reloaded NON SONO UNA PERSONA NORMALE con un brevissimo post scriptum

…e ci metto la faccia!

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“NON SONO UNA PERSONA “NORMALE”; suppongo, però, che nessuno fra quanti mi leggono possa dire di essere “normale” nè io ritengo di poterlo mettere in dubbio. Fin qui, mi pare, mi vado inoltrando in uno sterile “sofisma”. Ed io, dunque, nè per esaltare nè per offendere e tanto meno per mostrare e mantenere equilibrio posso dire di alcuno che sia persona “normale”. E non giurerei, ponendo la mano sul fuoco, possano essere considerate “normali” le macchine, gli automi, dotate ciascuna di esse di elementi unici anche quando sono prodotte in serie per motivi sia umani che meccanici. E la mia, come la vostra, unicità è legata in modo inscindibile alle innumerevoli uniche e varie esperienze vissute in modo diretto o indiretto.. il mondo in cui viviamo oggi è lontanissimo da quello in cui agivamo negli anni della nostra infanzia e della giovinezza; è abbastanza lontano anche da quello in cui eravamo trentenni o quarantenni, e cinquantenni: ora siamo nella fase del “sessantennio” verso la sua fine. Abbiamo più da ricordare che da sperare per noi; ma non ci fa difetto la progettualità perché, anche se non ci è stata data l’esperienza diretta della guerra e della desolazione ne abbiamo raccolto gli elementi ed i valori positivi e non li abbiamo mai dilapidati soffocandoli con una miscela di disvalori quando a tanti sembrava lontana la fase dell’impegno sociale e civile e venivamo intontiti attraverso i mass media con le città da bere e da vivere allegramente, con la creazione di illusioni per i poveri costretti a rifugiarsi sempre più davanti alla “scatola magica” delle televisioni commerciali. Ecco, se penso ad una normalizzazione penso all’inebetimento dei consumatori di programmi televisivi sempre più ammiccanti e di bassissimo livello culturale, quelli che appartengono con una formulazione molto cult chic alla produzione “nazional-popolare”.
Gli anni progressivi di una crisi incessante che ha seminato e prodotto miseria distribuendola in modo iniquo e quasi sempre con gli stessi recapiti: ai ricchi maggiori ricchezze, ai poveri maggiore miseria; quegli anni ci stanno addosso come una coperta di bollente pece che non vuole staccarsi.
Provate a leggere i settimanali “leggeri” fatti per menti semplici ed aspiranti voyeurs che abbiano bisogno di nutrirsi di storielline amene e piccanti che le consolino o le facciano gioire di rimando godendo semmai della felicità o delle tragiche vicende altrui, meglio se noti e ricchi. Provate a seguire qualcuno di quei programmi che si occupano delle feste e dei ritrovi “vip” o, semplicemente, se vi trovate a passare, ad affacciarvi alla porta di uno di questi locali ( come ho fatto io, tre anni orsono al Twiga Beach Club*, locale solo per gente facoltosa di Forte dei Marmi ) ed allora scoprireste che, lì, come hanno continuato a dirci per anni per umiliarci ulteriormente, la crisi non si è affacciata e che quei signori lì considerano noi “straccioni” degli “sfigati” e invitano i nostri figli, anche quelli ben diplomati e laureati, a lavorare per loro, garantendo munifiche mance. Altro che “brioches”. Anche questi “vip” non sono persone normali; il loro tempo ha ritmi diversi da quelli che, ad esempio, mi appartengono. Ed è anche nel “tempo” che ci si diversifica: il tempo dello studio, quello della socialità, quello ancora della “curiosità”. Esso si sviluppa nell’azione culturale ed in quella politica e spazia nella società. Questo è il mio tempo che fa di me una persona “unica”, “speciale” non “normale”. Così come uniche speciali e non normali sono tutte le altre persone ivi comprese le tante che in apparenza hanno poco da raccontare. Cercherò, da persona “non normale”, di raccontare le tante storie di donne ed uomini “non normali” in questo BLOG.
Joshua Madalon

* nel 2012 ero Presidente di Commissione Esami di Stato a Marina di Massa ed ospite pagante della Casa per Ferie La Versiliana a Fiumetto – avevo fra i candidati dei “fortunati” giovani che lavoravano nella struttura che era gestita da Briatore e quindi ero bene informato. Un “misero” docente, lieto ed orgoglioso di non essere una persona “normale”, non avrebbe mai potuto accostarsi al Twiga Beach Club.

Post scriptum per il “reloaded”: contento di non essere una persona normale ma ancor più contento nel sapere che un personaggio come Briatore mi dicono che abbia molta stima verso l’attuale Premier! ed è in ottima compagnia!

