la certezza della dignità dei prestatori d’opera. Ovviamente sono decenni che si avverte l’esigenza di semplificare i meccanismi burocratici, ma non lo si riesce a fare. Ma l’intralcio è anche collegato ad un timore oggettivo che nella semplificazione si vada a nascondere uno squilibrio a favore dei più forti. Si parla di Merito, e allo stesso tempo si continua a pensare che questo risieda nelle persone più affidabili per “eseguire” non necessariamente idonee a progettare in modo libero ed autonomo da condizionamenti e pressioni di ogni tipo. A tale proposito mi viene in mente che si parla di Donne e si chiede la parità di genere, senza rendersi conto che le Donne diversamente dagli uomini sono molto più libere e dunque risultano meno condizionabili a dei compromessi e molto spesso proprio per questo motivo si ritraggono dalla partecipazione diretta all’azione politica: quelle che riescono sono in gran parte preparate, volitive e combattive, anche se, così come i maschietti, quasi sempre si adeguano e finiscono per imparare la prudenza ed il silenzio, quando ciò è necessario per mantenersi in piedi, finendo così per non distinguersi in modo chiaro dal genere con cui intendono concorrere. Viene il dubbio che “parità” significhi “adeguamento al ribasso, non competizione verso l’alto”. Ma è una mia malignità?

Osservando dall’esterno l’agone politico e “lo stato delle cose” così come continuano a porsi, non mi sembra fuori luogo continuare a proporre una profonda revisione del progetto. Non si può continuare a mentire, ipocritamente, ai cittadini, quelli che osservano con accorata apprensione i passi indietro complessivi della società, promettendo soluzioni irrealizzabili perché non veramente sentite. In primo luogo, accanto a quelle soluzioni “avveniristiche” ricche di fascinazione esposte anche dal Premier Mario Draghi, sarebbe utile meditare su quelle dicotomie (onestà, intelligenza, gusto del futuro versus corruzione, stupidità e interessi costituiti) di cui egli tratta in una tranche del suo discorso del 26 aprile alla Camera dei Deputati.

“Sono certo che l’onestà, l’intelligenza, il gusto del futuro prevarranno sulla corruzione, la stupidità e gli interessi costituiti. Questa certezza non è sconsiderato ottimismo ma fiducia negli italiani, nel mio popolo, nella nostra capacità di lavorare insieme quando l’emergenza ci chiama alla solidarietà e alla responsabilità….”

con un’ aggiunta appunti per una parte 4 ancora relativa al discorso di Draghi e al risultato del sondaggio sul vademecum di Letta – aggiungere il bisogno di un nuovo sforzo di volontà per una trasformazione positiva dell’attuale Partito Democratico

Traspare, accanto alla volontà dell’ottimismo per rilanciare l’orgoglio di un Paese, un giudizio amaro fortemente negativo e pessimistico sulla realtà immanente.