Con gli studenti quella sera poi avviò a trattare la difficile fase delle “Guerre di successione”; alcuni però vollero sapere di Pier Paolo Pasolini e così fu che si avviò una discussione fra chi lo etichettava come un immorale frocio e chi lo riconosceva come poeta assoluto. Fulvio parlò della sua spietata lucida analisi della società condotta su quotidiani come “Il Corriere della Sera” e “Il Tempo” e sul settimanale “Il Mondo” e su riviste vicine al Partito Comunista come “Vie Nuove” e “Rinascita”. Ne sottolineò gli aspetti analitici e critici ed in particolare toccò il tema del “genocidio culturale” e della metamorfosi antropologica in atto. Parlò del suo cinema ed in modo attento alle prime prove, “Accattone” e “Mamma Roma”, che senza alcun dubbio erano collegabili ai romanzi più famosi come “Una vita violenta” e “Ragazzi di vita”. Accadeva così, nel corso serale: erano gli studenti, quelli più attenti (qualcuno sonnecchiava), a proporre la linea della serata. E Fulvio si adattava.
Era un novembre climaticamente accettabile e Fulvio ne aveva utilizzati alcuni fine settimana, quando le scuole erano chiuse, per visitare altre parti di Bergamo. Bergamo alta (la città antica medievale romanica) è un piccolo gioiello inatteso per chi viaggia soltanto nella “bassa”, dove si sono invece sviluppate le caratteristiche moderne economiche ed industriali. Vi si accede attraverso un servizio di funicolare (a piedi è molto più faticoso arrivarci) e la percezione storica del mondo bergamasco cambia totalmente. Quel 4 novembre di festa Fulvio prese la Funicolare e attraverso stradine strette giunse nella splendida Piazza Vecchia, un vero e proprio capolavoro nel suo insieme. Vi fu girato “Il cavaliere del sogno” film dedicato alla vita di un grande bergamasco, Donizetti. Vi si trovano tutti insieme il Palazzo del Podestà, il Palazzo della Ragione e la Torre medievale del Comune. Andando avanti si trovano poi la Cappella Colleoni che celebra altro illustre figlio bergamasco, il Duomo romanico e la Basilica di Santa Maria Maggiore. Fulvio notò affisse delle locandine in alcuni dei locali che annunciavano per la sera del 4 novembre un grande Concerto all’interno del Duomo. Un’ orchestra tedesca con un Coro internazionale avrebbe proposto la “Passione secondo Matteo” di Bach. Non poteva mancare. Fulvio risalì di nuovo a Bergamo alta quella sera; non aveva mai sentito la “Passione” per intero ma ne aveva ascoltato brani proprio nei film di Pasolini e gli sembrò un “segno” straordinario quella concomitanza di eventi. Il Duomo alle sei e mezza di quel pomeriggio era gremito all’inverosimile; vi erano delle transenne che limitavano il passaggio fra il pubblico “comune” e le autorità cui era stata riservata la parte più ravvicinata all’orchestra su comode poltrone. Su una di queste vi era anche il Vescovo, figura possente per altezza e larghezza. Fulvio non si scoraggiò e superando il varco si posizionò in forma asiatica intrecciando le gambe. Non vi era alcun servizio d’ordine e l’esempio fu seguito da altri giovani, incoraggiando anche qualche meno giovane a fare la stessa scelta.
Alle sette in punto di quel pomeriggio gli orchestrali, circa 25 elementi, fecero il loro ingresso davanti al pubblico, sistemarono i loro spartiti sui leggii ed avviarono la loro azione per provare gli accordi. Dopo circa cinque minuti entrò il Coro formato da circa 20 elementi maschili e femminili e poi entrarono e si posero a sedere davanti ai lati dell’Orchestra tre donne e tre uomini (2 soprani, 1 contralto, 1 tenore e due bassi). Subito dopo, accompagnato dagli applausi del pubblico, fece il suo ingresso il Direttore e dopo due inchini al pubblico ed agli orchestrali che furono invitati ad alzarsi, salì sul suo podio e dopo aver impartito alcune indicazioni avviò il Concerto. L’avvio, musicale e corale, è immediatamente solenne e Fulvio, colpito da un brivido di emozione e di piacere, venne trasportato su una “nuvola” lieve ed eterea; voci angeliche pietose accompagnano l’Uomo con la sua Croce verso il suo estremo sacrificio. A tanta ieraticità non resse la stanchezza del Vescovo che scrollava la testa sonnacchioso. Al Corale ampio n.10 (“Son io che dovrei espiare Legato mani e piedi Dannato all’inferno Gli insulti e le catene E i tuoi patimenti Tutto ha meritato l’anima mia”) l’Alto prelato crollò in un sonno profondo ed in esso permase cullato dal Corale n.15 e da quello più tranquillo del n.17. A nulla servì il Tenore ed il Coro dell’Aria n.20 né la Corale n.20 che mantennero invece Fulvio ad un’altezza costante sulla sua “nuvola”, dalla quale fu costretto a scendere dopo il Corale conclusivo della prima parte, causa breve intervallo. Anche il Vescovo si scosse, disturbato da un addetto che gli chiese se aveva bisogno di bere qualcosa. Il concerto riprese e nulla cambiò: il vescovo riprese anch’egli il suo sonnellino e Fulvio il suo viaggio estatico. Non aveva mai sentito nulla di simile nei suoi giovani anni; il mondo gli sembrò più accettabile e comprese anche quanto la morte di Pasolini avesse proiettato quel grande nell’eternità, accomunandola a quella del Cristo. Quella sera uscì dal Duomo sorretto da due angeli che lo mantenevano al di sopra di tutte le altre persone accompagnato dalle note della “Passione” e dai suoi cantori.
fine