TRA I PANNI DI ROSSO TINTI – Appunti di storia pratese 1970-1992 – Attucci Editore

Ciminiere

Ho ricevuto da Alessandro Attucci, collega, amico e “nonno” da qualche mese il libro di Riccardo Cammelli “Tra i panni di rosso tinti – Appunti di storia pratese 1970-1992” edito dallo stesso Attucci.

Dopo la presentazione avvenuta a Coiano nell’ambito della Festa dell’Unità ve ne sarà un’altra giovedì 16 ottobre alle ore 17.30 alla Libreria Feltrinelli di Prato via Garibaldi 92-94. Ho preso un impegno a leggere parte del libro, che è formato da circa 350 pagine. Penso di leggere le prime due parti: l’una dedicata alla storia economica, “Il dibattito sullo sviluppo economico”; l’altra, relativa alle vicende urbanistiche, “Un vestito nuovo per la città”. Ad ogni modo sarò presente ed in questi giorni commenterò le diverse parti, la prima e la seconda prima del dibattito del 16; la terza dopo la sua effettuazione. Le pagine sono densamente incentrate sulla storia della città “laniera” in un periodo che ha prodotto e vissuto, vissuto e prodotto una delle crisi più gravi della sua storia artigianale ed industriale.
L’autore, supportato a quanto ne so da Andrea Valzania, sociologo ed esperto delle dinamiche sociali in particolare quelle legate ai percorsi di integrazione nei processi migratori, presenterà il suo lavoro GIOVEDI’ 16 OTTOBRE ORE 17.30 presso la Libreria Feltrinelli in Prato, via Garibaldi 92-94
Siete tuttei invitatei

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PASSIONE VIGOTRUFFAUT – UN CONTRIBUTO DI Germana Volpe – LUX in FABULA – Pozzuoli 21 ottobre ore 18.00

Copertina Sales Gomes

A POZZUOLI PRESSO LUX IN FABULA – RAMPE CAPPUCCINI 5 – MARTEDI’ 21 OTTOBRE ALCUNI GIOVANI – Federica Nerini, Emma Prisco – Germana Volpe e Roberto Volpe coordinati da Claudio Correale (Lux in Fabula) e Giuseppe Maddaluno (Dicearchia 2008) discuteranno di Jean Vigo e Francois Truffaut a 80 anni e 30 anni dalla loro scomparsa

