RACCONTO D’AUTUNNO-INVERNO (con annunci di primavera) – 2

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RACCONTO D’AUTUNNO-INVERNO (con annunci di primavera) – 2

2.
Proseguo su una linea diretta, di incontro. Due veicoli umani che viaggiano su posizioni opposte. Una forma di infantilismo che non mi abbandona. Sorrido ed il giovane sorride per quel che sa fare. Giovani significa anche saper distinguere le differenze e fidarsi delle persone libere; ma appare, sin dal sorriso appena accennato che dalla prossemica impertubata, incapace di volare, forse impaurito da prospettive incerte. “Come va?” generiche domande. “Sono sempre più convinto che il futuro senza un vero cambiamento non abbia sbocchi positivi. Se non si risponde in modo significativo alle domande della stragrande maggioranza della gente, che è sempre più bisognosa di riprendere fiducia, si offre spazio alle Destre, quelle peggiori.”
Mi risponde “Chi dice che noi non cambiamo e ci rinnoviamo; è il tuo punto di vista”. Capisco e pur isnistendo mi rendo sempre più conto della divergenza di vedute, con punti di vista sempre più distanti e gli ricordo “Hai detto da tempo che ormai non avevo più nulla da condividere con il tuo Partito, anche se è stato per tanto tempo il mio!”.
Ciascuno ha fretta di riprendere il cammino. “Auguri! Saluti alla famiglia!” e “Auguri! Saluti anche alla tua!”
Attraverso lo sboco di via Santa Margherita per entrare in Piazza Mercatale. E mi avvio verso San Bartolomeo, con il campanile che ricorda quello di Venezia; salgo la scalinata ed entro nell’atrio, imbocco la porticina che conduce al piccolo Chiostro. Salgo le scale interne. Non sono ancora le 9. Do una mano alla segretaria del corso per mettere in ordine i registri ed aprire tutte le imposte. Fa freddo dentro, più freddo che fuori: oggi non c’è il riscaldamento, la caldaia non funziona, e temo per la mia salute oltre che per quella degli allievi che ancora tardano a salire. I miei allievi ormai “storici” riferiti però a questi ultimi mesi (c’è un turn over incessante e frequente) arrivano puntuali. Noto che una di loro, una giovane signora marocchina, puntuale come gli altri non c’è e chiedo se fosse stata già assente lo scorso martedì, giorno in cui non ci sono io a condividere questa esperienza. “Ha l’influenza; anche i suoi due bambini” mi dice una delle tre giovani donne cinesi. Come sempre, colgo al volo il tema. E lo sviluppo. La prima delle due ore parte sempre da un argomento utile per la conoscenza della lingua di uso quotidiano. Il lessico farmaceutico, il riconoscere i primi sintomi e saperli esporre, le precauzioni da adottare: sono propedeutiche alla coniugazione ed alla declinazione dei termini, maschile e femminile, singolare e plurale. La seconda ora, poco prima o poco dopo, è riservata ad una serie di esercizi su comparativo e superlativo e sui verbi impersonali e riflessivi, sull’uso frequente di questi. C’è una grande partecipazione, soprattutto da parte delle ragazze cinesi che si divertono un mondo a ripetere le parole con la “erre”. “State davvero diventando brave, soprattutto con la doppia “erre” – dico loro. Si aiutano tra di loro ed aiutano anche il “grande uomo” del Pakistan, capelli e baffi nerissimi, che ha più difficoltà a seguire. E’ più lento, la sua scuola “coranica” gli ha insegnato a leggere ma non a scrivere e quindi impiega più tempo a copiare.
Al termine delle due ore, solitamente c’è fretta di andar via. Oggi sembra tutto meno frenetico.

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