26 maggio – Può darsi, ma… – 3

Che il signor Draghi non sia un vero e proprio “neofita” della Politica l’ho sempre pensato. Molti che conoscono la Politica dei “bar” e dei “marciapiedi”  se la sono bevuta, la fola che Draghi sia un tecnico. Corretto sarebbe dire che è “anche” un tecnico; ma se fate attenzione a quel che ho scritto ieri (“molti “forse” non sanno che i veri “maestri” della Pubblica Amministrazione non sono i Ministri….ma i funzionari, i tecnici della macchina pubblica”), capirete che molto spesso – se non quasi sempre – chi regge tutti i fili della spesa pubblica sono proprio i “ministeriali”, dagli uscieri ai capi dirigenti massimi. E Draghi è stato uno di questi ultimi, non i penultimi si intende, a reggere le sorti della BCE.

Anche quest’ultima sortita, non solo quella sulle “tasse di successione” ma soprattutto quella del “blocco dei licenziamenti”, il cui tema sta superando in audience quello emerso nel “siparietto” Letta-Draghi, agisce da cartina di tornasole per comprendere come il “cuore” del Premier batta più a destra che a sinistra, come di norma accade tra i comuni mortali. Capiamoci meglio; sicuramente il tema della sospensione delle procedure di licenziamento merita attenzione ed un giusto approfondimento. Vorrei da subito però capire perché mai quel discorso (“Ma questo non è il momento di prendere i soldi dai cittadini ma di darli. L’economia è ancora in una situazione di recessione e grande disoccupazione.”) valga per un argomento e non venga tirato fuori di nuovo anche per l’altro tema. Da questo raffronto così ravvicinato emerge ulteriormente il carattere “classista” del Premier e la più netta consonanza con i settori della Finanza e del mondo imprenditoriale.  Nondimeno sono d’accordo con il “dare” piuttosto che con il “prendere” ma devono esserci livelli diversificati a seconda dell’intervento che si mette in campo. Tuttavia, però, sono questi ultimi, soprattutto quelli strutturali che, se oggi prendono, domani devono rendere ciò che hanno preso, a dover essere privilegiati.

Un ulteriore rilievo va indirizzato al Premier che ha solennemente annunciato che il suo “ministero” avrebbe avuto due obiettivi, quasi esclusivi: innanzitutto il contrasto alla diffusione della pandemìa e poi lo sviluppo e la messa in pratica dei progetti strutturali presentati all’Europa all’interno del Recovery Plan. Per il primo obiettivo ha ottenuto una cooperazione largamente diffusa, che non ha voluto ascoltare le sirene della Lega e di Fratelli d’Italia, e quindi – grazie a questo – dovrebbe andare positivamente in porto; per il secondo, c’è qualche timore ben fondato per la riuscita. Qui poco vale – e varrà – la cooperazione popolare. Saranno i “pezzi grossi” della Politica e dei Poteri forti dell’Economia a far sentire le loro voci. A noi, popolo, rimarrà la funzione di “spettatori” in una arena nella quale si confronteranno interessi molto lontani dai nostri, quelli che tenderanno a far aumentare la ricchezza dei pochi e diminuire ulteriormente il reddito dei molti.

E, per capire anche la “qualità” di chi ci rappresenta in Parlamento c’è dell’altro!

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