Questo è un contributo di Germana Volpe

La biografia di Sales Gomes, dal titolo Vita ed opere del grande regista anarchico Jean Vigo, portata direttamente da Giuseppe Maddaluno presso i locali dell’Associazione Lux in Fabula, mi ha permesso di conoscere un maestro del cinema francese, noto per i suoi film documentari dal forte contenuto sociale.
Jean Vigo nasce a Parigi il 26 aprile 1905: suo padre è Eugène Bonaventure de Vigo, militante anarchico e direttore della testata giornalistica Le Bonnet Rouge, meglio noto come Almereyda (Y a la merde), secondo un gioco di parole molto in voga presso gli ambienti anarchici francesi. L’intensa attività politica di Almereyda, volta ad arginare l’avanzata dei repubblicani guidati da Clemenceau, è interrotta nel 1914 con l’arresto nella prigione di Fresnes. Nel 1917 il suo corpo viene trovato in cella, strangolato con i lacci delle sue scarpe. Jean Vigo, appena dodicenne, apprende la dolorosa notizia della sua scomparsa. La libertà di pensiero, la voglia di cambiamento, la speranza in condizioni di vita migliori che caratterizzavano lo spirito di Almereyda, saranno motivo di orgoglio per Jean e filo conduttore di un legame che non verrà mai a mancare, nemmeno nei film che il giovane Jean Vigo realizzerà nel corso della sua breve attività cinematografica. Le sue pellicole trattano tutti i temi da sempre cari al mondo anarchico paterno, dimostrando tutta l’influenza che questa figura seppe avere su di lui. Al contrario invece, la madre del giovane, Emily Clero, non ha mai buoni rapporti con il figlio e questo muro così spesso e difficile da abbattere, sarà analizzato e superato attraverso l’arte e con la maturità.
Suo primo film, la pellicola muta del 1929, dal nome A proposito di Nizza, è un’aspra critica contro quella società borghese sorda al grido di miseria e povertà che si avverte nel bassifondi cittadini, dedita solo al gioco d’azzardo e al divertimento sfrenato. Il clima carnevalesco che si respira nella città è il pretesto per svelare i falsi valori a cui il mondo dei ricchi, comodamente seduti al sole, fa riferimento. Bellissima la fotografia e i giochi a cui Vigo da spazio nel corso delle varie scene: tutto inizia con delle spettacolari riprese aeree.
Il secondo film è Zero in condotta, pellicola del 1933, opera biografica in cui Jean racconta la dura vita trascorsa nel collegio di Millau. Girato in soli otto giorni, in condizioni di salute molto gravi, il film vanta la partecipazione di soli tre attori professionisti (il direttore del collegio, il professore e il sorvegliante), mentre i bambini, veri protagonisti dell’opera, sono stati scelti direttamente dalla strada o dai retrobottega: a loro vanno i meriti maggiori per la riuscita del film. Tra le ingiuste punizioni inflitte dagli ottusi adulti della struttura a tre giovani, c’è “lo zero in condotta”, voto che impedisce a questi di godere dell’uscita domenicale concessa abitualmente. Stanchi di subire i ragazzi mettono in atto un piano per sabotare i grandi e ribellarsi finalmente alle angherie dei loro superiori. Il film è stato censurato perché definito antipatriottico dalla critica (si temeva, infatti, che alla sua visione sarebbe seguita la rivoluzione) e vide la luce solo nel 1945. Molti sono i riferimenti all’anarchia: non dobbiamo dimenticare che negli anni 30’ il fascismo la faceva da padrone in Europa ed ecco perché la censura ha avuto la meglio su questi film dall’alto contenuto anti-capitalistico e anti-autoritario.
Nel 1934 fu la volta de L’Atalante, ultima opera del maestro Jean Vigo. Il film è stato girato nei pressi di un fiume nel mese di novembre e racconta della storia d’amore tra due giovani, un marinaio di nome Jean e la sua bella, Juliette. Il film non ha una chiave di lettura semplice: i due novelli sposi partono a bordo della nave da cui prende nome il film. La monotonia dei giorni in mare e un litigio tra la coppia, causato per l’attrazione che Juliette nutre nei confronti di Pere Jules, altro marinaio, è causa dell’abbandono dell’imbarcazione da parte della donna, che decide di fare un giro per Parigi, ma non riesce più a ritornare a bordo per uno strano scherzo del destino.
Jean Vigo, gravemente malato di tubercolosi, muore a Parigi il 15 ottobre 1934, lasciando l’affezionatissima moglie Lidou. Sino alla fine dei suoi giorni, durante il lungo periodo di malattia che lo vide sempre in preda ad una fortissima febbre, Jean Vigo non ha mai smesso di far sorridere i suoi cari e di dedicarsi al suo lavoro. Una frase riassume tutta la sensibilità di cui era dotato questo genio dell’arte cinematografica, scomparso troppo prematuramente, a soli trent’anni: “Godiamo di una calma esteriore e la nostra inquietudine batte meno forte. A mangiar bene, a dormire venti ore, a riposare sulle sdraio, a passeggiare un poco, a parlare di meno, si arriva a risultati sbalorditivi. Certo conserviamo tutte le nostre pene, tutti i nostri debiti che anzi possono pure aumentare. E se ci dolgono i reni fino a piangere, ebbene, si va avanti. L’avvenire non si schiarisce, e la nostra situazione materiale, morale e artistica, rimane altrettanto brillante che dopo mille perdite di tempo dietro personaggi qualificati e inqualificabili. Ma almeno non si toglie niente al proprio amore. Lo sguardo è lungo quanto deve esserlo, e la carezza anche. Una spalla è sempre pronta per la tua testa stanca e la mano non viene mai meno. …alle telefonate di amici troppo tristi, tu rispondi e aspetti la loro visita perché puoi fare molto per loro, se però prima metti via l’orologio.”
Senz’altro, se questo brutto male non lo avesse colpito, sarebbe rimasto in vita più a lungo, allietandoci con ulteriori capolavori: ma il destino permette a chi vive poco di vivere intensamente ogni attimo… e Vigo ci è riuscito. Ha saputo prendere il brutto e il cattivo delle sue giornate, piene di una sofferenza che non possiamo nemmeno immaginare, riempiendolo di tutto l’amore che aveva per la sua arte e a vivere pienamente l’affetto dei suoi cari amici. E se siamo qui ancora a ricordarlo, a distanza di ben ottant’anni, è perché la sua opera ha lasciato indubbiamente un segno nella storia del cinema, come umanamente lui nel cuore di chi ha avuto modo di conoscerlo.
La biografia di Jean Vigo è disponibile gratuitamente in formato digitale sul sito di Città Vulcano a chiunque ne faccia richiesta.

Germana Volpe