RACCONTO D’AUTUNNO-INVERNO (con annunci di primavera) – 1

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RACCONTO D’AUTUNNO-INVERNO (con annunci di primavera) – 1

Giovedi 19 dicembre, è l’ultimo giorno dell’anno nel quale dialogo con gli stranieri per insegnare quel minimo di lingua italiana. C’è già da qualche giorno in città la nevrotica smania di consumo che caratterizza le feste. Il traffico è già intenso alle otto; c’è da andare al lavoro e c’è anche da accompagnare i bambini a scuola. Noi da qualche tempo non abbiamo questo impegno. Da San Paolo al centro occorre attraversare Chiesanuova. E càpita spesso di dover stare in fila dietro camion compattatori. E autisti che non conoscono le regole della precedenza e della segnalazione di cambio di direzione. Bisogna essere prudenti. Per tutto questo per rispettare la mia ansia di puntualità mi anticipo di una decina di minuti. Anche perchè per evitare un parcheggio a pagamento fermo la mia auto in una zona libera, più lontana del solito da Piazza Mercatale. Faccio a piedi lungo la ciclabile, da una parte il fiume che in questi giorni è gonfio di acqua, al di là di esso il borgo magnifico del Cantiere con il suo skyline basso popolare; e dall’altra parte la fabbrica Calamai esempio di archeologia industriale riconvertita in modo corretto.

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CANTIERE-1

Mi inoltro poi nel sottopasso della linea ferroviaria che congiunge Firenze a Pistoia e Viareggio e vado verso l’ingresso della Passerella che congiunge le due rive del Bisenzio. Non devo attraversarla ma solo costeggiarla. Alla fermata della Cap, le autolinee cittadine, c’è gente in attesa. Faccio uno slalom rapido ma “Maestro!” sento una voce roca che sembra rivolta a me. Mi giro e rivedo uno dei miei ex allievi, un nigeriano, che mi sorride e mi augura, condito da uno sguardo dolce e tranquillo, buone feste. Mi fermo, sono come sempre mi accade in anticipo, e lo abbraccio scambiando anche le mie “buone feste” e poi “ma anche voi festeggiate il Natale?”. Non mi risponde, lo sguardo diviene solo un po’ più serio e “Parto per il mio paese tra qualche giorno”, solo “un po’” più serio. “Allora, festeggerai con la tua famiglia?!”. “No, torno perché è morta mia madre!” Cerco di non far riconoscere il gelo che è dentro di me per essere stato così insistente e inopportuno. “Mi dispiace…ma hai problemi a tornare, poi?” “No, vengo” facendo il segno del volo “in aereo, non in barcone”. Lo abbraccio di nuovo con un sentimento diverso rispetto al primo e lo saluto, augurandomi abbia una buona fortuna. Ci vuole così poco per riconoscere che l’umanità ha colori diversi e tocca a noi distinguerli e farne una ricchezza da condividere. Proseguo verso la Piazza, attraverso via Sant’Antonio. Non c’è molto traffico. Uso il marciapiede anche se potrei agevolmente stare sulla strada che è a senso unico verso la mia direzione di marcia. Da lontano vedo arrivare uno dei giovani con il quale mi sono sempre confrontato sin da quando lui era un ragazzo di Liceo, lo stesso frequentato da mia figlia Lavinia. Negli ultimi tempi il nostro confronto si è diradato: abbiamo avuto delle divergenze, sempre però mantenute all’interno di un rapporto di rispetto.

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Joshua Madalon