reloaded TERRE(E)MOTI DEL CUORE – IL RACCONTO DEL RICORDO (SUL BRADISISMO FLEGREO DEL 1970 E 1983)

Rionew Terra

QUESTO ARTICOLO E’ STATO PUBBLICATO DA ME LO SCORSO 9 GIUGNO 2014 SU POLITICSBLOG.IT

I legami con Pozzuoli sono stati, in questi ultimi quaranta anni, essenzialmente episodici. Fondamentalmente ho lavorato con intensità passionale, e ne porto addosso profonde ferite, sul territorio toscano dopo una parentesi veneta che pure ha dato i suoi frutti. Fra questi legami, al di là degli affetti familiari, pongo in posizione prevalente quello con Oscar Poerio che, negli anni Novanta, da Assessore alle politiche Sociali del Comune di Pozzuoli (credo rivestisse anche incarico di vice Sindaco) venne a “studiare” alcuni interventi dell’Amministrazione comunale pratese (allora era, a Prato, Assessore Alessandro Venturi) in materia di edilizia scolastica “primaria”. Oscar notò come da noi in Toscana le scuole fossero state pensate e costruite con delle grandi vetrate che lasciavano intravvedere dall’esterno le attività che si svolgevano all’interno di esse.
Non è un caso, dunque, che con Oscar si sia poi mantenuto un rapporto positivo anche se non continuativo ed intenso, e non è un caso che, ritornando di recente più spesso in terra flegrea, è con lui, forse più di altri, che io abbia attivato un legame profondo dal punto di vista culturale. Oscar mi parla dell’Archivio Vescovile e di Città Meridiana; mi parla di un Festival delle Idee Politiche (FIP è l’acronimo identificativo) che, insieme ad alcune amiche ed amici, sta organizzando ed io, che di Pane e Politica oltre che di Cultura ho vissuto finora soprattutto idealmente, accendo su questi temi il mio interesse. Mi piace peraltro questo accostamento a prima vista quasi irriverente fra il sacro dell’ideologia (le Idee politiche) ed il profano del nazional-popolare (Festival). Ed il mio interesse ha radici profonde nell’elaborazione di un Progetto di Sinistra che, partendo dall’esistente, lo superi con una rigenerazione post ideologica che si basi sullo sperimentalismo democratico e sulla mobilitazione cognitiva di cui parla negli ultimi tempi Fabrizio Barca. In effetti mi interessa moltissimo ( I care ) l’idea ma, per una serie di concomitanze, non riuscirò a partecipare. Non rinuncio tuttavia a mandare, via posta elettronica, uno dei progetti su cui sto lavorando. Oscar mi parla anche di un’iniziativa svolta lo scorso anno da Città Meridiana. Conosce la mia passione per il Cinema e per la “documentazione antropologica” e mi accenna ad un filmato, “Sud come Nord” (1957) di Nelo Risi presentato sempre lo scorso anno dalla sua Associazione nel corso di una delle iniziative. Gli dico che non lo conosco, anche se poi, da frequentatore di youtube, ricordo di averlo visto nel mentre ricercavo filmati su Pozzuoli e sull’Olivetti. E poi fa riferimento ad una pubblicazione di cui, dice, mi farà dono.
