LANDINI e i disonesti!

LANDINI e i disonesti

Di sicuro Landini ha esagerato nell’affermare che a sostenere Renzi vi siano i disonesti. Voglio credere che abbia voluto dire che, oltre ad una base di persone oneste, molti fra i disonesti, che non mancano mai, abbiano intuito che avrebbero trovato terreno per loro utile in un Governo che non si sta impegnando come di dovere per il cambiamento a favore di coloro che nel corso degli ultimi decenni hanno sopportato il carico fiscale maggiore. Potrei fare innumerevoli esempi anche raccogliendo dati “personali” per evidenziare come nulla si sia fatto per diminuire la pressione fiscale; in verità, a chiacchiere, si dice ma nei fatti non si fa. Non è quindi di certo Landini a dover essere attaccato; la maggioranza delle persone oneste avverte questo “gap” che si amplifica fra coloro che godono dell’attenzione o della “disattenzione voluta e colpevole” del Governo e quanti continuano a sobbarcarsi l’onere della contribuzione ad un sistema fiscale che non avvertono più come “amico”, al di là degli “spot” che piacciono molto a chi gestisce il Potere. Chi opera nei luoghi pubblici (strade, circoli, associazioni) riesce ad ascoltare le frustrazioni e le disillusioni: il livello di gradimento del sedicente “Partito della Nazione” va scemando ed i risultati elettorali sono magri in linea numerica ma pingui in percentuale, grazie ad un astensionismo anche da parte di chi fino ad ieri votava per la Sinistra. Ci si astiene fino ad un certo punto: quando si deciderà, quel “popolo”, a partecipare torneranno in equilibrio i conti!
G.M.

VIAGGIATORI – I GIORNI 1972 – parte 15

 

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I GIORNI – parte 15

 

Come doveva essere, prima? Ci sedemmo a terra approfittando dell’ombra delle siepi di rovi. Fummo assaliti da mosche e formiche. Il pensiero, spinto dall’ambiente, volò all’uomo primitivo, privo di comodità e in preda a tutti i fenomeni naturali. Passò qualche auto, qualche furgoncino. Non si fermarono. La strada non doveva essere ormai molto lunga per le Forna, pensando. Invece… Passò un pullman. Facemmo segno. Non si fermò.

 

Sui rami dei rovi crescevano le more. Dietro i rovi, nascosti, antichi testimoni. Cisterne scoperchiate ripiene di acque stagnanti. Tuffarsi di rane concatenato. Migliaia di zanzare. Senso schifoso di ripulsa. Più su, dove la roccia è sulla strada, si può vedere di che materiale sia fatta.

Fummo al bivio. Vedemmo una macchina quasi nuova fiammante fuori strada lasciata in bilico. Scegliemmo la strada detta “Panoramica”. Non sapevamo nemmeno dove portasse.

“Se è panoramica” ragionando “deve essere bella” Andiamo.

La sommità era bruciata dal sole, piatta di rocce granitiche. Il cielo e l’orizzonte verso occidente offuscato dalle radiazioni del sole. La macchia molto limitata ed in parte carbonizzata da incendi recenti. Più giù, ora che si scendeva, c’era una villa. Abitata. In fondo, oltre il mare, l’isola di Palmarola. Sul declivio ora leggero, ora quasi a picco la vegetazione spontanea era più ricca e qua e là la mano dell’uomo si rivelava presente. Il mare increspato dai venti pomeridiani, solcato da poche barche a vela. Torrioni di roccia si elevavano. Più in là un campo fumante, rifiuti bruciati. Una carrucola abbandonata, forse aveva comunicato con la parte sottostante. Sulla costa, la roccia bianca.

Fu qui che sentimmo arrivare una macchina. Ci diedero il passaggio che avevamo richiesto. Un uomo ed una donna, coniugi.  Molta voglia di parlare,  simpatici. Non ricordo ora più nemmeno i loro lineamenti, anche perché li vidi per tutto il tragitto di spalle. Abitavano quella villetta sull’altura, l’unica.

Il panorama era davvero molto bello. Pensai di doverci ritornare, qualche altra volta. Salutammo ringraziando.

 

Le pannocchie, il loro odore, la selva di granturco, rincorrersi cadendo, cadere nel rinocorrersi. Sentirsi soli in mezzo al mondo, di una solitudine non angosciosa. Fermarsi a sentire il profumo di tutto quello che ci passa ogni giorno velocemente accanto. Amare ed essere riamato.

Ti ho guardato solo per un attimo, e già ero diverso. La retorica mi umilia. Era meglio conoscerti prima. Ci vediamo, mi saluti e tu sorridi. Se potessi capire! Tu risponderai che non c’è alcuna cosa da capire e mi annienterai. Preferisco tacere. Era meglio conoscerti prima.

Il viottolo è buio, stretto ebuio. Ci sono spine dappertutto, ai lati; in fondo, però, si trova un prato. Andrà bene per fare all’amore.

“non voglio” esitando.

Aspetti che ti trascini, forse con un po’ di dolcezza. Lo faccio con persuasione.

“Dai, che sarà bello!” e ti prendo sottobraccio.

C’è ancora una luce, nel buio, che ti fa tanta paura. Vorrei spegnerla, ma non si può ancora. Anche io l’ho dentro di me accesa.

Al ritorno, per la stessa stradicciola, piena di spine, tutto è buio. Anche la nostra luce, spenta. Non ci siamo detto niente. Continuiamo a tacere. Calpestio. Neppure i grilli. Solo il nostro calpestio. Onde leggere sulle spiagge. Una piccola lampara lontana.

Di ritorno, riposammo qualche ora. Ero nervoso, credo inspiegabilmente. La doccia mi rese più riflessivo. Lasciai il mio amico che dormiva. Andai a conoscere il nostro albergatore.

 

fine parte 15 – continua….

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