VIAGGIATORI – una serie di racconti – PROCIDA, L’ETERNO RITORNO – prima parte

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VIAGGIATORI (da un dattiloscritto degli anni Sessanta)
PROCIDA – L’ETERNO “ritorno” – prima parte

“Novembre, il cielo ancora azzurro, i campi disadorni e i fossati verdi…A te ritorno, isola, così un nocchiero rivede la sua terra e s’inchina a baciarne le prime zolle…
ANNI CHE NON TI RIVEDEVO! che non assaporavo la tua quiete, nel percorrere le tue stradine, le viuzze con balconi foriti e le comari con i loro pettegolezzi “quasi” per riservatezza muti”
Sembra come se doversi limitare al solo porto, quando sbarcano i viaggiatori, l’isola di Procida! Ed invece nasconde dietro la falsa quinta delle sue prime case di pescatori una ricchezza immensa che, durante il mite autunno, è ancora parzialmente incorrotta. Il silenzio vi è smosso di tanto in tanto dalle grida stridule e possenti di qualche venditore, dal botto di un fucile, dal rombo di un areo straniero, dal clacson della corriera che si annuncia di lontano o che notifica la partenza.
“Ci siamo accorti troppo tardi che andava a finire così. Avevamo fatto di tutto per evitarlo, e tante parole inutili. Poi, improvviso, il mondo ci aveva assalito.”
La mia civiltà, la nostra civiltà è quella che ora noi tutti ignoriamo, anche se un giorno l’abbiamo avvicinata e l’abbiamo conosciuta. Civiltà di infanzia, civiltà di piccole cose, mondi eterni irripetibili, senza mai un ritorno, infanzia, fanciullezza, adolescenza, felicità, sorrisi.
Dovevo essere piccolo piccolo, pochi mesi o poco più di un anno. Le braccia del nonno materno, Vincenzo, le sento ancora e mi vedo in una stanza che solo ora mi è ben nota, dal pavimento uguale a quello di una vecchia casa mia, tenuto stretto da un fantasma, una forma senza tempo come l’aria, il cui volto posso solo intravedere da un ritratto, ingiallito dal tempo, nel quale il busto del nonno sembra emergere dalle nebbie.
Uguale allo zio, il nonno, con un paio di baffi che certamente avrò toccato e tirato nelle innocenti smanie di un bambino.
Soltanto questo, ricordo di mio nonno.
Ho poi vissuto gran tempo lontano ed il mio ritorno si è fatto man mano più rado, le mie visite frettolose col passare degli ani.
“Ma non potrò dimenticare i luoghi, le persone che mi sono state e mi sono più care, che ho lasciato non troppo ma pur sempre lontane.”
I giochi da bambino sono per me il desiderio più represso ma non trovo – e forse nemmeno ricerco – altre persone capaci, comprensive e pronte a sognare con me; e tutte sarebbero pronte a denigrarmi.
Vado passeggiando giù per i viali terrosi stretti e gli alti fossati che mi videro saltellante gioioso ranocchio insieme ad altri spensierati fanciulli, per sfuggire l’attanagliante noia dei tempi che avrebbe facile vittoria nell’adulto bambino che mi ritrovo ad essere, che sono, l’accidiosa involontà di essere un verme strisciante ed il desiderio represso di volare al di sopra degli altri, come nei sogni notturni che avevo da bambino, una cosa piccina, molecola sconosciuta ed invisibile del grande infinito universo.

1- continua

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