Si tratta di un “percorso nella memoria individuale e necessariamente collettiva riferito agli anni del “bradisismo” (il 1970 ed il 1983). Gli dico di avere già visto di recente alcuni video di “Lux in fabula”, un’associazione molto attiva nel recupero di riprese private e pubbliche audiovisive sul passato flegreo. Riparto per Prato sapendo di ritornare a breve. Ed è così che in questa fine di maggio, dopo l’esaltante vittoria del Centropd, ritornato a Pozzuoli, Oscar e Regina sua moglie, approfittando di una delle mie iniziative, sono venuti a trovarmi. E’ venuto lui; io non sono ancora riuscito ad andare da lui, in Archivio, come più volte ho promesso di fare. E mi ha portato il libro. Il titolo mi colpisce TERREEMOTI DEL CUORE Il racconto del ricordo. CINQUE PAROLE CHIAVE cinque tag fondanti. E dentro nella prima pagina di copertina anche una dedica “significante” che recupera alcuni lemmi e spinge me ad inoltrarmi fra le altre pagine. Ritrovare “fatti, persone e moti del cuore” perché risveglino in me “ricordi mai cancellati”: è questo l’auspicio di Oscar. Con affanno e voracità scorro rapidamente il libro con gli occhi e col cuore innanzitutto alla ricerca di nomi e volti noti collegati ad esperienze comuni, tutte amiche ed amici della “bella gioventù”.
Il bradisismo, quello del 1970, sconvolse i nostri destini con una diaspora tentacolare: era, quello, un tempo difficilmente spiegabile a chi soprattutto è nato e vissuto dopo quegli anni. Come si fa a raccontare ai nostri giovani cybernauti e sacerdoti di Android che, per nessun motivo al mondo avremmo avuto modo allora di relazionarci costantemente – come riusciamo a fare adesso – con le amiche e gli amici con cui fin a qualche giorno od ora prima avevamo vissuto gomito a gomito. Anche le diverse lontananze incisero creando storie nuove, nuove amicizie, nuove solitudini e qualche volta nuovi amori. L’evento di bradisismo del 1983 mi ha visto già cittadino di altra Regione, dal 1975 ero andato via da Pozzuoli, dove nel 1972 avevamo festeggiato i 2500 anni dalla sua fondazione, e nel 1983 ho vissuto le “storie”, di cui ho letto nel libro, anche dai racconti dei “miei”, che erano ritornati a Mondragone ma non nella casa dove ero stato con loro nel 1970, quando avevamo abbandonato la nostra abitazione di via Girone soltanto per prudenza.
Ma non voglio aggiungere un capitolo al libro che ho trovato estremamente vario e ricco e mi ha consentito davvero di ritrovare in un solo unico contesto quelle sensazioni comuni ma diverse che ciascuno dei protagonisti lì dentro presenti ha vissuto; di ritrovare nomi e volti a volte provvisoriamente dimenticati ma che – ora – vorresti incontrare nuovamente per intrecciare percorsi fertili comuni. Tanti nomi; non posso sceglierne solo alcuni; farei torti incomprensibili, ingenerosi ed ingiusti. Ho una matrice culturale di tipo “antropologico” che mi spinge ad indagare sulle “storie” umane e questa raccolta di “storie” mi ha coinvolto appassionatamente. Non amo da qualche tempo l’approccio meramente politico; lo trovo sempre più arido e colmo di ipocrisie. Ad ogni buon conto concluderei questo “racconto” sotto forma di “commento” (o commento sotto forma di racconto, fate voi!): nel 1972 pubblicai, a mie spese, un lungo racconto accanto ad uno breve, bellissimo ed intenso, del mio amico Raffaele Adinolfi. Era, quello mio, un racconto anomalo fatto di un pretesto di partenza (un breve viaggio a Ponza) ma con una lunghissima serie di rimandi “logici” (per me lo erano di certo, per gli altri ho qualche dubbio lo fossero). In una di queste pagine c’è la mia “memoria” di quel distacco del 1970.

