NON E’ PIU’ TEMPO DI INFINGIMENTI IPOCRITI

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Le strutture regionali del Partito Democratico (perlomeno quella toscana) si accorgono negli ultimi giorni che mancano solo poche settimane alla fine del 2014 ed il tesseramento è crollato. A meno di “miracoli” come quelli che si erano verificati negli anni dei “signori delle tessere” che raccoglievano centinaia di adesioni reclutando anche i “passati a miglior vita” (abitudine che in misura ridotta si è verificata anche in anni e tempi recenti, ancorché recentissimi, con persone che accedevano ai seggi delle Primarie – quelle riservate esclusivamente agli iscritti, si intende – senza nemmeno conoscere luoghi e modalità per espletare il tanto desiderato diritto), difficilmente verrà recuperata la gran parte dei tesserati. La sensazione che prevale è che vi sia cecità ed Ipocrisia nel non voler accettare che la nuova “linea” del Partito è in netto contrasto con la stragrande maggioranza dei militanti e che non occorra rivolgersi ai Coordinatori dei Circoli perché sanino con la collaborazione dei massimi Dirigenti locali regionali e nazionali i ritardi; ma bisogna che quei Dirigenti si armino di buona e solida volontà e vadano ad iscrivere perlomeno il 10% di quella fresca vigoria che cittadine e cittadini neofiti della Politica hanno evidenziato nel corso delle belle Primarie. Non è più tempo di infingimenti ipocriti; il Partito Democratico di tantissimi di noi non esiste più. C’è solo un Gruppo di Potere assetato da decenni di digiuno che è riemerso dai bassifondi desideroso di comandare, affidando le proprie sorti a chicchessia ne fornisse le occasioni propizie.
In effetti i Circoli possono rinascere con il contributo dei “nuovi”, a patto che sappiano divertirsi nel farsi in quattro per organizzare eventi, cene, iniziative, le Feste, i dibattiti; andare a parlare con le cittadine ed i cittadini, casa per casa, mercato per mercato, utilizzando le proprie ferie per sostenere fattivamente le Feste senza auspicare per sé nulla in cambio ma semplicemente per generosità ed altruismo, per cooperazione e condivisione. Si iscrivano i giovani rampolli dell’imprenditoria e dell’Industria locale, le famiglie dei banchieri e delle Finanziarie; si organizzino pure le convention e gli aperitiva per pottini vecchi e giovani. Non c’è più posto per la vecchia guardia e forse di questo bisognerà anche ringraziarvi; se non altro la responsabilità della fine non sarà addebitabile ad essa. Il mondo non è solo così grande ma è anche molto diverso e vi è una grande ricchezza, una grande bellezza da utilizzare. Personalmente l’ho detto e l’ho scritto: cambio verso, IO cambio verso! Ma non a chiacchiere!

VIAGGIATORI – I GIORNI 1972 – parte 6

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Viaggiatori – I giorni 1972 – parte 6

Il fischio della nave. Gli anelli dell’ancora salire, rumorosi.
La riva allontanarsi, la gente, l’isola, man mano più lontana, sempre più piccola.
Padroni della nave. O quasi. Tanta, tanta gente era scesa. Il vecchio penitenziario di Santo Stefano, dove erano stati, tra i tanti, Settembrini e Pertini, mi dava ora l’idea di un vecchio inoffensivo castello. Dissi tra me e me: “Un giorno ci vengo. Un po’ di vacanza. Mi ricordava la Terra Murata di Procida.
Pioveva. “Cos’è la vita?!” Una domanda oziosa. Una risposta filosofica interminabile. Una domanda inutile e secca “Cos’è la vita?!” Una risposta lunghissima. Pioveva. Pioveva. La mano nella mano. Tuoni, fulmini, portoni; fulmini, tuoni, portoni; mare, tempesta. Pioveva. Capelli bagnati, ginestre profumate, capelli bagnati, profumo di ginestre. La mano nella mano. Una corsa sul bagnato a cercare portoni ospitali. Presenti e vivi. Al pomeriggio, il sole. Presenti e vivi.
Avevamo lasciato Ventotene che era quasi il tramonto. Il coraggio di essere tra pochi ci permise di mandar giù qualche panino.
Si andava avanti verso il Sole. Progetti, programmi. L’isola era vicina, ormai.
La donna dal naso semi-adunco sedeva accanto ad un signore dall’aria tedesca, completamente soggiogato da quella. Il suo stile di donna di vita e la sufficienza che ostentava mi davano ai nervi. Vedevo quel signore, prigioniero. E forse davvero lo era.
Nervosi entrambi, più tardi passeggiavano a turno come se fossero custodi vigili di un tesoro nascosto in qualche parte della nave. Chissà dove.
C’erano poi anche altri due innamorati. Due belle figure, di quelle difficilmente descrivibili perché normali. Vennero a sedersi accanto a noi. Si servirono delle nostre carte, dei nostri opuscoli. Ringraziarono. Ponza continuava ad avvicinarsi tra l’irradiazione atmosferica. Poi, diventata più chiara la visuale, vedemmo anche Zannone. Gli scogli della Botte sulla sinistra sembrano dapprima un’imbarcazione. Ma poi man mano che ti avvicini ti accorgi che son fermi…
Vedemmo il sole tramontare dietro il monte e l’isola diventare sempre più grande, più nitida.
“Se mi stanco, te la vedrai tu, se mi stanco te la vedrai tu”:
Eravamo già stanchi e ci aspettava ben altro che il riposo. Un viaggio in nave, specie quando è lungo e scomodo, stanca. I nostri occhi non dicevano niente di buono, ma la verità-
“Non appena arrivo, ti telefono” era stata la promessa a mia madre. Ed era tardi. Era di certo in pensiero. Sicuramente.

fine parte 6

Ponza