VIAGGIATORI – una serie di racconti “Cloudy sun”

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Cloudy sun – prima parte

Professionalmente avveduto o un perfido insolente? L’impiegato della ditta di mezzi pubblici delle linee che partono da Stansted non aveva nemmeno chiesto conto dell’età della signora che si trovava di fronte e l’aveva già accreditata come anziana fornendole biglietti scontati. Londra aveva accolto Giulietta ed Armando con un cielo terso del tutto insolito per quelle latitudini; c’era anche un vento abbastanza sostenuto freschino per i turisti che arrivano dal Sud ma gradevole, quasi estivo, per gli autoctoni. Eh già! gli autoctoni che, quando il cielo è coperto, lo identificano con cloudy sun, ovvero “sole nuvoloso”. Avevano programmato quel viaggio per incontrare degli amici che si erano trasferiti da qualche anno a Cambridge, dove si occupavano di materie davvero particolari per un’Università straniera ritenuta di certo a torto anglofonocentrica, retorica latina e papirologia araba. Giulietta ed Armando erano in pensione, mentre Lucio e Francesca, più giovani di loro di circa 10 anni, erano in piena attività e giravano il mondo: erano stati anche a Roma (erano entrambi però originari della Calabria) dove si erano conosciuti ed avevano conosciuto Giulietta ed Armando durante un Seminario organizzato dal Dipartimento Scienze dell’antichità dell’Università della Sapienza. Sarebbero andati a casa loro, all’interno di un College che metteva a disposizione delle stanze anche per gli ospiti dei docenti per un tempo limitato. Né Armando né Giulietta erano stati mai a Cambridge e le aspettative erano alte; ne avevano letto e sentito parlare come di un luogo davvero particolare, costruito quasi esclusivamente per gli “studi avanzati e specialistici”, come Oxford o Harvard che prese il nome dal suo fondatore che apparteneva ad un gruppo di emigrati inglesi che fondarono una nuova città chiamata Cambridge, presso Boston. Ne parlavano identificando quel territorio come un grande parco inframmezzato da nuclei abitativi e strutture universitarie. Il viaggio da Stansted a Cambridge durò circa un’ora; si attraversava un’autostrada, la bretella n.8, con scarsissimo traffico senza vedere nemmeno un centro abitato ed, anche a ridosso della città di Cambridge, c’erano solo case basse – tipo terratetto – inframmezzate da vaste porzioni di verde. La fermata del bus era a ridosso di un Parco frequentato da un po’ di gente seduta sui prati, malgrado il vento, che ai “nostri” apparve anche un po’ freddino. Lucio era venuto incontro ai suoi amici e dopo i saluti cordialissimi si erano avviati verso il College; avevano attraversato il grande Parco e si erano inoltrati su una strada abbastanza trafficata; poi per una stradina laterale erano giunti sul Cam ed erano entrati, dopo aver attraversato un piccolo ponte in legno, in un sentiero ciclopedonale in mezzo ad un Parco di cui non si scorgeva la fine. Arrivarono dopo qualche minuto ad un caseggiato dietro una fitta boscaglia composta da alberi di alto fusto e videro venir loro incontro Francesca, sorridente e splendida in una di quelle gonne plissettate lunghe fino ai piedi con disegni floreali: l’avresti detta già una tipica donna “british” solida e ben piantata. Il tempo era cambiato e, portati dal vento, grigi nuvoloni si erano addensati e già poco prima di arrivare a casa degli amici iniziava a cadere una pioggerellina sottile sottile. Quella sera nel cottage del College, formato da stanze basse e piene di mobili che emanavano insieme al legno del parquet un intenso odore misto di pulizia e di antico, dopo una lunga chiacchierata a cena e dopo cena, Armando e Giulietta si erano ritirati nella loro camera e ben presto si erano addormentati al tepore di un piumone accogliente. Era luglio inoltrato ed in Italia di certo stavano soffrendo l’afa. Il giorno dopo avrebbero potuto visitare, da soli, perché Lucio e Francesca erano impegnati nei loro Dipartimenti, la città di Cambridge.

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