J.M.
Immagine mia

VIAGGIATORI – una serie di racconti – LA SFIDA – 4 ed ultima parte

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LA SFIDA – quarta ed ultima parte

Il mare era abbastanza tranquillo nel porto, anche se con l’approssimarsi del tramonto il vento aveva ripreso a tirare ed a dire il vero non era freddo. Il gruppo di Alberto, tutti soddisfatti per l’esperienza vissuta, arrivò a Marina Grande con il piccolo autobus. Scesero e si avviarono alla biglietteria, ma la trovarono chiusa e videro anche un cartello affisso: “SERVIZIO SOSPESO per mare forza 9”. In effetti, il mare non appariva poi così tempestoso, ma uno degli ormeggiatori che Alberto conosceva disse che il moto ondoso era molto forte nella parte più aperta alle correnti aeree ed in particolare fra Ischia e Procida e nel canale di Procida; e , quel che era peggio, le previsioni non annunciavano miglioramenti nelle ore successive, anzi! Cosa fare, a quel punto? Alberto sapeva anche che in qualche occasione era stata ripresa la rotta per Acquamorta, al Monte di Procida; ne accennò al gestore del bar, Geppino, che conosceva da tempo ma quello gli rispose che, in simili condizioni, nessuno lo avrebbe potuto condurre dall’altra parte: la sera stava sopraggiungendo e non vi erano le condizioni per poter con certezza far ritorno e poi la Capitaneria non lo avrebbe consentito.
Alberto chiamò Valerio che, per fortuna, visto il maltempo, era ritornato a casa e lo informò. “Se qualcuno ci dicesse che di certo domattina si parte potremmo anche adattarci in un magazzino del porto o chiedere ospitalità in uno dei locali della Marina; ma ho la sensazione che non vi siano certezze in tal senso.” Alberto pensò anche di portare una parte dei suoi amici dai suoi parenti, ma Valerio lo rassicurò: “In occasioni come queste, voi siete stati nostri ospiti, tocca a noi ricercare una soluzione. Chiamo il Sindaco per capire quel che si può fare! Aspettatemi”. Alberto ringraziò ed avvertendo su di sé la responsabilità di averli condotti in quella “sfida”, informò il gruppo, che intanto come aveva fatto al mattino si stava rifocillando al caldo in una stanza interna del Bar con te e pastine varie.
Valerio arrivò dopo meno di un’ora; con lui c’era il vice Sindaco che assicurò tutti che l’isola avrebbe provveduto ad ospitarli in una struttura alberghiera (avevano pensato anche all’Ospedale, ma veniva utilizzato solo per il Pronto Soccorso e non aveva spazi organizzati) fin quando il servizio di navigazione non fosse ripreso. Alberto aveva telefonato alle zie e si fece escludere dal computo; disse che però li avrebbe accompagnati per accertarsi della sistemazione. In quei giorni, per la concomitanza delle festività e del maltempo, gli alberghi erano pressochè vuoti. Era consuetudine ad ogni buon conto avere il massimo rispetto per gli “ospiti”, ancor più in occasioni come quelle; e non capitava certamente spesso.
Valerio, il Vice Sindaco ed un altro amico fino ad allora sconosciuto li accompagnarono, utilizzando tre auto, ai due Alberghi che si trovavano fra Solchiaro e la Chiaiolella, il “Savoia” ed il “Riviera”. Furono accolti con estrema cortesia nella tradizione ospitale dell’isola. Alberto ringraziò gli amici di Procida, si accomiatò dai suoi amici assicurando loro che, presto, la mattina dopo sarebbe ritornato, suggerendo loro di essere pronti perché se il mare si fosse calmato ed il servizio ripreso sarebbero partiti. La notte il vento riprese vigore e la mattina, limpida perché sgombra di nubi annunciò tuttavia che nulla era cambiato e che il mare, lo si vedeva dall’alto della casa delle zie di Alberto, lo si vedeva altrettanto dall’alto delle terrazze dei due alberghi, era ancora più tempestoso. Alberto raggiunse presto gli amici e con loro, sapendo di dover rimanere ancora qualche ora, forse un giorno, si sperava un solo giorno, si incamminò sulla via “Panoramica” e da quella poterono osservare la maestosità delle onde marine che si scagliavano possenti contro la scogliera sollevando una schiuma corposa; ed il vento intenso rendeva il cammino faticoso lungo la strada. Alberto e pochi altri, rassicurati e protetti dalla dolcezza e dall’ospitalità dell’isola, ricordarono i versi di Lucrezio nel secondo libro del “De rerum natura”

“Suàve , marì magnò turbàntibus àequora vèntis
è terrà magnum àlteriùs spectàre labòrem;
nòn quia vèxarì quemquàmst iucùnda volùptas ,
sèd quibùs ìpse malìs careàs quia cèrnere suàve est.”

“bello, quando sul mare si scontrano i venti
e la cupa vastità delle acque si turba,
guardare da terra il naufragio lontano.
Non ti rallegra lo spettacolo dell’altrui rovina,
ma la distanza da una simile sorte”

e fecero ritorno, dopo aver acquistato alcuni prodotti per l’igiene intima in un “Coloniali” in Piazza Olmo, uno di quei negozi che emanano profumi di pulito e vendono di tutto, ai loro Alberghi. Era il 4 novembre, venerdì e nel Nord ed il Centro d’Italia, si stava consumando la tragedia delle alluvioni. Trento, Venezia, Udine, Brescia, Padova subirono enormi danni; Firenze fu sommersa dall’Arno. Un patrimonio immenso di Arte, Cultura e Civiltà rischiò di essere perduto. Alberto ed i suoi amici si incollarono alle radioline che riportavano i notiziari del “dramma”. Compresero di essere davvero fortunati. La mattina dopo riuscirono a far ritorno. Il mare non era ancora tranquillo ma il servizio era ripreso.

Joshua Madalon

Fine

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