SMANTELLIAMO IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE in nome e per conto dell’Austerity – PRATO DUE ESEMPI LOCALI

PICT0018

SMANTELLIAMO IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE in nome e per conto dell’Austerity
– PRATO DUE ESEMPI LOCALI –

Capita, e sì che capita, che in una certa parte della nostra vita si abbia più bisogno di cure, analisi, medicine e via dicendo, si abbia maggior bisogno della Sanità. E di certo ne hanno ancor più bisogno coloro che non sono vissuti negli agi e nella ricchezza; coloro che hanno tribolato, arrancato nelle loro attività lavorative e si trovano nella parte discendente della loro vita, semmai rinunciando ai costosi mezzi di trasporto personali, con difficoltà progressive nella deambulazione. La società anziana e sempre più povera con la crisi crescente subirà nuovi attacchi alla qualità della sua vita con altri interventi che si assommano a quelli già in atto. Per quel che riguarda la Toscana e Prato utilizzo due esempi concreti sui quali intenderei avere anche sostegni e risposte.
Il primo riguarda ciò che è già in atto e che appare un vero e proprio attacco al Servizio Sanitario Nazionale; non so se quel che accade qui in Toscana avvenga anche altrove, ma capita che per tantissime persone, sia per la mancanza di servizi adeguati sulla diagnostica (soprattutto radiografie, TAC e Risonanza Magnetica) sia per i costi, risulti maggiormente conveniente servirsi di strutture private. In questo modo si profila il depauperamento del SSN ed il conseguente arricchimento dei “privati”.
Il secondo esempio ha caratteristiche locali. A Prato, a breve, il Distretto Sanitario Prato Ovest in via Clementi – San Paolo chiuderà i battenti. Qualcuno potrebbe dire che da pochi mesi a due passi c’è il “nuovo” Ospedale, ma già si sentirebbero opporre la certezza che quella struttura, per ampiezza (si fa per dire; è più piccolo di gran lunga rispetto al “vecchio”) e per competenze esplicate non ha alcuna possibilità di supplire alla operatività del Distretto di via Clementi. Qualcun altro potrebbe dire che gli ambienti di via Clementi sono angusti ed inadatti ad ospitare tali funzioni; bene! se i politici e gli amministratori si fossero guardati meglio intorno si sarebbero accorti che vi sono decine, forse centinaia di capannoni inutilizzati proprio in quell’area e che, dunque, prima di decidere lo smantellamento dei servizi, si attivassero sullo stesso territorio di San Paolo a trovare soluzioni utili per la collettività.
Il territorio di San Paolo e zone limitrofe è abitato densamente da una popolazione anziana e la chiusura del Servizio Sanitario di via Clementi apporterà un ulteriore arretramento della loro “qualità della vita”.
Il Circolo ARCI San Paolo di via Cilea si fa promotore di una raccolta firme a sostegno del “provvisorio” mantenimento dei servizi sanitari di via Clementi in attesa che venga reperito uno spazio più ampio e dignitoso dove espletarlo in futuro.

