commento a CHIEDIMI CHE ORE SONO di Agata Virgilio

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Perché si scrive? Praticando decine di scrittori, anche molto giovani come Agata Virgilio (ma anche Alessio Arena e Margi De Filpo), comprendo la loro impellente necessità di entrare in contatto con l’esterno da sé perché altri condividano il loro mondo interiore, anche se trasformato, sintetizzato in attimi di vita circostanziati ma arricchiti da un vissuto ricco di contaminazioni pluriculturali attinte all’humus familiare e sociale. Agata Virgilio non si sottrae mai a tutto questo e nella sua “opera prima” (è ovviamente un auspicio verso la “seconda” e la “terza” e poi e poi e poi) “Chiedimi che ore sono”, con un linguaggio personale giovanile pieno di freschezza e spontaneità, ci racconta la sua “formazione” umana in quel comune delicato passaggio dalla fase della infanziapubertà a quella dell’adolescenza. Agata è consapevole della sua dimensione e delle ragioni che la sospingono e già nel secondo capitolo fa dire alla protagonista “Roxana” (“Che nome strano” eh!) “piccola stella splendente”: “La scrittura è la mia salvezza, è la nave che porta in giro la mia anima. A volte si trasforma in una scialuppa che mi raccoglie dal mare in tempesta”. Sottoscrivo (“mi piace”) e condivido. La cultura di Agata è inusuale in una ragazza di 15 anni ma è di certo inserita all’interno di un contesto familiare aperto ai più diversi contributi. Lo si evince anche dall’utilizzo metodico all’inizio di ciascuno dei 16 capitoli del richiamo a testi musicali non proprio contemporanei, sintomo di una conoscenza che va al di là delle “mode”. Agata è una ragazza speciale che non si confonde con la massa, che non si omologa con i suoi coetanei (“Vorrei dedicare questo pensiero” dice Agata nel 10° capitolo “ anche a tutti coloro che per sentirsi accettati dalla massa calpestano tutte le cose importanti che avevano avuto fino a quel momento”) ed è anche in questa sua caratteristica che risiede la profonda difficoltà a confrontarsi con le sue amiche e ad inserirsi in gruppi annullando anche solo in parte la sua personalità. Ecco emergere la necessità di confronti irreali con esseri fantastici (l’altro da sé) o con questo o quel ragazzo di cui ci si infatua provvisoriamente ma che non corrispondono in definitiva agli “ideali” sognati. Agata cammina, odia i mezzi di locomozione (anche la bicicletta), e lo fa essenzialmente per continuare a parlare dentro di sé, astraendosi all’interno del suo mondo così ricco; ed anche questo sottoscrivo e condivido: “Camminando non inquini, vivi a contatto con gli altri ma puoi sempre assentarti, mandando la tua mente altrove….Il vero viaggiatore è quello che non si stanca mai. Puoi correre o camminare, l’importante è non fermarsi.” Il libro di Agata Virgilio “Chiedimi che ore sono” (il titolo si riferisce ad una delle sue particolarità “C’è un’altra cosa che non sopporto: gli orologi da polso”) è scritto in modo agile fresco sintetico non ampolloso e retorico come accade alle solite “opere prime” nelle quali sempre più spesso si intende riversare tutto di tutto. La struttura sintattica permette una lettura rapida ma i contenuti sono alti ed esprimono valori non comuni. La protagonista Roxana è quasi certamente una proiezione di Agata ed è segno di grande maturità far profferire alla prima una forte motivazione per il proprio futuro: “…io sarò qualcosa di più. Certo, avrò molte più difficoltà nella vita sociale, ma almeno sarò la persona che voglio essere e farò quello che voglio fare. Dovrei andare a dormire ma continuo a pensare, a pensare, a pensare! Il pensiero. Che grande capacità. Penso, dunque sono.” Al di là della serietà dei temi che ho riportato da lettore quasi settantenne ma memore di quei particolari turbamenti – diretti ed indiretti – dell’età adolescenziale, il libro è pieno di una lieve ironia che Agata riversa su se stessa e sul mondo che la circonda riuscendo a coglierne sfumature che non sempre sono evidenti a chi non possiede la necessaria sensibilità. Perché scrivere un libro, dunque? Un libro ferma il tempo e lo colloca in un universo una dimensione definitiva ed oggettiva ponendo la “storia” raccontata a disposizione di tutti quelli che la vorranno rivivere, partecipando e condividendo le ansie, le ubbie, le sofferenze e le gioie della protagonista. In bocca al lupo, Agata, ad maiora! Il libro si può trovare su ilmiolibro.it. Ve lo consiglio.

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