cena-dei-poveri

VIAGGIATORI – una serie di racconti – GIUSEPPE E MARIA parte 1

La_Gazzetta_dello_Sport_12-07-1982_Italia_campione_del_mondo_di_calcio_380x500

Giuseppe e Maria
Luglio. Fa caldo anche sul mare. Si sono concessi una settimana di vacanze in Sicilia sia per incontrare amici di lavoro incontrati nei freddi polari di Feltre (“Se vuoi soffrir le pene dell’Inferno vai a Trento d’estate ed a Feltre d’inverno” recita un proverbio confermato dalla pratica) sia per riscaldarsi e fare il pieno per un nuovo anno a ridosso delle Dolomiti. Sono originari di territori tradizionalmente caldi (i “Campi Flegrei” dove l’attributo significa proprio “ardenti”) sia per il clima che per il carattere dei suoi abitanti. Siamo a Giardini Naxos a pochissimi chilometri da Taormina (dal Monte Tauro sul cui pianoro risiede la cittadina le cui origini storiche risalgono a ben prima del VII secolo a.C.) che domina dall’alto tutta la costa nord orientale della Sicilia. Maria ha convinto Giuseppe, che si è lasciato condurre; è così che succede nella loro vita da quando si sono conosciuti. E’ il luglio 1982 ed in Spagna si svolgono i Mondiali di calcio. L’Italia nella prima fase a gruppi a giugno non ha fatto una bella figura (tre pareggi stentati con la Polonia, il Perù ed il Camerun). C’è grande dibattito sulle qualità tecniche ed agonistiche della squadra. Poi nella seconda fase, silenzio stampa, grande concentrazione e grande carisma di Bearzot e si riesce a battere la Polonia e, quel che più conta il Brasile, accedendo alla semifinale. Giuseppe e Maria sono già a Giardini in quei giorni della seconda fase e seguono tutte le partite sin alla parte finale con la storica vittoria (ricordiamo la telecronaca di Enrico Ameri, mentre il Presidente Pertini esulterà giovanilmente) contro la Germania. In quella fase si accese la stella di Paolo Rossi. E fu che mentre erano a Giardini arrivò la notizia dell’accettazione della domanda di trasferimento di Maria da Feltre a Firenze. Avevano insieme deciso di trasferirsi ed erano stati incerti se scegliere Rimini o Firenze; la passione per il mare li avrebbe sospinti verso l’Adriatico ma prevalse la passione e la curiosità culturale. Era in ogni caso una sorpresa; non era mai accaduto, o raramente lo era, che si accettasse una domanda di trasferimento per una provincia così prestigiosa alla prima richiesta. I due avevano messo in conto, quell’estate, di andare anche in Jugoslavia tra Slovenia e Croazia, alto Adriatico, altro mare un po’ più freddo ma ricco di luoghi storici e naturalistici da visitare. Dovettero però cambiare programma. Bisognava andare a Prato per conoscerla e trovare una sistemazione per i primi giorni di settembre. Giuseppe sarebbe rimasto a Feltre in attesa di una assegnazione “provvisoria” che avrebbe provveduto immediatamente ad inoltrare. Ritornarono a Pozzuoli e si prepararono nuovamente a partire per Prato. Non l’avevano mai visitata; d’altronde Firenze con la sua storia ed il suo fascino aveva oscurato quella e quello della città laniera. Di Prato conoscevano solo parte minima del suo paesaggio quando nei viaggi si spostavano dal Sud verso il Nord e dal Nord verso il Sud, ma il più delle volte ci si passava che era buio e si era sistemati in cuccetta. Ciminiere e campanili dominavano, più le une che gli altri, a dire il vero.

Pertini e Bearzot

563537_329377607150335_456347080_n

VINICIO SPARAFUOCO DETTO TOCCACIELO torna a casa – incontri con Vincenzo Gambardella

Vincenzo Gambardella

logo_ad est

“VINICIO SPARAFUOCO detto TOCCACIELO” DI Vincenzo Gambardella – Edizioni “Ad Est dell’Equatore”

Avrò altre occasioni (e mi impegnerò in questa direzione) per incontrare Vincenzo Gambardella, l’autore di uno dei libri più sorprendenti e straordinari che mi siano capitati di leggere in questi ultimi mesi.
Al “Festival della Letteratura nei Campi Flegrei” lo attendevamo ma non è riuscito ad essere presente.
Scrivendone, mi dispiacerebbe anche lontanamente dare la sensazione di stare a costruire un commento “positivo” ad hoc.
Non è così!
“Vinicio Sparafuoco detto Toccacielo” è un autentico capolavoro di letteratura “popolare”, intendendo con questo ultimo attributo, riconoscerne l’alto valore culturale che riesce a rappresentare; una Cultura che parte dal mondo contadino di un Sud nel quale alla diffusa povertà si contrappone la incommensurabile ricchezza umana dei suoi abitanti. Leggendolo, mi ha riportato alla memoria pagine cinematografiche di quel Neorealismo rosa di cui sono protagonisti Renato Castellani con “Due soldi di speranza” (1952), Luigi Comencini di “Pane amore e fantasia” (1953) e Dino Risi di “Pane, amore e…” (1954) e “Poveri ma belli” (1957). Allo stesso tempo mi hanno ricordato alcune pagine del Neorealismo letterario e un fumetto “Li’l Abner” di Al Capp degli anni Trenta americani non tanto per l’ambientazione in Alabama ma per le caratteristiche linguistiche delle espressioni dei protagonisti nostrani, riportate dal “narratore”.
Gambardella si esprime sintatticamente nelle forme tipiche del linguaggio di base, ricorrendo ad una narrazione in prima persona costellata di frequenti ripetizioni, così come parlerebbero i suoi personaggi se fossero veri e vivi.
Il libro più che da leggere sarebbe per davvero da sentire, come narrato in quegli ambienti patriarcali contadini nelle serate calde nelle aie (int’’o ricietto) d’estate (o nella tradizione veneta sempre contadina e montanara dei “filò”).

tradizione-filo

Dentro il narrato in prosa si scopre una metrica che rimanda a quella altrettanto ritmica dei fuochi d’artificio (in una pagina don Blandino accenna “la metrica del fuoco…Perché ci sta una metrica, nu ritmo ‘na musica che fa uscire i fuochi a tempo, che li fa uscire a catena, non uno dietro l’altro come fossero pecore…”). C’è dunque una vera e propria musicalità che trova il suo sbocco poi nella presenza del maestro Cammarota (meridionale trapiantato in Lombardia) e nella innata propensione di Toccacielo ad inventare musiche nella sua testa.
I personaggi principali sono tutti ben delineati nelle loro funzioni narrative e nelle loro differenze; oltre al “cuore semplice e gioioso” del protagonista Vinicio si ritrovano le figure di don Blandino, “’o masto”, un prete fuochista (“nu palo, ‘na pertica, secco secco com’è, allampanato e vuoto nella camicia, fatto d’aria, tutto nervi e tendini, tutto spiritato”) che da Bacoli viene trasferito lontano in Lombardia, a Baranzate (nord di Milano) e che rappresenta una figura protettiva nei confronti della “compagnia”, in modo particolare verso il “chierichetto” (“lo chiamavano Magnesio. Magnesio qua, Magnesio là, mentre il suo vero nome era Costanzo, perciò lo soprannominavano Costanzo-Magnesio, oppure Magnesio-Costanzo, ovverosia ‘o chierichetto, ‘o fraticello.”).
Vinicio Pierro invece non ha bisogno di protezione; ha una sua forza d’animo interiore che non lo fa mai deprimere, anche se tante delle sue vicissitudini fermerebbero molti altri. Nel corso delle vicende nell’occasione dei campionati annuali di fuochi d’artificio a Mugnano il piccolo gruppo (Vinicio, don Blandino e Magnesio) incontra “nu lombardo di Trescore”, Michele Strogofio, che creerà un percorso di avvicinamento verso la nebbiosa Lombardia. Qui dopo un’iniziale adattamento rapidamente Vinicio, raggiunto i suoi amici, scopre che il mondo nordico non è (al di là della nebbia e del freddo) molto diverso da quello merdionale quanto ad “umanità”. Dopo alcuni episodi che non posso raccontare (non solo per lo spazio ma soprattutto per il rispetto che porto ai “lettori”) i nostri “andarono a sparare sempre più a nord” (Svizzera, Austria, Germania e sempre più su). Nel finale vi è poi il ritorno in Campania nei festeggiamenti di Santa Trofimena, a Minori (Costiera amalfitana) dove il gruppo si amplia con nuovi insperati innesti (o ritorni?).
Non sono in grado di andare oltre; l’ho appena riletto, cogliendone altri nuovi aspetti che non aveva considerato. La lettura è scorrevolissima e gradevolissima.
Vincenzo Gambardella ha scritto anche altri libri, prima di questo e non appena li avrò letti ne pubblicherò un commento.

Per ora è confermato l’incontro all’Istituto Italiano di Studi Filosofici di Napoli (vedi sotto).

presentazione del libro Vinicio Sparafuoco detto Toccacielo di Vincenzo Gambardella.
Con l’autore interverranno: Antonella del Giudice, Carlo Pellegrino.

Venerdì 14 novembre ore 17, Istituto Italiano di Studi Filosofici, Via Monte di Dio 14 – Palazzo Serra di Cassano – 80132 Napoli – tel.: 081.7642652.

Palazzo Serra di Cassano